Fleabag e la rivincita delle donne indipendenti agli Emmy Awards

Enorme trionfo alla 71esima edizione degli Emmy Awards per Fleabag. La serie tv conquista meritatamente i premi nella categoria serie tv come: migliore attrice, migliore sceneggiatura e miglior serie tv commedia.

L’ esuberante Phoebe Waller-Bridge ha ritirato personalmente le  statuette durante la cerimonia, tenutasi domenica 22 Settembre. L’avevamo già vista in quell’unica stagione della serie tv del 2016 Crashing. Anche in quel caso non si era occupata solo dell’interpretazione, ma ugualmente della sceneggiatura.

E non è finita qui. L’attrice britannica ha elaborato anche la sceneggiatura della serie di successo Killing Eve, che ha permesso a Jodie Comer di guadagnarsi agli Emmy, lo stesso giorno, il riconoscimento come miglior attrice in una serie tv drammatica.

Durante i ringraziamenti, Phoebe Waller-Bridge racconta la nascita del suo piccolo gioiellino. Inizialmente, si trattava di una commedia teatrale, da lei stessa scritta. La BBC, colpita dall’opera, ne ha proposto una trasposizione televisiva.

In Italia, la visione è stata disponibile a partire dal 10 febbraio 2017 sulla piattaforma Amazon Prime Video. E la vittoria di questi  prestigiosi premi non può che simboleggiare una parziale sconfitta per Netflix.

Così, il 21 luglio 2016 è stata trasmesso, per la prima volta, il primo episodio di Fleabag. Eppure il successo è arrivato questo 2019 con la messa in onda della seconda –  e purtroppo ultima  – stagione.

FLEABAG | TRAMA 

La parola/ lo slang fleabag può essere tradotta in italiano con “sacco di pulci”, “persona squallida” o “persona cattiva e scorretta”, che non è prettamente collegato con la protagonista della serie tv. O meglio, riguarda il modo in cui viene considerata dalle persone che la circondano.

Il personaggio interpretato da Phoebe Waller-Bridge è una donna indipendente. Vive a Londra e cerca di affrontare i problemi personali e familiari che la affliggono, con un’arma infallibile: l’ironia. Gestisce una caffetteria, che però rischia di fallire.

A fare da sfondo ci sono una famiglia alquanto bizzarra e la sorella (Sian Clifford) che le è più vicina di quanto pensi. In aggiunta, i dolenti ricordi di un’amica defunta (Jenny Rainsford) ed altre strambe personalità di stampo tipicamente inglese.

La scappatoia per fingere di dimenticare questo groviglio di dilemmi è rifugiarsi in relazioni sessuali occasionali. Ah, e poi c’è un prete (Andrew Scott).

fleabag

LA ROTTURA DELLA QUARTA PARETE 

La trama di Fleabag è accattivante, ma di certo non quanto la sceneggiatura e la minuziosità nello studio dei personaggi. Il fulcro sono le loro personalità, proprio per tal motivo a nessuno dei seguenti viene attribuito un cognome. Anzi, gli unici ad avere un nome citato sono la sorella Claire e Boo, l’amica prematuramente scomparsa. Al resto degli interpreti viene conferito unicamente il nome comune “papà”, “madrina”, “prete”. Oppure il più bislacco “roditore del bus”.

Lo spettatore viene catturato dallo svolgimento dei fatti, in quanto parte attiva e perché gli viene mostrato dal punto di vista della creatrice. Tutto ciò accade grazie all’espediente della rottura della quarta parete.

Un elemento frequente nel mondo del teatro, da cui Phoebe Waller-Bridge proviene. La quarta parete è il divisorio metaforico che separa lo spettatore dall’attore in scena. È il muro che divide la realtà dalla fantasia.

Fu Bertolt Brecht per primo a teorizzare questa pratica, che è divenuta di ampia diffusione oggigiorno nell’ambiente cinematografico e televisivo.

Allo stesso modo l’attrice principale di Fleabag comunica in prima persona con il suo pubblico. Non tralascia in nessun caso il suo punto di vista, senza paura di mostrare il proprio lato interiore più nascosto.

Nel frattempo, mentre tutti ignorano (o fingono di ignorare) questa rottura, il prete, molto attraente, se ne rende conto. Questa circostanza permette di comprendere il rapporto intenso che si viene a creare tra i due.

Eravamo già rimasti folgorati da Andrew Scott nei panni di Jim Moriarty in Sherlock, qui in Fleabag conferma nuovamente il suo grande talento.

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LA RIVINCITA DELLE DONNE INDIPENDENTI 

Finalmente è arrivata – e purtroppo se ne è anche andata – una serie tv commedia che ha avuto il coraggio di utilizzare un’ironia pungente, senza le inutili e strazianti risate fuoricampo.

E soprattutto finalmente una serie tv mostra un volto di donne fuori dal comune. Delle creature indipendenti che si allontanano dalla convenzione sociale di farsi mantenere dagli uomini solo per sfornare figli. Donne forti e decise, capaci di proteggersi e costruirsi da sole, senza la necessità di farlo con qualcun altro accanto.

È lo stesso padre di Fleabag a farle notare, però, quanto di dolce ci sia nel suo profondo: “credo che tu sappia amare più di tutti noi. Per questo lo trovi così doloroso”.

Siamo esseri umani, non super eroine. Sbagliamo tutti i giorni. È soddisfacente osservare sul piccolo schermo l’imperfezione della donna che si autoaccetta a prescindere dai canoni imposti dalle consuetudini.

Fondamentalmente Fleabag appare come un personaggio fuori dal comune. Nonostante ciò, si può ritenere più universale di quanto si possa immaginare. Nel primo episodio, davanti alla porta dell’ingresso della casa paterna afferma:

“Ho il terribile sospetto di essere un’avida, pervertita, egoista, apatica, cinica, depravata, donna moralmente distrutta che non merita di essere chiamata femminista”.

E nonostante questa sua autodefinizione, pare che abbia anche dei difetti.

Assunta Urbano

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