Con questo disco, grazie ai Fabrica, possiamo visitare due luoghi: il Bar Sayonara in mattoni e cemento, oppure quello fatto di musica, idee ed emozioni.
Bar Sayonara è il secondo lavoro dei Fabrica. Dopo poco meno di un lustro dalla vittoria del Campania Sonic Lab nel 2013, che permise loro di produrre il primo LP “Come Vento In Faccia”, i quattro ragazzi di Santa Maria Capua Vetere (Provincia di Caserta) tornano in studio.
Pubblicata l’11 Maggio scorso per Octopus Records, l’opera è composta da dodici tracce di stampo indie-rock dal sapore malinconico. Mi sia concessa la sinestesia parabolica. Lo stile non è di facile decodifica e gli stessi Fabrica, sulla loro pagina facebook, alla voce “genere musicale” rispondo con un generico, quanto stiloso, “Canzoni”. Non credo sia possibile identificare un’etichetta migliore, anche perché sono completamente d’accordo.
Fabrica | Bar Sayonara – Traccia per Traccia.
Il ticchettio di un orologio è il suono distinto che dà il là all’ascolto. Panorama prende vita sul tempo che scorre inesorabilmente, affacciata su uno scenario statico al quale non si riesce nemmeno ad accedere. La canzone cresce tra chitarra acustica, basso, arpeggi clean e doppie voci, in un climax “dolce e armonioso”.
Apnea è invece leggermente più vivace, e le due chitarre, che scandiscono gli accenti alternandosi, conferiscono movimento alla strofa. Morbido il ritornello. Un brano che descrive il momento in cui, pur potendo respirare a pieni polmoni, si trattiene ancora il respiro mentre si “emerge”, in modo figurato, da chissà cosa.
Il primo singolo estratto dei Fabrica si trova in stretta correlazione col titolo dell’album. Sayonara, di cui è stato prodotto un video, vuol dire “addio”. Dal testo, infatti, si evince il saluto forzato e triste, ma consapevole, nei confronti dei meccanismi “esterni” che impongono un certo immobilismo. Una costrizione inflitta che non può essere altrimenti compresa se non attraverso i muri contro i quali si va a sbattere. Musicalmente è molto interessante la scomposizione ritmica della frase di piano, un arpeggio sostenuto ma “grigio”. In controtendenza rispetto all’impronta del pezzo è il bridge, l’intermezzo: una composizione che, da sola, non ha alcun senso ma che paradossalmente ne assume uno ben fondato, se contestualizzata all’interno del brano stesso.
Dopo Sayonara, comincia “la trilogia del Bar”. L’ho definita così perché da qui e per le prossime tre canzoni ci sarà sempre almeno un riferimento al luogo di ristoro preferito dai Fabrica.
Bon Voyage introduce il secondo filone tematico di questo LP, ovvero gli amorevoli problemi di cuore che salgono verso il cervello, generando una devastazione psichica e cognitiva in chi li vive. Questo, con una vagonata di pragmatismo epicureo a fare da ariete per sfondare porte spalancate. Nello specifico, l’indecisione che domina chi non sa se è meglio rimanere o fuggire. Senza avere la certezza personale del “voler” restare o meno, che è la vera cosa triste perché “resistere” non è “restare”.
Segue Oceano, cassa in quattro e cori. L’oceano, un enorme massa che non conosce tregua. Vincolato da continui movimenti , cambiamenti, eppure, da lontano, pare immobile. Questa canzone è l’allegoria di uno stato d’animo vivo ma sedato, che ostenta un’indipendenza che non possiede fino in fondo. Sul finale il tema musicale vira parzialmente verso il bossa nova, accompagnato da slide di chitarra.
Per commentare Cara Provincia basterebbe inserire nel titolo due parole prese direttamente dal testo del brano: “odiosa cara mia provincia” è la sintesi perfetta che descrive suoni ed animo derivati dal pezzo.
Il giro di boa di Bar Sayonara dei Fabrica non induce a pensare ci siano grossi cambiamenti nella forma. E così che il dualismo della faccenda di chi ha i denti e non il pane e viceversa – su questi ultimi si accompagna persino una lieve punta di disprezzo – si sublima in Illogica.
La chitarra leggermente distorta e i cori ben fatti, seppur non articolati, sono le caratteristiche che aprono La Pioggia Prima Che Cada. Racconto di sensazioni provate e vissute un attimo prima che qualcosa accada. La possibilità di un imminente cambiamento, la volontà di non dover rinunciare nemmeno ad una parte di ciò che si è stati fino a quel momento.
Per Come Dici Tu ritengo che la band abbia “abusato” della licenza poetica per un concetto breve, fugacemente illustrato e, volendo, poco chiaro. Per quelli che non hanno il dono della sintesi tipico dei cittadini campani, “è come dici tu” rappresenta la classica e inamovibile risposta che si dà a qualcuno con posizioni contrastanti alle nostre e non si vuol proseguire il confronto dialettico. Ho preferito la musica al messaggio intrinseco.
Con Buonvento ritornano le atmosfere trovate sulle prime fasi dell’album e il cambio di voce, anche se fugace, è stato molto gradevole. Brano delicato e senza sessione ritmica fino alla buona metà, dove ritorna con elementi percussivi più blandi. L’indimenticato Pino Daniele l’avrebbe riassunta con un laconico “tanto l’aria s’adda cagnà”.
Su Amaranto e le disavventure mentali a tema lui/lei, ho dovuto prendermi una pausa morale. Per certe argomentazioni bisogna essere predisposti ed oggi per me, cari Fabrica, è uno di quei giorni no.
Chiude il cerchio A Luci Spente. Una piccola circonferenza concettuale che scorre per tutta la durata di Bar Sayonara giunge a compimento. Con la luce del giorno e la vitalità del quotidiano molte incertezze personali sembrano non far rumore. Inversamente, col buio e il silenzio della sera, ogni percezione viene amplificata. L’idioma sonoro ricorda alcuni componimenti del maestro Ennio Morricone, come idea, ovviamente.
Siamo giunti anche stavolta alla fine del percorso. Non ho delle vere e proprie conclusioni da fare dopo l’ascolto di Bar Sayonara dei Fabrica. Credo che il lavoro profuso sia di per sé un ottimo biglietto da visita. Posso aggiungere giusto qualche considerazione a latere. Innanzitutto le canzoni sono ermetiche, non tantissimo ma abbastanza, e, non essendoci ritornelli particolarmente “facili”, si tende a dar parecchio peso alle parole e magari si può fare confusione. A volte l’uso di soggetto, predicato e complemento oggetto resta la formula lessicale migliore.
La forma musicale espressa è matura ed interessante, anche se non particolarmente vivace o dotata di grandi innovazioni. Tuttavia, la voce, un po’ per scelta stilistica, un po’ per limiti oggettivi, è incline alla nenia. Un disco di dodici tracce deve smuovere qualcosa da qualche parte, anche se in piccola parte. In ultimo, il Bar Sayonara esiste davvero, andate Santa Maria Capua Vetere e magari potrete anche scambiare due chiacchiere con i Fabrica.
Salam aleikum.
Mario Aiello