35 anni di Bark at the Moon: La rinascita di Ozzy Osbourne

Il 15 Novembre 1983 veniva pubblicato, per la Epic Records, Bark At The Moon, terzo album da solista di Ozzy Osbourne. Il Principe delle Tenebre si ritrovava nuovamente ad un bivio della sua carriera che poteva farlo rinascere o trascinarlo nel baratro.

Il primo c’era stato nel 1978. Dopo un periodo di profonda depressione ed abuso di droghe dovuto al licenziamento dai Black Sabbath, Ozzy riuscì a riemergere grazie all’aiuto della futura moglie Sharon. Uscirono rispettivamente Blizzard Of Ozz (1980) e Diary Of A Madman (1981), considerati universalmente come due pietre miliari per la NWOBHM (New Wave Of British Heavy Metal). La riuscita di quegli album era dovuta in buona parte all’abilità dell’ex chitarrista dei Quiet Riot, il talentuoso Randy Rhoads, artefice di riff ed assoli divenuti leggendari  per la storia del metal.

Ozzy Osbourne

Ozzy intraprese con quest’ultimo una profonda amicizia che si riflesse in una collaborazione artistica perfettamente riuscita. Il 19 Marzo del 1982, però, sopraggiunse la tragedia: Randy Rhoads, a soli 25 anni, morì in un incidente aereo. Il contraccolpo psicologico fu talmente grande che Osbourne ha sempre affermato :

Non ho rimpianti, tranne quello di non essere stato lì quel giorno per impedire a Randy di salire su quell’aereo”.

Bark at the Moon 

E ora? Come sostituire l’unico al mondo che poteva rivaleggiare con Eddie Van Halen? La fortuna non si dimenticò di Ozzy. Fu probabilmente lei a fargli scegliere Jake E. Lee, ex chitarrista dei Rough Cutt e della band di Ronnie James Dio. Lee apportò un sound del tutto nuovo in tendenza con il nascente glam metal, ricco di melodia ma altrettanto tecnico. L’essenza del disco fu racchiusa in 8 tracce suddivise in 40 minuti. Almeno per quanto concerne l’edizione americana, che è quella di cui tratteremo.

Ozzy Osbourne

Bark At The Moon apre il sipario con un riff spaccaossa, un coro perfettamente architettato ed un doppio assolo alla velocità della luce. Le tastiere la fanno da padrone in You’re No Different, con un testo che pare essere la risposta di Osbourne ai propri detrattori : “do you want me crucified / for my profanity ?”. Now You See It (Now You Don’t) invece si basa su un roccioso riff portante ed un’ottima ritmica. Rock ‘n’ Roll Rebel ha una veste decisamente hard rock con la chitarra in primo piano; forse è il pezzo che ricorda in maggior modo i lavori con Randy Rhoads.

Le campane, un coro gregoriano e l’organo Hammond segnano la svolta della seconda metà del disco. Si tratta di Centre Of Eternity, un brano di energico e sano heavy metal vecchia scuola dove Jake E. Lee mostra appieno le sue abilità da virtuoso della 6 corde. La successiva So Tired rappresenta la ballad di Bark At The Moon. Triste, malinconica e struggente, la canzone narra di un uomo costretto a lasciare la propria donna perché lei ama un altro. Slow Down sembra riprendere lo stile del disco.  Intro e ritornello seguono lo stesso schema:  tastiere, chitarra e batteria combaciano per poi lasciar esplodere la voce di Ozzy. Il finale è dedicato a Waiting For Darkness, alle sue atmosfere cupe ed inquietanti che sono richiamate dal titolo.

Ozzy Osbourne

LA PROPRIA VENDETTA ULULATA ALLA LUNA

Bark At The Moon fu un successo commerciale a partire dalla title track. Ottenne 3 dischi di platino negli Stati Uniti e il tour di supporto fu accompagnato dalla scritta sold out in ogni tappa. Del tutto sottovalutata fu l’importanza dell’album a livello d’avanguardia musicale nel suo genere. Bark At The Moon, infatti, fu uno dei primi LP del metal degli eighties a sperimentare quei suoni sintetizzati che presero il sopravvento nella seconda metà del decennio.  

Ozzy era riuscito a risorgere dalle ceneri per l’ennesima volta, ululando alla luna la propria vendetta contro un destino beffardo. Un destino beffardo che gli aveva sottratto, più che uno straordinario musicista, un amico fraterno.

 

Francesco Forgione

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