Lucia Manca: un secondo album “Maledetto e Benedetto”

Lucia Manca presenta il suo secondo lavoro “Maledetto e Benedetto”. Un Disco dalle sonorità rétro, o vintage, che si commenta già dal titolo. Scopriamo assieme il perché.

Espletiamo fugacemente le formalità di rito. Maledetto e Benedetto è il nuovo LP dell’artista salentina Lucia Manca. Disponibile dal 4 Maggio per Malinka Sound/peermusic, segue il precedente lavoro a distanza di ben sette anni. Otto tracce dalle sonorità “rétro”, o meglio, “vintage”, dal chiaro richiamo alle composizioni di qualche decade addietro. Un percorso trasversale tra gli anni sessanta fino (quasi) ai giorni nostri, con qualche sprazzo di “anni ottanta” che non guasta mai.

Da qui in poi, mio malgrado, un’ombra di incertezza e parziale incomprensione, accompagnerà incessantemente la consueta analisi (personale) dei brani. Siate benevoli.

 IL DISCO, TRACCIA DOPO TRACCIA.

Numero uno, Bar Stazione. Secondo singolo estratto a scopo promozionale che, leggo, ha visto la luce sulle pagine di TV sorrisi e canzoni con un video dedicato. Musicalmente l’elemento predominante è il synth che incornicia, nel senso che apre e chiude, la canzone. La voce di Lucia Manca è accompagnata da costanti vibrato di tastiere. Un binario parallelo impresso con decisione in tutta la produzione. Come dicevo, un richiamo deciso a certe sonorità d’annata, distinte e subitamente percettibili. Anche il timbro vocale dell’artista si presta benissimo al modello. La figura immaginifica di un bar di stazione, in genere sporco, promiscuamente affollato e intriso di nebbiosa tristezza, viene sostituita da una sorta di polo magnetico al quale sensazioni e ricordi restano legati senza vincoli visibili. Pensieri che partono. Emozioni che tornano.

Segue Eroi, estratto numero tre, che riprende l’ambient sonoro del predecessore e così sarà per quasi tutto l’album, salvo alcune eccezioni. Il testo e il suo significato, dalle molteplici interpretazioni, tuttavia, ha un peso specifico di estrema rilevanza. La possibilità di un amore aperto, non specificatamente idealizzato ad una forma fisica o platonica, offre spunti non comuni sui quali cominciare a far girare le rotelline del proprio cervello. Aggiungo: “per fortuna”. Data anche l’epoca che viviamo. Rispondono “presente” all’appello alcune insistenti ripetizioni che, via via, fanno distogliere attenzione sia dalla musica che dalle parole. Non un caso isolato, ahimè.

Basta Chiedere mitiga lievemente la forma. Il synth resta monarca incontrastato e qui assurge a ruolo di vero e proprio comprimario, sottraendo “importanza” alla voce di Lucia Manca che firma una vera e propria canzone di concetto. Le soluzioni melodiche adottate, però, potrebbero risultare fruibili ad appannaggio esclusivo di pochi. Dipende da come ci si approccia al pezzo.

Un attimo sospeso, ripetuto in loop dal suono di una radio, che scandisce un tempo imprecisato. Questa è Noi. Una canzone “fluttuante”, arricchita da interventi di archi che ne innalzano le proprietà comunicative.

Lucia Manca

Lucia Manca

Per il giro di boa di Maledetto e Benedetto, troviamo il primo singolo estratto, ovvero, Maledetto. Finalmente un guizzo che si diversifica da quanto ascoltato finora. Comprendo e condivido la scelta di promuovere l’LP con questo estratto. Il ritmo leggermente più sostenuto dona carattere e l’interpretazione conferisce quel quid di energia che, forse, era mancata nei precedenti brani. L’atmosfera generale ne giova e le tracce di fattori presi direttamente dagli anni ottanta fanno il resto.

Più Giù è la trasposizione, in note e fonemi, di un amore distruttivo. Caratterizzata principalmente da accenti sincopati, la composizione manifesta, a mio parere, un più alto grado di immedesimazione. Lucia Manca si produce qui in un’esposizione maggiormente sentita.

Sul fondo della classifica cronologica, ma forse al top della virtuale hit parade dell’album, troviamo due pezzi che meriterebbero una menzione speciale.

Alla numero sette c’è Al Posto Tuo. Ideata e costruita tenendo sempre davanti agli occhi il concetto di “canzone”, o almeno il significante largamente inteso. Gli intramezzi strumentali trovano un senso compiuto, non più elementi quasi invasivi, bensì costruttivi. Nonostante l’impronta strutturale dei brani sia pressoché identica per tutta la durata di Maledetto e Benedetto, la spinta a “venir fuori” dagli schemi si premia da sola corrispondendo un ascolto “di qualità”.

Chiude Settembre. Riporto fedelmente le mie annotazioni, prese in pieno flusso di coscienza mentre la sentivo per la prima volta: “Arpa. Ingredienti peculiari, seppur a tema. Evocativa. La migliore del disco. Non a caso il brano con la minor presenza (predominante) del synth. La inserirei volentieri in una playlist personale”. Non penso servano altri commenti, magari uno circa il finale ma, nel contesto non inficia l’esperienza. Bella.

“Maledetto e Benedetto”, ti commenti da solo togliendoci il gusto della critica.

Il titolo della seconda opera di Lucia Manca è già di per sé un forte indicatore circa il suo contenuto. Da una parte qualcuno maledirà le ripetizioni, spesso assillanti, di parole e musica in determinate fasi delle canzoni (strutturate in modo troppo omogeneo tra loro). Altri sottoscriveranno petizioni per abolire il synth da qualsiasi scenario musicale, a mio parere la vera zavorra di questo disco. Alcuni invece benediranno, con tutto il cuore, lo sforzo riuscito di una produzione musicale di concetto, dalle forti connotazioni caratteriali. Un album di stampo “vintage” ma mai “vecchio”. Dalle sfumature “rétro”, ma non “superate”. Personalmente, e questo è il bello delle interpretazioni, avrei preferito meno “suoni” e più “suonate”, ridimensionando qualche elemento mettendone in luce di altri. Migliore al secondo ascolto, ancor di più al terzo/quarto.

Mario Aiello

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