Ego: quattro chiacchiere con Diego Nicchi piene di “Saette”

Ego è un progetto che nasce principalmente dall’unione dei testi di Diego Nicchi e la musica e gli arrangiamenti di Filippo Milanesi. Due mondi differenti – il primo proveniente dal panorama rap, il secondo dal rock e dal blues – che creano un connubio particolare e ben costruito.

Prende vita da queste due menti “Saette”, il primo disco ufficiale costituito da nove brani. Per conoscere al meglio EGO, ho scambiato quattro chiacchiere con Diego.

  • Ciao Diego, facci entrare nella tua – e nella vostra – quotidianità, raccontandoci del vostro mondo e di come è nato. In particolare, spiegaci anche la scelta del nome. 

Ciao! Ego nasce come un progetto solista. Dopo dieci anni con i Soul Killa Beatz, ho deciso di sviluppare altro, perché volevo ritornare ad esprimermi con il rap e l’hip hop. Volevo farlo senza tutti gli schemi mentali a cui ero abituato e usando il rap come mezzo di comunicazione. Sono ripartito scaricando delle basi da internet e registrando da solo in cameretta. Da lì è nata la mia prima demo non ufficiale. Tutto questo è accaduto quattro anni fa ed è diventato l’EP Sentimentalismi. Esattamente una settimana dopo ho caricato i brani su YouTube e mi ha contattato Filippo, che conoscevo già per la sua esperienza con gli Hombre Lobo. Mi dice appunto di essere interessato a collaborare al progetto. Le sue parole mi hanno convinto e già dal secondo concerto insieme si è avvicinata anche la Woodworm. Da lì Ego è divenuto un duo; Filippo cura tutta la parte musicale –  oltre che chitarrista è anche producer – mentre io mi occupo dei testi e dell’anima lirica del tutto.

  • Possiamo dire che tu e Filippo siate espressione di mondi quasi opposti. È stato difficile creare questo connubio tra musicisti provenienti da generi musicali differenti? 

Non più di tanto, fortunatamente. Filippo arriva dal mondo blues-rock, soprattutto americano. Io, invece, sono più vicino sia al cantautorato che al rap italiano; sono un rapper piuttosto anomalo. Alla fine quella che ci ha unito è stata la musica “black” ed i punti in contatto ci sono eccome. Ovviamente ora che il progetto sta andando avanti siamo anche più sinceri tra di noi, i confronti continui ci aiutano a crescere. Ben vengano anche le discrepanze artistiche, quando agiscono in questo modo.  

  • Queste discrepanze fanno crescere anche musicalmente, giusto? 

Sì, assolutamente.  

  • Parliamo della scena attuale. In Italia, come nel resto del mondo, la scena rap o hip hop ha avuto una grossa flessione generata dalla trap che sta prendendo il sopravvento. Come si pone questo progetto nell’odierno panorama musicale? 

Sono cresciuto col rap negli anni in cui praticamente non se lo filava nessuno. Anzi, era il genere meno consigliato se si ambiva a fare carriera ed avere successo nel mondo della musica. In questo panorama ho sempre cercato di prendere il giusto e devo dire che alla fine è un bene che sia venuto fuori un genere come la trap, che avvicina più ragazzi al rap in generale. Ovviamente mi riferisco a quella fatto in un certo modo, come tutti i generi musicali. Di questa nuova ondata non mi piace molto la mitizzazione ed alcuni aspetti incentrati sul lusso, che poi magari chi canta non ha nemmeno. È importante che i giovani si avvicinino a questo mondo, perché talvolta può essere anche solo un amore passeggero, una moda temporanea. Anche la trap in realtà ha una sua storia, come il rap o il punk, e mi auguro che i più giovani si interessino di andare a scoprirla, perché non c’è futuro senza passato. Siamo dentro una grande macchina ed è giusto andare avanti, ma senza dimenticare da dove tutto nasce.

Dunque, non ho necessità di parlare a tutti, lancio il mio messaggio a chi riesce a coglierlo. Magari ci può stare che un ragazzo di quindici anni non si senta vicino agli Ego. Così come viceversa. 

EGO

 

  • Sono soprattutto i giovanissimi a sentirsi più vicini ai trappers che ai rappers. Cosa è realmente cambiato negli ultimi anni, anche a livello sociale? 

