Pillole di ignoranza: I Nonni dei Metallica
Pillole di ignoranza
I nonni dei Metallica
Dibattito parzialmente amichevole circa l’ostinazione ed ostentazione che caratterizzano gli ultimi anni di una delle più grandi band della storia
Una breve premessa è doverosa: quando nacqui io, i Metallica avevano già sfornato Ride The Lightning, il loro secondo disco. Mi sembra ovvio che, in virtù di questo, abbia la piena coscienza di cosa dico.
A parte i cosiddetti ‘2000’, ovvero quei poveretti nati all’inizio del nuovo millennio, chi non riconoscerebbe a prima vista il baffo tamarro del buon James Hetfield? La chitarra modello Gibson Explorer, bianca, con tutti i proclami pro-alcol appiccicati sopra? I testi sempre gioiosi e allegri sulla dipendenza da droga, il tema sobrio della morte o dell’infermità mentale? Bene! Nostalgici amanti del thrash metal, dimenticate tutto ciò.
Il mustacchio del frontman è sparito da lustri e la sua voce, acerba ma graffiante, si è magicamente trasformata in un dolce miagolio. Che tenero. Anche Lars Ulrich, batterista, ha definitivamente abbandonato la fascia di spugna anni ‘80 e con lei un nutrito gruppo di bulbi capillari della fronte. Purtroppo, con l’ andamento inversamente proporzionale di età e grinta, è riuscito a suonare addirittura peggio di quanto non facesse in gioventù. L’anti-metronomo.
Gli anni sono trascorsi inesorabilmente anche per il chitarrista Kirk Hammett, rimasto praticamente uguale a se stesso, tranne che per il colore cacio e pepe dei capelli. Continua a rompere l’anima con l’abuso di ‘wah wah’. L’album del 2003, ‘St Anger’, essendo privo di assoli di chitarra, aveva dato segnali contrastanti sull’argomento e l’artrite reumatoide ha fatto il resto, devastando una figura tutto sommato carina, da far conoscere alla famiglia. Per la serie ‘si impegna ma non ce la fa’.
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Capitolo di lode, senza infamia, è quello dei bassisti del gruppo. Il più rappresentativo e con più estro, Cliff Burton, morì, ahinoi, nell’autunno dell’‘86 in un incidente stradale che coinvolse tutta la band. Indimenticato. Prese il suo posto Jason Newsted che con i Metallica ha praticamente vissuto tutta l’epoca d’oro, quella dei milioni di dischi venduti, dei tour planetari da duecento tappe all’anno con minimo centomila spettatori per concerto. I soldi assai.
Infine, dopo innumerevoli alterchi e litigi insultandosi le madri, Jason lasciò. Arrivò, nel 2003, Rob Trujillo, già ‘Suicidal Tendencies’ e ‘Ozzy Osbourne’, giusto per farsi un’idea del musicista. Per me rimane lo ‘simpansè’ (scimpanzé), come amava chiamarlo la cara nonna Maria. Osservatelo sul palco, ve ne renderete conto da soli.
Senza entrare troppo nel dettaglio, si sa che la moda cambia e tutti subiamo più o meno passivamente i tempi che mutano, evolvono. Divertiamoci assieme a ripercorrere velocemente i loro ‘outfit’ modaioli:
1983) Disco di esordio, ‘Kill ‘Em All’. Giacchette di pelle e borchie un po’ ovunque come da regola della N.W.O.B.H.M. Capelli lunghi non volutamente cotonati e puerile aria da duri.
1984) Secondo lavoro discografico, ‘Ride The Lightning’. Jeans strappati, sneakers hi-top e magliette a giro manica con stampe di altre band famose. Capelli sporchi di due settimane e fragranza di luppolo fermentato sprigionata dai pori della pelle.
1986) Una pietra miliare della storia del Metal, ‘Master Of Puppets’. I tempi sono maturi per la cricca californiana. Da qui, infatti, comincia il periodo di transizione stilistica che li caratterizzerà per quasi un decennio. Il concetto ‘ ‘‘nu Jeans e ‘na Maglietta
’ (cit. Nino D’Angelo
) persiste nella forma, ma mitiga i contenuti.
1988) Esce ‘… And Justice For All’. James Hetfield si trasforma via via nel leone de ‘Il mago di Oz’ (semi citazione estratta da una famosa puntata di Beavis & Butt-head), con un baffo a ferro di cavallo preso direttamente dai western di Sergio Leone. Confortevolissime calzamaglie aderenti, che evidenziano il pacco, sostituiscono gli ormai sorpassati denim, mentre la canottiera, con complementare ascella pezzata, ricopre il torso lasciando agli occhi il lavoro di fantasia vedo-non vedo. Ma anche al naso il sento-non sento. Dalle scarpe al collo, tutti neri.
1991) Album trasversale che li renderà famosi ovunque, ‘Metallica’, meglio noto ai più come ’Black Album’ a causa della copertina completamente nera, a parte il nome del gruppo e un piccolo serpente sfumati sul grigio scuro. Durante questo periodo avviene la sublimazione. Il principio viene mantenuto ed enfatizzato per tutti tranne Lars, che fino a qui è sempre rimasto a torso nudo.
1996, 1997 e tutto il resto) Finisce il periodo di grazia e lo stile dark degli album ‘Load’ e ‘Reload
’ (che ho fieramente ribattezzato ‘lota’ e ‘ri-lota’), quel trucco scuro sugli occhi ed Hetfield con i capelli tinti di nero, sinceramente, non l’ho digerito né capito. Era la seconda metà degli anni novanta… provo vergogna postuma io per loro. Quello che ne è venuto fuori dopo, fino ai giorni nostri, è un groviglio incomprensibile di ‘cose-non cose’.
I nonni dei Metallica
Tra Capelli corti, disintossicazioni-telenovelas, famiglie scontente a carico, endorsement forzati, figli avuti da più relazioni, alcolismo, lancio del brand ‘Metallica’ come prodotto di consumo di massa, tatuaggi a go-go e dischi buoni più come sotto bicchieri che per altro, gli ultimi venti anni hanno segnato una staffetta tra i veri Metallica e i loro nonni. Un collettivo di vecchietti ricchi e strafottenti che si atteggiano a gioventù rock and roll ma pur sempre ‘nonni’.
Di questi tempi, per ogni album prodotto (mediamente a 6 anni e qualcosa l’uno dall’altro), oltre alla comprensibile delusione dei milioni e milioni di fan circa la fattura non più pregiata dei pezzi composti, nascono e crescono infiniti tour mondiali dai costi di accesso spesso proibitivi (contando anche ipotetiche trasferte, tutto questo contribuisce a distruggere il mito). Un mito costruito con passione e innovazione, forza e ritmo, messaggi crudi e melodie coinvolgenti… fanno bene forse gli altri gruppi storici a limitare le comparse e riproporre solo i brani più rappresentativi? Per i nonni dei metallica, evidentemente, non è così.
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Mario Aiello
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Mario Aiello
Sono nato a Napoli il 31 Ottobre 1984, un giorno nefasto per me e per il mondo intero: moriva il grande Eduardo. Musica è l'aria che respiro. Amo suonare, girovagare in moto e leggere roba da mentecatti. Odio con disinteresse il 99% dei pensieri che una persona normale riesce a partorire. Desidero l'empatia e il conflitto mi lascia perplesso. Sono un pagliaccio asociale depresso.