“Hammamet”, la storia di un uomo oltre le vesti del leader politico

A partire da oggi, 9 gennaio 2020, sarà disponibile nelle sale cinematografiche Hammamet.

Il film ha destato alcune contestazioni già prima dell’uscita ufficiale, e la data prescelta non sembra essere una casualità. Esattamente venti anni fa, infatti, moriva Bettino Craxi. Della pellicola, potete starne certi, si parlerà ancora nei prossimi mesi.

Questo lavoro nasce quasi in maniera involontaria. L’idea iniziale del produttore, infatti, era di realizzare un lungometraggio su Camillo Benso, Conte di Cavour. La proposta (accolta calorosamente) di spostare l’attenzione sulla contemporaneità è partita dal regista, Gianni Amelio. La scelta del protagonista del racconto è stata dunque conseguenziale. Bettino Craxi. 

E chi se non Pierfrancesco Favino avrebbe potuto interpretare un ruolo così complesso e pieno di sfaccettature. Al suo fianco emergono i talenti di svariati altri interpreti, tra cui Livia Rossi e Luca Filippi, senza dimenticare, la presenza di Claudia Gerini, nelle vesti dell’amante.

Il tutto coronato dall’unione delle produzioni di Pepito Produzioni, Rai Cinema, Minerva Pictures ed Evolution People.

Hammamet

HAMMAMET

La pellicola si apre con un celebre discorso ad un incontro del Partito Socialista Italiano. Sarà questo l’unico istante in cui vedremo l’uomo associato attivamente al mondo della politica. Una realtà da cui si distaccherà, ma allo stesso tempo lo perseguiterà per il resto della vita.

Hammamet non mostra lo spaccato storico così come tutti lo conosciamo. Si raccontano, principalmente, le angosce e le ansie di un uomo nell’agonia dei suoi ultimi sei mesi di vita. Craxi (Pierfrancesco Favino), come una sorta di “Re Caduto”, vive lontano dalla propria Patria, dopo essersi trasferito con i propri cari ad Hammamet, in Tunisia.

Ai fatti realmente accaduti, si aggiunge la presenza ingombrante del giovane Fausto (Luca Filippi), figlio del “compagno” Vincenzo (Giuseppe Cederna). Il ragazzo si inserisce nella piccola realtà del “Presidente” in maniera inquietante ed ansiogena. Questo espediente originale concede all’opera la suspense tipica di un thriller. Fausto si trova in Tunisia con l’intento apparente di vendicare suo padre e rappresenta l’elemento conflittuale nella pellicola.

Una vera trama, insomma, non c’è e, forse, non serve. Il filo conduttore degli avvenimenti sono i pensieri di un controverso uomo politico.

Hammamet

L’ASSENZA DELLA SFERA POLITICA

Il motivo per cui Hammamet ha già ricevuto alcune critiche da parte della stampa sono legate all’assenza della sfera politica nel racconto.

Nel film manca il resoconto dettagliato di quegli anni, poiché non era l’intento originario. Non è assente il pensiero di Craxi. Si manifesta, infatti, in modo costante tramite i dialoghi sia con la figlia Anita (Livia Rossi), quanto con un personaggio politico italiano non citato.

Gianni Amelio non vuole dare alcuna risposta riguardo la faccenda, ancora colma di oscurità. Si sente obbligato, però, a farsi delle domande e far ritrovare lo spettatore nella sua stessa posizione. Il regista ribadisce più volte, in conferenza stampa, che il suo non è un lungometraggio politico e tanto meno un lavoro contro “Mani Pulite”.

Si desidera rappresentare un uomo, che si autodefinisce arrogante, pur avendo l’animo tormentato dal passato. Ritrovandosi in questa angosciante situazione, costui resta comunque convinto delle proprie idee, perseverando nel ritenersi “nel giusto”. Verso il termine della visione si ha addirittura l’impressione di compatire quel “Presidente”, che oggi appare quasi dimenticato dalla nostra storia.

Il protagonista è un leader che si avvicina allo scadere del suo tempo vitale, dopo aver perso il potere. Dunque, neppure questa “permanenza forzata” ad Hammamet permette al Presidente di liberarsi del passato. Anche in questo luogo lontano dalla Patria coltiva rimpianti e desideri, conscio di aver realizzato la propria autodistruzione.

Si può affermare che l’assenza della sfera politica è da inquadrare dal punto di vista storico. Ovviamente, ci sono numerosi riferimenti a quello che è accaduto in quegli anni, attraverso citazioni, pensieri e ricordi. Si dà per scontato, insomma, che lo spettatore conosca i fatti mostrati in Hammamet.

Ammetto che avrei gradito una trattazione definita della realtà dell’epoca all’interno della narrazione. Più che altro,  mi chiedo quanto le nuove generazioni potranno realmente comprendere quello che non hanno vissuto.

IL MANCATO UTILIZZO DEI NOMI

Come è facile notare, il nome Bettino Craxi non viene mai citato all’interno di Hammamet. L’unico appellativo utilizzato è “il Presidente”. Il medesimo trattamento vale per gli altri interpreti della pellicola, fatta eccezione per Vincenzo, Fausto ed Anita (il cui nome non corrisponde alla realtà).

Si tratta di una sorta di “firma” da parte del regista. Quest’ultimo, in tale maniera, pone in primo piano i caratteri rappresentati, con le loro gestualità e i dialoghi. Questa carenza, come sostiene Amelio, rende i dialoghi “più puliti”.  

Anita, come affermato poc’anzi, è una delle personalità a cui viene conferita una denominazione. La ragazza diviene parte centrale di Hammamet, soprattutto per l’intenso rapporto con il padre. Se ne prende cura costantemente e tiene alla figura di uomo politico, che il genitore ha rivestito negli anni precedenti.

Hammamet

Hammamet senza Pierfrancesco Favino  sarebbe stato lo stesso? 

In venticinque anni di carriera abbiamo visto Pierfrancesco Favino ricoprire i ruoli più disparati. Questa interpretazione egregia, equiparabile a quella di Tommaso Buscetta in Il Traditore, di Marco Bellocchio, resterà sicuramente memorabile.

Il make-up ha reso quasi impossibile comprendere letteralmente dove finisse Favino e iniziasse Craxi. Una fatica immane, che ha garantito un risultato strepitoso. Ogni giorno sono state impiegate circa cinque ore per questa trasformazione completa e totale. Un lasso di tempo, che ha permesso ancor più di immergersi nel lato umano del politico.

A tal riguardo, il protagonista definisce il trucco la chiave attraverso cui dimenticare sé stessi per entrare a trecentosessanta gradi nel ruolo. In ogni caso, non si può che riempire di elogi un’esecuzione di questo livello. Viene immediato chiedersi: senza Pierfrancesco Favino un film come Hammamet avrebbe avuto lo stesso impatto? A mio modesto giudizio, assolutamente no.

Assunta Urbano

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