Non saprei esattamente cosa sia cambiato. Sicuramente una grande influenza l’hanno avuta i social network. Non sono uno che metterebbe fine ai social, anche perché la mia musica è promossa lì, come nella maggior parte dei casi. Oggi è tutto più immediato e si ha il bisogno anche di una musica che arrivi subito.  

Il rap è sempre stato un portatore di messaggi, poi sta a noi scegliere quelli più positivi o meno. Forse, in questi tempi, a volte bisognerebbe dare meno responsabilità agli artisti, quando si dice che alcune canzoni rovinino i giovani. Ho ascoltato molta musica violenta eppure sono riuscito a gestirla bene. [ride ndr.]

Non siamo più nel 1995 o nel 2005, quindi è chiaro che ai più giovani interessino nuovi suoni. È giusto che ognuno trovi il suo io interiore.

  • Prima di parlare di Saette ti faccio un’altra domanda. A me succede sempre questa cosa, anche se non sono una musicista, ovvero di desiderare di aver voluto scrivere ed incidere qualche pezzo altrui? Capita anche a te?

È una cosa che mi capita spessissimo. Sono molto legato ai testi, quindi mi accade soprattutto in quell’ambito.

Ci sono dei pezzi clamorosi, sia degli anni passati che degli anni attuali. A partire dagli Afterhours fino al rap italiano. Questa è una domanda bella, ma difficile. Ho avuto un periodo in cui, ad esempio, mi era presa la fissa per la scrittura di Neffa degli anni d’oro. Molta della sua introspettività mi è rimasta dentro, come nel pezzo Aspettando il Sole. Poi trovo che siano delle poesie anche i testi di Murubutu, Willie Peyote, Caparezza. Mi affascinano molto. Sicuramente i testi italiani mi sono arrivati più di quelli americani. Nel mondo del cantautorato, poi, avrei voluto avere la penna di Lucio Dalla, che per me è stato uno dei più forti. In ogni caso, credo che sia giusto che ognuno racconti il suo mondo a suo modo. Devo dire che però sono molto innamorato anche della mia maniera di scrivere. 

  • È proprio questo che dovrebbero fare i musicisti, ossia prendersi una propria fetta del mondo della musica, senza necessariamente copiare i colleghi. Partendo dagli ascolti arriviamo a “Saette”, l’album di esordio degli Ego. Al suo interno vi sono molteplici riferimenti, come ad esempio a Jovanotti negli ultimi versi di “Tempi e Modalità”. Ve ne sono anche altri? 

Beh, di Jova che dire! Jovanotti è stato ed è tuttora un riferimento. Prima di lui nessuno aveva portato in Italia quell’hip hop americano, quello un ‘po’ più tamarro’. A prescindere dalle deviazioni che ha avuto in seguito, è stato lui a portare il rap, quel sound, in Italia. Quindi, massimo rispetto per il Jova! Il riferimento nel pezzo è una sdrammatizzazione della canzone stessa. Chiaramente si tratta di un omaggio, di un portare un personaggio del genere nel 2019 e nella nostra quotidianità. In Fammi Spazio ad esempio cito Lucio Dalla, così come ci sono anche citazioni di Gianna Nannini, Massimo Ranieri. Se ci pensi, sono citazioni un po’ strane per un rapper.

 

  • Forse sono insolite per un rapper, ma non lo sono per noi italiani, dato che fanno parte del nostro bagaglio culturale.

Sì, assolutamente. È bello poi quando capita che un ascoltatore ritrovi dei riferimenti che magari sono stati inseriti in maniera involontaria. 

  • L’album “Saette”, dunque, è particolarmente contemporaneo, soprattutto perché narra con semplicità la quotidianità. Se potessi scegliere un periodo – passato, futuro o anche semplicemente presente – quando avresti voluto far uscire il disco degli Ego? E per quale motivo? 

Sono un grande amante delle sonorità del passato, ma sinceramente penso che sia un disco giusto per questo periodo qui. Forse il fatto che sia un disco piuttosto suonato lo rende un po’ retrò, come gusto e come stile. Quindi, credo sia corretto pubblicarlo al presente, è un disco dei nostri anni. Se fosse uscito nel passato probabilmente sarebbe stato diverso, così come anche nel futuro. Meglio essere presenti nel proprio presente.

  • “Saette” è allo stesso tempo sia il titolo dell’album che di uno dei brani all’interno. Come si sceglie la title track e cosa rappresenta l’immagine delle Saette per Ego? 

