Un attuale Clandestino reinterpretato da Manu Chao e Calypso Rose

«Solo voy con mi pena
sola va mi condena
correr es mi destino
para burlar la ley.»

Parole che non hanno bisogno di presentazioni.

Nel 1998 usciva Clandestino, album e singolo indiscusso dell’ex leader della band Mano Negra, che divenne subito una hit super ascoltata, canticchiata e riconosciuta in tutto il mondo, con oltre quattro milioni di copie vendute. Oggi Manu Chao rilegge quel brano reinterpretandolo insieme alla frizzante Calypso Rose, regina del calypso (genere che appartiene alla cultura afroamericana delle isole caraibiche), 78enne con lo spirito di una ragazzina .

I due si sono conosciuti al carnevale Trinidad e Tobago nel 2015 e vantano una collaborazione con l’album di Calypso , Far From Home (2016), prodotto dallo stesso Manu Chao. 

Si è presentato al mio hotel con delle ciabatte vecchie, dei pantaloncini e una chitarra piccola e rovinata. […] Se solo lui non fosse impegnato, non mi dispiacerebbe essere la signora Chao”.

Calypso Rose

Oggi le due voci si rincontrano in una reinterpretazione emozionante di Clandestino.

Sorprende come il brano, a distanza di vent’anni dall’uscita, conservi ancora un forte impatto e si mostri forse più urgente di allora. L’immane questione dell’immigrazione cantata come un grido di umanità .

Il pezzo è ancor più significativo se si pensa alla storia che entrambi gli artisti  hanno alle spalle.

Manu Chao, cantautore ribelle e nomade dalle tante influenze culturali, francese e figlio di immigrati spagnoli, eredita dalla famiglia l’attenzione per gli emarginati. Nella sua casa, il padre ospitava molti rifugiati delle dittature sudamericane. 

Calypso, musicista caraibica, scrive canzoni dall’età di 15 anni. Da sempre impegnata nel sociale con la sua musica, da giovane fu spesso ostacolata perché, in quanto donna, era inconcepibile che si occupasse di “roba da uomini” come lo era il calypso. Ma lei conosceva bene quei ritmi che le appartenevano e divenne cosi leggenda indiscussa di quella suadente musica arrivata dall’Africa occidentale.

Il brano richiama l’attenzione sull’ingiustizia della condizione degli immigrati, etichettati come clandestini. Uomini, donne e bambini che sono ormai drammaticamente figli del mare. Affrontano viaggi pericolosi e girovagano come fantasmi senza nessun punto di riferimento.

No home to return to, nobody waiting for me”, così canta Calypso Rose.

Il video illustrato, diretto da Wise Bird Studio, non lascia spazio a interpretazioni. I Clandestini sono scrutati dall’“occhio” enorme che potrebbe salvarli ma li schiaccia. L’unica mano che trovano è quella dei loro compagni.

Ad aggiungere drammaticità al brano è proprio il verso di Calypso «La terra di fronte a me non mi vuole e quella alle mie spalle brucia».

Eppure, oggi più che mai si sente l’eco de “Mi vida va prohibida, dice la autoridad”. Sì, perché, essendo impossibilitati nel decidere liberamente del loro destino, a loro pensa l’autorità, che sceglie di lasciarli in balia del mare. E guai a “chi li tocca”, chi osa farsi guidare dal buon senso e dalla sua umanità. Nessuno aiuti il Clandestino!

 

Claudia Avena

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