L’8 febbraio 1976 debuttava nelle sale americane quello che oggi è uno dei cult più famosi della storia del cinema: Taxi Driver. Scritto da Paul Schrader e diretto da Martin Scorsese, con la grande interpretazione di Robert De Niro e Jodie Foster, il film fece da subito un incredibile scalpore.
La pellicola, inserita dall’American Film Institute al 52º posto tra i 100 migliori film del cinema americano, ottenne 4 candidature a Premi Oscar e 2 candidature ai Golden Globes. Vinse, inoltre, 2 David di Donatello e la Palma d’oro al 29° Festival di Cannes.
Al grande successo però non mancarono le critiche, che disapprovarono le scene esplicite di violenza e la scelta di affidare all’allora 13enne Jodie Foster il ruolo di una prostituta. Senza contare il pericoloso impatto mediatico che provocò sulla società (Nel 1981 un fan ossessionato dalla Foster sparò al Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan con l’intento di attirare l’attenzione dell’attrice, replicando l’attentato di Travis Bickle in Taxi Driver).
Ma le controversie non bastarono ad eclissare la fama dell’opera, attualmente fra le più famose e influenti di sempre, le cui scene e battute sono diventate delle vere e proprie icone e il cui titolo compare nelle liste dei film preferiti di celebri registi (uno fra tanti, Quentin Tarantino).
TRAMA
Travis Bickle ha 26 anni, vive a New York ed è un ex marine reduce dalla guerra del Vietnam. È un ragazzo disadattato e solitario, e soffre di un’insonnia cronica che lo porta ad intraprendere la professione di tassista notturno. Durante il giorno passa il suo tempo libero scrivendo un diario, guardando la televisione o recandosi in squallidi cinema a luci rosse per dedicarsi alla visione di film pornografici.
Insofferente verso l’ambiente metropolitano notturno che lo circonda, popolato per lo più da assassini, mendicanti, spacciatori e prostitute, tenta invano di conquistare Betsy, una ragazza perbene da cui è affascinato, ma lei lo rifiuta. Una notte una prostituta 13enne di nome Iris entra nel taxi per scappare dal suo protettore, Matthew, detto Sport, ma quando Travis tenta più volte di salvarla lei respinge il suo aiuto.
Sempre più solo, alienato da qualsiasi categoria sociale, Travis comincia a soffrire di disturbi psicotici e scivola progressivamente in una spirale di follia. Compra delle pistole con lo scopo di assassinare il senatore Palantine, che per lui rappresenta tutta l’ipocrisia della società statunitense e decide di farsi giustizia da solo. Convinto di poter essere ucciso dalla scorta di Palantine durante l’attentato, decide di lasciare tutti i suoi soldi ad Iris, permettendole di fuggire e rifarsi una vita. Le cose tuttavia non vanno secondo i suoi piani.
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IDEAZIONE
Quando Paul Schrader concepì la sceneggiatura di Taxi Driver aveva appena superato un momento di forte crisi nella sua vita. Dopo il fallimento del suo matrimonio, era entrato in uno stato di depressione che lo rese insonne e lo portò a trascorrere diverso tempo vagabondando in auto per le strade di Los Angeles, bevendo e passando serate nei cinema porno. Cominciò ad assumere tendenze suicide ed era ossessionato dalle armi, proprio come il protagonista del film.
Tempo dopo, rileggendo La nausea di Jean Paul Sartre e lasciandosi ispirare dalle tematiche dell’esistenzialismo europeo, decise di scrivere un lungometraggio su questa esperienza e di proporlo a diversi registi. Il suo carattere difficile scoraggiò molti di loro ma Scorsese, appassionato di antieroi e personaggi disadattati, sregolati o criminali, fu subito colpito positivamente da questa storia.
TEMATICHE
Dalla loro collaborazione ne venne fuori un’opera la cui importanza è dovuta in particolar modo allo stile con cui si sono affrontate tematiche profondissime.
Innanzitutto fu molto efficace la rappresentazione della società statunitense dopo la guerra del Vietnam, fatta di smarrimento collettivo, depravazione e incapacità a distinguere il bene dal male. In secondo luogo il ritratto egregio del vuoto esistenziale dei soldati reduci dal conflitto che, affetti dal disturbo da stress post-traumatico (caratterizzato da disordini mentali e fisici), spesso non riuscivano a reintegrarsi nella comunità. Poi, se vogliamo, possiamo intravedere una critica al modo distorto in cui i media rappresentano la realtà (come l’aver trasformato un pazzo omicida in un eroe, solo perché la sua furia si è scatenata sulle persone giuste), o alla libera circolazione delle armi in America.
Al centro di tutto, però, attraverso il lento percorso dal ritmo ipnotico che conduce il protagonista alla follia, ci accorgiamo degli effetti collaterali della solitudine e dell’alienazione, che rendono questo film, a distanza di anni, ancora tremendamente attuale.