Dare i titoli alle cose è sempre un dramma per me, ma neanche Filippo è da meno. A Saette siamo arrivati dopo un po’ di tempo. Saette perché inconsciamente racchiude tutti gli altri brani del disco, che a loro volta sono anch’essi saette. Una saetta non cade mai nello stesso punto, ma dove deve cadere, un po’ come le canzoni dell’album, che arrivano a chi devono arrivare e per ognuno è differente. I brani rappresentano le cose positive e negative della vita che inevitabilmente ti colpiscono. È un nome corto, si ricorda e suona bene, anche a livello di sensazione. Ci piacciono i nomi che racchiudono un po’ tutto in breve. 

  • Presupposizioni contiene un dialogo estratto dal film “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” di Enza Negroni, tratto dall’omonimo libro di Enrico Brizzi. Come mai questa scelta? Cosa hanno rappresentato libro e film nella tua vita? 

Allora, io sono un pochino più vecchiotto rispetto a Filippo. Sono dell’87 e mi sembra strano non aver in comune alcune cose vissute. Ad esempio, per lui non è stato immediato il riferimento a Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Io ho conosciuto prima il film e poi il romanzo, mentre per altri è stato l’inverso.

Non sono nato a Bologna ma mi sarebbe piaciuto molto, e mi ricorda molto di quegli anni. Aveva tutta quella sorta di romanticismo studentesco legato anche a dei drammi, soprattutto interiori, e l’abuso di droghe, ad un mondo da combattere, agli amici che non ti capiscono. Si tratta di un grande romanzo generazionale che ha avuto il suo film, controverso e criticato. Per me ha rappresentato le prime sale prove, cercavo di rivedermi in quell’anarchia giovanile, mi rivedevo molto in Alex. Ovviamente quando sei più giovane sogni di più, ti immagini di correre sulle colline bolognesi anche se sei di Arezzo. Un immaginario magico. Ho voluto inserire il dialogo nel pezzo perché sta a significare che, pur essendo adulti, non abbiamo smesso di sognare. Sicuramente se non fossi un sognatore non avrei scelto di fare questo lavoro.

EGO

  • Sembrava Facile è un pezzo scritto in pochi minuti, giusto? In media, quanto tempo impieghi per scrivere e poi Filippo per ri-arrangiare le tue canzoni?

Eh, Sembrava Facile purtroppo nasce da una brutta storia capitata a Filippo. Non voglio entrare nel dettaglio anche perché è giusto che chi ascolta la interpreti come vuole. È una canzone che ho scritto a Filippo ed è nata davvero in maniera veloce, istintiva e spontanea. Abbiamo deciso entrambi metterla nel disco.

Per quanto riguarda le tempistiche, oltre questo pezzo, dipende. I periodi di gestazione sono vari e molto più lunghi, perché spesso le canzoni cambiano le loro sembianze con il passare del tempo. Nasce tutto da noi due ed ormai con gli Ego la stesura dei pezzi è diventato un lavoro di coppia artistica, un 50 / 50. Ci completiamo.

  • Il Meglio di Te, invece, suppongo sia il tuo – ed il vostro – modo per uscire dagli schemi imposti dalla società.  Come ce ne si può liberare?

La canzone ha quel senso lì, anche se io ho cercato di essere meno eroe di come mi hai descritto. Mi fa piacere tu l’abbia letta così. Facendo un riferimento alla mia città, Arezzo (vi invito a visitarla),  che come tutte le realtà di provincia ha i suoi pro e contro. Il Meglio di Te degli Ego nasce da un’ennesima serata in mezzo a tanti corpi, con un drink in mano. E tu quella sera aspetti una persona che ti possa “salvare” dal piattume che spesso ci circonda,  quel qualcuno a cui donare il meglio di te. È un po’ un’odierna Il Principe in Bicicletta de I Tre Allegri Ragazzi Morti. Non è un guardare dall’alto, quanto dal fianco.

Non so esattamente cosa si potrebbe fare per rendere la società più libera. Bisogna ricordare che la libertà risiede in noi stessi, anche se spesso la inquiniamo con degli schemi imposti. Dimentichiamo troppo spesso di essere persone libere rispetto a ciò che ci circonda Ad Arezzo come altrove ci si può sentire liberi, ed è anche questo il bello della musica.

  • Devo dirti che è molto bello il legame con la città in cui vivi. 

