Venom è sempre stato un cattivo di grande successo. Il “costume” nero (e, poco, bianco) è, forse, al secondo posto come riconoscibilità delle suit di Spider-Man. Ha avuto un’episodica vita multimediale tra film, cartoni animati e videogiochi, ma per la prima volta Ruben Fleisher (regista di Zombieland, tra le altre cose) dirige il suo primo film da “solista”.
L’aspettativa nerd per Venom era alle stelle. I fan hanno atteso anni per vedere l’iconico villian nella sua forma più “pura” e riconoscibile. L’obiettivo di Venom è stato parzialmente conquistato.
La storia delle origini del simbionte alieno è diversa dal fumetto. Non poteva essere altrimenti. Ancora in “forse” nel suo ingresso nel Marvel Cinamatic Universe, il film non poteva permettersi il complesso e articolato background fumettistico.
Venom | Il film
Nella pellicola, Eddie Brock è un cronista investigativo che si mette contro il multimiliardario sbagliato che traffica con simbionti alieni. Licenziato, lasciato dalla fidanzata, la vita di Eddie sembra andare sempre peggio. Finché non peggiora davvero: l’incontro col simbionte Venom gli darà alcuni poteri (e alcuni orrorifici oneri).
La scelta per raccontare l’avventura solitaria di Venom è, forse, quella più adatta. Ma anche quella che potrebbe scontentare i fan puristi. L’Eddie Brock interpretato da Tom Hardy è abbastanza diverso dalla controparte cartacea. Simpatico, scapestrato, moralmente ed eticamente fermo, non è il violento e rancoroso reporter desideroso di vendicarsi di Spiderman.
Chiaramente, il protagonista risulta essere più accattivante, si empatizza facilmente. L’aspetto “mostruoso” di Venom non dipende, dunque, dalla simbiosi con una persona malvagia, ma è giustificato dalla sua natura aliena. Nell’ecosistema del film (ed, eventualmente, nell’MCU) è totalmente funzionale e permette dialoghi da commedia nera tra Eddie e Venom che rendono accattivante la pellicola. Dopottutto, il rapporto ospite-simbionte è l’impalcatura sulla quale, necessariamente, si sorregge.
La caratteristica del personaggio non viene, perciò, travisata o trasformata, ma adattata ad un contesto diverso, ad un linguaggio diverso e, soprattutto, ad un intento narrativo diverso. Per i fan è vedere Flash Thompson (altro ospite fumettistico del simbionte) ed Eddie Brock fusi assieme.
La prova attoriale di Tom Hardy, però, non conquista: troppo sopra le righe, non coglie appieno la schizofrenia del personaggio, riducendola ad una figura troppo caricaturale. Ma discorso non dissimile lo si potrebbe fare con l’intero cast.
Il cattivo della pellicola (il simbionte Riot, di cui non sveleremo l’ospite) è probabilmente un po’ troppo monodimensionale. È cattivo perché è menefreghista. Tale costruzione narrativa bilancia lo statuto di antieroe di Venom che è cattivo, ma comunque proteso verso gli altri (almeno i “buoni”). Nonostante il Venom fumettistico sia un godimento per i fan, la sua resa ricorda vagamente quella dello xenomorfo di Alien.
È indubbio che la mancanza di Spider-Man si senta. Non come personaggio presente nel film, quanto come “background” di Venom: alcuni poteri e alcune iconiche capacità del simbionte vengono trasformate in capacità dell’alieno.
La regia di Fleisher è di maniera e, come per le altre sue pellicole, punta più sulla sceneggiatura che sulle scene. Questo lo si nota specialmente nelle coreografiche scene di azione: troppo caotiche e spesso poco chiare.
Ma Venom, anche con qualche pecca, conquista. Mentre i fan meno esigenti non avranno nulla di cui lamentarsi, il “cortocircuito” emozionale dei puristi viene sopperito dalla struttura narrativa del personaggio. E proprio a chi ama il personaggio, è dedicata la scena post-credits.
Per il futuro del personaggio al cinema, non ci resta che attendere e sperare che qualche ospite illustre spari le sue ragnatele.
Leonardo Cantone