PRODUZIONE
Inizialmente Scorsese scelse Al Pacino per interpretare Travis Bickle, ma l’attore rifiutò e la parte andò a Robert De Niro, che all’epoca era già molto famoso: aveva da poco vinto l’Oscar come migliore attore non protagonista in Il Padrino – Parte II.
Il regista utilizzò tecniche innovative di ripresa: in alcune scene la telecamera accompagna il protagonista ma poi lo perde per concentrarsi su altri dettagli dell’ambientazione, e alla fine lo ritrova al termine della sequenza. Questo metodo fu introdotto 27 anni prima da Orson Welles in Quarto Potere.
La pellicola ebbe diverse difficoltà di realizzazione, dovute soprattutto alla giovane età di Jodie Foster, che allora aveva solo 13 anni. Le autorità sullo sfruttamento minorile americano decisero che la piccola avrebbe dovuto seguire un percorso psicologico guidata da esperti, per evitare di rimanere traumatizzata a causa della brutalità delle riprese. Inoltre, costrinsero il regista ad utilizzare una sosia per le scene più esplicite, così la madre di Jodie propose Connie Foster, la sorella 19enne dell’attrice.
Per la violenza mostrata, soprattutto nella sparatoria finale, a Scorsese fu imposto un metodo per evitare ogni rischio di censura: desaturare i colori della pellicola per rendere il rosso del sangue meno vivido e appariscente. La trovata funzionò in pieno e non compromise per niente l’intensità della scena, tutt’oggi ancora molto ricca di potenza visiva.
La colonna sonora è l’ultima composizione del celebre Bernard Herrmann, noto per le precedenti collaborazioni con Alfred Hitchcock e Orson Welles (in particolare per Psyco e Quarto Potere). Herrmann morì prima che Taxi Driver uscisse nelle sale, il film è dedicato alla sua memoria.
IMPATTO MEDIATICO
Nel 1981 John Hinckley Jr, un 25enne dell’Oklahoma, provò ad uccidere l’allora Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, sparandogli mentre usciva dall’hotel Hilton di Washington. Quattro persone furono ferite e Reagan venne colpito a un polmone, ma si salvò grazie alla prontezza di un agente della sua scorta, Jerry Parr. In seguito si scoprì che Hinckley aveva problemi mentali ed era ossessionato da Jodie Foster. Aveva visto Taxi Driver milioni di volte e aveva progettato l’attentato basandosi su una scena vista nel film, per cercare di attirare l’attenzione dell’attrice.
«Ma dici a me? Ma dici a me? … Ma dici a me? Ehi con chi stai parlando? Dici a me? Non ci sono che io qui».
Il celebre monologo nel quale Travis parla con se stesso davanti allo specchio e prova la sua nuova pistola è diventato una delle sequenze più famose e citate della storia del cinema. È presente in Ritorno al futuro – Parte III, Ti amerò… fino ad ammazzarti, L’odio e nell’episodio Tassista notturno della quinta serie de L’ispettore Coliandro.
La scena fu completamente improvvisata da De Niro, a Scorsese piacque così tanto che decise di tenerla nel montaggio finale.
CURIOSITÀ
- Per immedesimarsi al meglio nel ruolo, nei mesi antecedenti alle riprese Robert De Niro ha davvero lavorato come tassista per diverse ore al giorno e studiato manuali sulle malattie mentali.
- Quando uscì, il film era vietato ai minori e Jodie Foster non potè assistere a nessuna proiezione pubblica di Taxi Driver al cinema.
- Martin Scorsese appare in un cameo all’interno della pellicola: è lui il marito nevrotico che osserva la moglie dal taxi di Travis. L’attore che doveva interpretare quella parte non si presentò alle riprese a causa di un infortunio e il regista si improvvisò attore seguendo i consigli di De Niro.
- La capigliatura mohawk di Robert De Niro non era vera: portava una protesi che lo faceva sembrare rasato, sulla quale erano applicati crini di cavallo.
- In una scena in cui Travis guida il taxi, si può notare per qualche istante l’insegna di un cinema su cui è scritto “The Texas Chainsaw Massacre”, film di Tobe Hooper del 1974, uscito in Italia come Non aprite quella porta.
- La canzone Travis Bickle dei Rancid è dedicata a Taxi Driver.
- I Clash hanno dedicato una canzone al film di Scorsese: Red Angel Dragnet, contenuta nell’album Combat Rock. La canzone, oltre a contenere intere citazioni di Travis Bickle, termina con un lamento del cantante Joe Strummer: «… one of these days I’m gonna get myself organized…». La frase è tratta da un quadretto all’interno della casa di Travis raffigurante un uomo che riposa su una sedia a dondolo.
- Il videoclip della canzone Fumo nell’anima dei Sud Sound System è un omaggio a Taxi Driver.
Federica Brosca