1978: Aldo Moro e Peppino Impastato
Era la notte buia dello Stato Italiano, quella del nove Maggio settantotto
La notte di via Caetani, del corpo di Aldo Moro, l’alba dei funerali di uno stato
In un articolo apparso ieri su Il Fatto Quotidiano vengono riportati i dati di un’indagine condotta su oltre 11mila studenti delle scuole medie (primarie e secondarie) italiane. I risultati evidenziano come meno della metà di essi sa che il 9 maggio 1978, in via Caetani a Roma, fu ritrovato il corpo senza vita dell’allora presidente della DC, Aldo Moro. Ancora di meno sono quelli che conoscono il nome di Peppino Impastato, giornalista e attivista siciliano, ammazzato a Cinisi per mano della Mafia.
Fatti accaduti in giorni non tanto lontani dai nostri di cui non si conserva buona memoria. Una memoria storica che si coltiva sempre più a fatica e che trova sempre meno addetti interessati a tramandarla. Un male dei nostri tempi, accentuato da ritmi veloci e incalzanti che hanno come fine ultimo il progredimento tecnologico ed economico della società, ma forse un po’ meno quella collettività.
Un male antico e di difficile soluzione.
2018: Liberarto, Di Maio, Salvini e Berlusconi
9 Maggio 2018. A distanza di quarant’anni esatti dalla morte di Aldo Moro e Peppino Impastato, dal Quirinale arriva un tweet che può segnare una svolta alla telenovela sul Governo che tiene gli italiani appesi ad un filo di incertezze, ininterrottamente, da due mesi.
L’Ufficio stampa del #Quirinale informa: Il MoVimento 5 Stelle e la Lega hanno informato la Presidenza della Repubblica che è in corso un confronto per pervenire ad un possibile accordo di governo e che per sviluppare questo confronto hanno bisogno di 24 ore.
— Quirinale (@Quirinale) 9 maggio 2018
Lega e Movimento 5 Stelle potrebbero trovare un accordo sul Governo, con il Cavaliere che si defila. Le forze Nuove della politica italiana che si alleano ai leghisti, celoduristi e antimeridionalisti di un tempo – sempre non troppo lontano dal nostro – con una vittima di mafia che decide di farsi da parte per il bene del Paese. Sembra un film di Sorrentino ed invece. Ancora loro…ma non dovevano vedersi più? E il PD cosa farà?
Non sta a noi approfondire l’argomento.
Ma cosa c’entrano dunque Di Maio, Moro, Salvini e Impastato con Liberato? Probabilmente niente. O forse è proprio il fulcro della discussione. Non ho ancora deciso come impostare le conclusioni – potrei lasciare un finale aperto per la gioia di tutti.
Al di là della dilagante e spaventosa ignoranza su fatti, persone ed eventi che in un modo o nell’altro hanno condizionato e segnato la vita del nostro Paese, è opportuno non divagare oltre e soffermarci su uno dei temi caldi della scorsa giornata.
Il fenomeno Liberato
La critica più feroce e selvaggia che viene mossa a Liberato è che, alla fine della giostra, si tratta di un’operazione di marketing, ma il progetto musicalmente non è poi così valido.
Lungi da me prendere le difese di un progetto che non conosco e per cui forse non simpatizzo nemmeno più di tanto. Due cose però a me sono ben chiare dal principio: 1) È diventato un fenomeno sociale di massa, al di là dei contenuti . 2) A qualcuno potrebbe insegnare qualcosa. Sono queste cose che catalizzano la mia attenzione sugli sviluppi.
Progetti analoghi – che fanno leva sull’anonimato per accrescerne l’interesse – possiamo ritrovarli nelle pagine di libri o negli annali musicali. Ma noi a la storia non piace, e quindi analizziamo il fenomeno come se fosse stato inventato ieri.
Il concerto sul lungomare Liberato di Napoli
Ieri, con mio sommo dispiacere, non sono riuscito ad arrivare in tempo utile per tastare il polso reale della situazione. Ciononostante, ho cercato di documentarmi al meglio sull’evento, leggendo articoli, visionando foto e video sparsi sulla rete e su vari social. Un dato è inequivocabile: il concerto di Liberato a Napoli è stato un successo.
Di pubblico sicuramente. I numeri parlano di circa ventimila persone accorse da ogni luogo per assistere ad un mini live di uno sconosciuto. Se non è successo questo, ditemi voi di cosa vogliamo discorrere.
Liberato artista vero o fenomeno da baraccone?
Musicalmente c’è una rivoluzione in atto, apertasi con l’avvento della rete, che ha mandato in crisi un po’ di gente, affezionati alla sana e buona musica che erano soliti ascoltare.
“Questi giovani d’oggi non capiscono un cazzo di Musica”. È la frase che un giorno o l’altro potremmo trovare anche in Chiesa. Persino lì sono abituati ad ascoltare canti migliori. Strano che a qualcuno non sia balenata ancora la brillante idea di scatarrargli su.
Non mi piace Liberato, e tant’è. Per non mi piace intendo che non spenderei mai un centesimo di euro per ascoltarlo o per sostenere il progetto. Non è il mio genere. Però due pezzi li ha azzeccati. I primi due singoli: li trovo ben fatti, orecchiabili e in grado di arrivare al grande pubblico. Non sono necessarie dimostrazioni.
È prematuro, tuttavia, a mio modesto avviso, esprimere giudizi di valore su un progetto in definizione o non del tutto definito. Liberato potrebbe avere potenzialità nascoste, un asso nella manica che non si è giocato ancora.
Oppure è tutta fuffa, come dicono in tanti, collegando la critica all’assenza di un album (EP o LP) che lo inquadri. Sul punto però, sono fortemente in disaccordo. Intanto perché, nel 2018, parlare di album per esprimere un giudizio su ciò che si è già ascoltato mi sembra fuori luogo. Aveva senso nel 1978 aspettare l’uscita di un lavoro completo, sicuramente. Nell’era della diffusione digitale, la scelta di pubblicare o meno un disco è del tutto personale. Dipende dalle intenzioni e dalle strategie. Si fa musica anche così, a prescindere dai gusti. In ogni caso, si parla di 6 pezzi, non di un singolo lancio.
Ieri sera a Napoli Liberato non avrà vinto la guerra, ma ha portato a casa un’altra battaglia.
Pur non convincendo tutti, ha accresciuto notevolmente la sua popolarità (la notizia oggi è ovunque). Secondo una stima del tutto personale le quotazioni della sua fan page sono schizzate un bel po’ – provate a chiedere al suo social media manager l’incremento di questa settimana.
Prenderne atto è un dovere, se si intende seguirne gli sviluppi e le evoluzioni. Altrimenti conviene focalizzare le proprie attenzioni su altri obiettivi. Le discussioni sulla valenza artistica o meno di Liberato non fanno altro che contribuire ad alimentare il suo successo. Vi ricordate quella stronzata del purché se ne parli?
Segnatevela
Salvatore D’Ambrosio