Magmamemoria, il quarto album di Levante, pubblicato per la prima volta con una major (la Warner Bros) dopo i primi tre da indipendente, è disponibile dal 4 ottobre scorso.
Anche stavolta si tratta di un meticoloso lavoro a livello grafico, fonico, stilistico e vocale in cui, già a partire dal rosso della copertina, si ha l’idea di trovarsi di fronte a canzoni esplosive e passionali.
La conferma arriva dopo aver ascoltato le tredici tracce che, come la lava, fuoriescono da un vulcano attivo e pericoloso qual è la penna di Levante. Quel magma solca ogni fessura, scorre e scotta: fa male.
Levante | Magmamemoria
Fuor di metafora quest’album si innesta ecletticamente nei vicoli del passato, del presente e del futuro della cantante siciliana che è riuscita ad unire rabbia, dolcezza, amore e delusione e fonderle con aggressività e leggerezza attraverso l’ampia varietà degli strumenti utilizzati (dalla delicatezza degli archi alla veemenza delle chitarre elettriche).
La title track è “Magmamemoria” e preannuncia l’inizio di un percorso dedito alla consapevolezza e all’attenzione di ciò che accade a livello interpersonale e intrapersonale. Centrale è il tema della nostalgia intesa come il desiderio irrefrenabile di ripercorrere luoghi e situazioni passate da cui è paradossale illudersi di potersi staccare.
È un nodo ricorrente che aveva anticipato quest’estate con il brano “Lo stretto necessario” scritto insieme a Dimartino e Colapesce e registrato con Carmen Consoli.
Sorprendente è il modo in cui sia riuscita a tirar fuori una vera e propria dichiarazione: “Magmamemoria” è infatti una dichiarazione di pace tra le diverse personalità che contraddistinguono ogni persona, prima fra tutte la sua.
Non è un manuale per la gestione dei conflitti con sé e col mondo ma un’oculata presa di coscienza delle storie d’amore finite male (“Antonio” , “Reali” e “Rancore”), delle velleitarie priorità contemporanee (“Andrà tutto bene” uscita il 5 aprile e scritta dopo aver visto “Sulla mia pelle”), delle conseguenze negative della digitalizzazione (“Bravi tutti voi” pubblicata il 27 settembre), del dolore (“Questa è l’ultima volta che ti dimentico”), dell’amore verso se stessi (“Se non ti vedo non esisti”) e contro se stessi (“Saturno”), dell’assenza (“Il giorno prima del giorno non ha mai avuto fine”) e della presenza che ci sia qualcun altro con noi (“Regno animale”) e difficoltà dei vuoti lasciati dalla morte (“Arcano 13”).
Il brano conclusivo, Arcano 13, è una dedica piena di silenzi e musicalmente ridotta all’essenziale in cui a parlare è il suono dell’assenza, la voce dell’incapacità di metabolizzare la morte di un padre. Ha un titolo emblematico poiché nei tarocchi il tredicesimo arcano è rappresentato proprio dalla morte, oggetto e soggetto delle continue domande retoriche che si pone la cantante.
Il filo rosso che congiunge e tiene unita la complessità dei temi e delle composizioni musicali è senz’altro la prorompenza vocale -a tratti rauca- ma viva, cruda, grezza e semplice che sembra incidere e rivivere le sensazioni cantate come se fosse lava incandescente e cadesse nei ricordi del passato a disperdersi nelle distese del presente.
Non è un caso se il termine “lava” derivi dal latino “labes” che significa “caduta”.
Santina Morciano