Col nuovo di Dardust proseguiamo il lungo viaggio tra i dischi strumentali (o quasi integramente tali) che da qualche settimana ci accompagna, per la gioia di chi scrive.
L’opera si intitola Storm And Drugs e da qui la riconosceremo con il suo acronimo S.A.D. , proprio come suggerito dallo stesso autore.
Prima di catapultarci nell’esperienza sonora, vale la pena spendere due parole sulla figura di Dardust, al secolo Dario Faini. Sia mai che tra i lettori ci sia qualche alieno che ne ignora l’esistenza o persone sfortunate costrette a vagare nel deserto negli ultimi venti anni.
Chi è Dario Faini, in arte Dardust?
Chi ascolta musica italiana probabilmente non sa che Dardust ha messo mano a buona parte di quel che si sente in giro oggi (ma anche ieri, e sicuramente domani). Nelle vesti di pianista, compositore, autore e produttore, il buon Dario è il Pippo Baudo (dei tempi d’oro) della musica pop italica, e non solo.
Ha cominciato la sua carriera ad inizio anni duemila, con gli Elettrodust, aprendo concerti ad artisti quali Vasco Rossi, Planet Funk, Quintorigo e Afterhours. Giusto per citarne alcuni. La lista dei cantanti che invece si sono serviti delle sue doti di autore e compositore praticamente non ha fine. Nuove leve e vecchia guardia, in egual misura, hanno collaborato con Dardust. Numeri importanti in quanto ad apprezzamento di pubblico, basti pensare ai vari Fedez, Emma Marrone, Alessandra Amoroso, Elisa, Marco Mengoni, Fiorella Mannoia, Sfera Ebbasta, Francesco Renga e chi più ne ha più ne metta. Nel senso letterale dell’esortazione.
Il genere di riferimento è però variegato soprattutto quando, come nel caso di S.A.D. , non ci sono interpreti da assecondare o cantanti con cui collaborare. Difatti il tema del disco è descritto dall’autore con un loquace “piano minimalista che incontra l’elettronica nord europea”. Coinciso ed accurato. Le esperienze e gli studi da pianista si fondono alle tendenze sonore ed emotive dell’elettronica più avanguardista, quella che fa riferimento ai paesi di neve e gelo.
Non a caso S.A.D. chiude una trilogia cominciata con 7 e proseguita con Birth – rispettivamente 2015 e 2016 – che fonda gran parte delle intuizioni compositive proprio sulla componente geografica. Per meglio dire, tre dischi per tre città che hanno segnato in modo indelebile la sensibilità artistica di Dardust e tutto è riversato nei brani. In principio fu Berlino, per poi passare dalla capitale islandese Reykjavík e giungere ad Edimburgo. Sarà la Scozia con le sue interminabili lande di rocce e prati a fare da sfondo alle nove tracce dell’LP? Lo scopriremo solo ascoltando.
Storm And Drugs: Genesi dell’opera e spunti di ispirazione portati in musica dall’estro di Dardust.
Le suggestioni sul titolo dell’opera, pubblicata lo scorso 17 Gennaio per Sony Music Masterworks e Artist First, sono finemente spiegate dall’autore. La realtà supera la fantasia, calcolando che la definizione ‘Storm And Drugs’ non è altro che una consonanza con il ben più famoso Sturm Und Drang, movimento culturale tedesco di metà settecento. Tuttavia nulla è lasciato al caso e la nota neoclassica è forse la vera protagonista di S.A.D..

Con Sublime, prima traccia del disco, si mette subito in chiaro la caratteristicapredominante dell’album. La condizione in cui il neoclassicismo strumentale del pianoforte (con le dovute proporzioni e semplificazioni) e l’enfasi di elettronica moderna, non si amalgamano tra loro. Come Dr.Jekyll and Mr. Hyde, le due entità coesistono nello stesso corpo, lasciandosi spazio vicendevolmente a seconda del pathos provato e delle sensazioni suscitate.
L’impronta della capolista si ripercuote in tutte le altre tracce ma con accorgimenti sonori diversi, come in Prisma dove la voce assurge a ruolo di rilievo riuscendo, in alcuni determinati momenti, a convogliare le due anime dell’opera in un unico tema musicale.
Il sistema struttura di S.A.D. sembra richiamare una serie di vasi comunicanti. Il brano precedente influenza quello che lo segue, come per la title track Storm And Drugs che gira tutta attorno alla voce, in una sorta di narrazione con flessioni ritmiche e melodiche. Condizione che plasma tutta la seconda parte della canzone, lasciando trasparire la scintilla da rave party che, invece, domina parte dell B-Side dell’opera di Dardust.
Dal connotato prettamente intimistico è invece il brano With You, quasi una ballad senza voci. Le fa eco S.A.D dove si fa però più pregnante il momento tensivo della composizione. Tutt’altra storia per Rückenfigur che parte sommessa, e resta tale su uno dei due temi principali, quello più presente, quello melodico. Dall’altra parte un’armonia con accenti sincopati che ricordano un’altra hit di questi mesi.
Il dittico Sturm I e Sturm II sembra fare un po’ capitolo a parte, sia per l’uso massiccio di sample e campionamenti che per il piglio, ora ruvido e aggressivo. Non manca l’alternanza di fasi, dove quelle dedicate al piano restano comunque più melodiose e rilassate rispetto alla controparte dal cuore elettronico. Una spolverata di orecchiabilità sul secondo dei due brani citati e il cerchio si chiude.
Conclude l’esperienza Beautiful Solitude. Una sonata per sé stessi. Qui Dardust pare mettere da parte per un momento tutte le influenze musicali e l’enorme esperienza per concentrarsi sul piano, un filo di voce e tanta, ma tanta reminiscenza. Ritorno al passato primordiale. Atmosfera.
Che altro aggiungere per coronare il commento all’ultima fatica di Dardust, intitolata Storm and Drugs? Probabilmente nulla, forse solo questo: se esistono musicisti realmente ‘progressisti’ in Italia, Dario Faini fa certamente parte del comitato esecutivo.
Mario Aiello