Trainspotting e le ragioni per le quali scegliere la vita

SCEGLIETE LA VITA

 

I più arguti l’avranno intuito dal titolo che oggi ho intenzione di parlarvi di un cult della storia del cinema: Trainspotting; per cui, se siete moralisti, perbenisti, contrari alle droghe e presunti buoni samaritani, avete sbagliato articolo, e probabilmente non avete capito il film.

La trama è molto semplice e diretta: racconta le avventure di cinque amici scozzesi in cerca di una vita dignitosa da condurre, tendenzialmente assimilabili a quelle di chi, secondo la morale comune, ne conduce  una “normale”, ma che, a causa di alcuni “vizi” – in realtà delle vere e proprie dipendenze da eroina, forma fisica e sesso – stenta a decollare. Il racconto è ambientato principalmente in una zona suburbana di Edimburgo, in decadimento ed imbruttita da un’economia stagnante, come una casa in disfacimento che vuole salvare le apparenze con una bella mano di vernice fresca.

La banda di amici – drogati, brutti, sporchi, cattivi e ladri -, nella loro insolenza e nella loro presunzione di non essere drogati e di poter smettere quando vogliono, suscita nelle persone che incontrano pena e per lo più simpatia, anziché paura, orrore o schifo.

Tratto dall’omonimo romanzo di Irvine Welsh, la pellicola è diventata un cult ed un esempio di film che si pone proprio contro la droghe ed i vizi in generale. Dopo vent’anni è facile riempirsi la bocca di paroloni definendo questo film un “cult”, non tanto perché è sbagliato – lo è davvero. Ma perché se ne parla ancora? Perché suscita ancora tanto interesse? Perché dopo vent’anni ha creato ancora tanta agitazione l’uscita di un sequel?

Per provare a rispondere a queste domande bisogna indagare più a fondo nella storia dei cinque ragazzi di Edimburgo e provare anche a guardarla dall’esterno.

Trainspotting è un cult perché prova a non dare un giudizio morale, nessun tentativo di occultare lo squallore, nessuna censura, è soltanto la fotografia della disperata ricerca della normalità da parte di un drogato, una foto rovinata, sfocata e intrisa della triste ironia della vita in cui “devi sciropparti una serie di stronzi che ti dicono: neanche morto mi avvelenerei il corpo con quella merda. Tutte quelle schifezze chimiche, neanche morto cazzo. Sprechi la vita bello avvelenandoti il corpo con quella merda. Tutte le occasioni che avevi figliolo le hai buttate via. Per riempirti le vene con quello schifo”.

“Loro” vogliono farti credere che solo gli sciocchi siano tossicodipendenti, ma non è assolutamente così! C’è un aspetto delle droghe che ti fa sentire al massimo, ecco perché ci sarà sempre qualcuno che continuerà a farsi”.

Alchimia di scelte registiche, tuffi nel water più sporco della Scozia per recuperare delle supposte di oppio, morti che addolorano, tradimenti, tentativi di ritrovare la sanità, frustrazione per averla trovata e non saper più gestirla, relazioni sociali, relazioni che finiscono, relazioni illegali, metodi creativi per drogarsi, metodi creativi per smettere di drogarsi, musiche da brividi, scenografie ributtanti e allo stesso tempo insostituibili, riprese e tempi orchestrati alla perfezione, scene realizzate in maniera sublime da attori che, poi, sono diventati colossi del cinema e che, con le loro interpretazioni, hanno dato ispirazione fuori e dentro lo schermo: Trainspotting è tutto questo.

Ma ciò che viene mostrato sullo schermo non è solo un film, è una triste rappresentazione della debolezza umana, ci fa capire che ognuno di noi, a suo modo, è un drogato. Di eroina, di caffè, di potere, di qualsiasi cosa. Questo film non dice solo che la droga – legale o illegale che sia – è il male, ma attesta la profonda, strutturale e identitaria debolezza umana. L’iconico monologo, nel finale, spiega, forse, l’intera pellicola: “scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita: ho scelto qualcos’altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha l’eroina?”.

E la scelta più semplice è stata fatta. Ma non è la scelta giusta.

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di Giuseppe Caturano

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