Black Spot è la serie francese ideata da Mathieu Missoffe adatta ad appassionati del thriller, dei gialli, ma soprattutto a chi ama le atmosfere tetre. I generi sopracitati spesso sono associati al tetro; quello di Black Spot però è più un tetro dell’anima.
Laurene Weiss è a capo della Gendarmeria di Villefranche, una piccola cittadina sperduta in una foresta tra le montagne. Un luogo talmente isolato e pericoloso da essere definito Black Spot (o Zone Blanche, titolo originale), cioè, un posto in cui si concentrano incidenti.
Ma non sono “incidenti” quelli su cui è costretta ad indagare il maggiore Weiss: il tasso di omicidi a Villefranche è talmente elevato che è stato inviato in paese il procuratore Franck Siriani.
La costruzione narrativa è, forse, quella canonica per qualunque prodotto seriale. Ad una trama verticale per ogni episodio, si apre lentamente quella orizzontale della protagonista. Ovviamente non è solo il mistero ad accomunare i filoni. Parlare di thriller tetro non vuole fare un torto a Black Spot. Anzi, è il punto di forza.
Cielo grigio, umidità, pioggia, nebbia, nuvole dense, Villefranche si mostra per il terreno pericoloso che è. La natura, infatti, è un personaggio vero e proprio che con le insidie ed i pericoli che nasconde, è uno dei maggiori ostacoli per i protagonisti.
Le indagini si muovono nel torbido, nell’inquietudine e l’ottima fotografia della serie lo certifica ad ogni inquadratura. L’atmosfera tetra, misto di sangue e dolore, di morte e sofferenza, non deve lasciare spiragli alla positività.
Spesso il dolo è all’interno della famiglia o frutto di rancori passati: il tema della “vendetta” come movente al crimine, mostra come l’odio, sopito e covato, scateni la ferinità dell’uomo. Ed è proprio per tale ragione che a Villefranche non sembra esserci spazio per il riscatto e per il perdono.
Tutto ottunde, tutto copre, e l’emotività dei protagonisti, di Laurene su tutti, è tangibile anche dalle sole immagini. Dopotutto il Black Spot è anche per le relazione: i protagonisti nascondono segreti, non si affidano ne fidano gli uni degli altri. Il mistero non riguarda solo gli omicidi.
Un thriller plumbeo e citazionista
Black Spot, agli habitué del noir e del crime televisivo non può che piacere. Senza essere originalissima (questo va ammesso candidamente), la serie francese richiama alla memoria predecessori illustri. Le atmosfere misteriose ed oniriche alla Twin Peaks, la decadenza dei personaggi di True Detective, l’impianto cupo di The Killing, e un pizzico di gore che ricorda Scream – la serie o la sfortunata, ma bellissima, serie Hannibal.
La citazione non è, chiaramente, evidente, quanto un modo per allinearsi con predecessori che, in un modo o in un altro, hanno costruito un filone del thrilling più cupo e “cattivo”.
Presente con entrambe le stagioni (finora) realizzate sulla piattaforma Netflix, al contrario dell’abituale binge-watching, Black Spot può essere guardata con calma, una puntata alla volta. Un omicidio e un dramma alla volta.
Certamente, le diverse linee narrative e i diversi misteri lasciati irrisolti fanno sperare ad una terza stagione. Ma pensare, eventualmente, ad un prosieguo più lungo sarebbe un azzardo: l’atmosfera interessante ed evocativa della serie potrebbe a lungo stancare.
Leonardo Cantone