Io sono il primo detrattore della città in cui vivo. Ma ogni volta non mi arrendo e cerco di impegnarmi coinvolgendo più persone. Poi magari non succede nulla, ma l’importante è provarci. Mi piace viaggiare ed esplorare nuovi  posti. È essenziale. Certe volte risento molto il fatto di non essere nato in posti come Milano e Roma, soprattutto per la musica. Però, dato che sono qui ad Arezzo, cerchiamo di fare qualcosa per chi sta qui e decide di rimanerci. Alla fine se ai giovani –  quelli tanto criticati –  dai delle scosse ti arrivano delle risposte positive, forse più che nelle grandi città, che hanno più proposte. 

  • In Toscana si percepisce molto questo aspetto. Ci sono svariati piccoli festival che vengono organizzati non solo a Firenze. Attualmente, anche nel resto d’Italia, ci sono molti piccoli e validissimi festival, forse diversi rispetto all’Europa e al mondo. Su quali di questi palchi ti piacerebbe salire? 

Da orgoglioso aretino, ti dico che Arezzo è stata la città dove è nato e cresciuto Arezzo Wave, uno dei primi festival con mentalità europea ad essere stato fatto in Italia. Sette giorni di musica, di elettro wave, di campeggio. Non saremmo Milano, ma abbiamo avuto la possibilità di ospitare nomi come Moby e i Sonic Youth e li abbiamo visti gratis.

L’Arezzo Wave non c’è più. Ne sono nati altri come il Mengo Music Fest, che ha circa tredici anni di storia ed è un degno successore. Per fortuna ho avuto la possibilità di calcare entrambi i palchi. Ogni situazione è diversa da un’altra. Mentirei se non ti citassi Mi Ami, perché ormai anche questo è un caposaldo della musica indipendente italiana, avendone seguito l’evolversi. Anche se ogni festival ha una sua identità differente.

 

  • Insomma Diego, dopo tutte queste domande serie è il caso di fare anche una domanda culinaria di altissimo livello. Se Ego fosse un cibo cosa sarebbe? 

Se Ego fosse un cibo? Bella! Al momento ci sono solo io, ma mi auguro di rispondere anche per Filippo. Devi sapere che tutte le registrazioni degli Ego sono finite quasi sempre al ristorante cinese. Ci siamo spesso ritrovati sugli involtini primavera o sul riso alla cantonese. Però, se dovessi indicare un cibo italiano, quello più celebre, quello più da piazza che esista – chiedo scusa perché non è un discorso nazionalistico –, ma cavoli, la pizza! Soprattutto perché puoi metterci sopra quello che ti pare, ma se è di qualità è sempre buona. Un po’ come gli Ego insomma. Quindi, accendiamo la risposta esatta per la pizza e scommetto che anche Filippo sarebbe d’accordo.

  • Grande scelta! Altra domanda, altra canzone. “Fammi Spazio”, secondo me, appare come un vostro personale motto. Voi che spazio state cercando? Quali sono gli obiettivi futuri? 

Fammi Spazio ha un’importanza storica perché è la prima canzone che abbiamo scritto insieme io e Filippo. Abbiamo scritto questo pezzo quando non avevamo nulla e l’arrivo di Locusta Booking e di Woodworm hanno cambiato un po’ il tutto. Quello che ci auguriamo è appunto di farci spazio, suonando ovunque. È quella la prova del nove, il saper gestire e tenere un palco.

Insomma, puntiamo che la musica ci riempia sempre di più le vite. E che magari ci aiuti anche a pagare le multe e le bollette. Non sogniamo macchinoni. È una cosa molto sfigata da dire: “non rolex e macchinoni, ma bollette ed opere di bene!” 

  • Ci lasciamo proprio parlando di palchi. Dove possiamo a venire a sentirvi dal vivo?

Allora, abbiamo avuto la fortuna di aprire a La Rappresentante di Lista, a Milano e ad Arezzo, o anche Edda a Pisa. Poi ci sono stati due release party, uno al Rooftop Studio di Arezzo e l’altro al Velvet Underground di Castiglion Fiorentino. Adesso ci attenderà un’estate di live in avanscoperta. Al momento ti posso dire del 28 giugno saremo di nuovo a Castiglion Fiorentin, in apertura ai Meganoidi. Il meglio di noi in realtà lo daremo dopo l’estate. Le sorprese non finiranno sicuramente qui, anzi!

 

  • Attendiamo ulteriori news. Nel frattempo, ti ringrazio e ti (vi) faccio un enorme in bocca al lupo! 

Grazie a te per questa chiacchierata!

 

 

 

Assunta Urbano

 

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