Chi l’avrebbe mai detto che Piccole donne, il cult della letteratura di Louisa May Alcott, potesse ancora oggi, dopo oltre un secolo, risultare – a suo modo – attuale.
Alla rielaborazione cinematografica della regista Greta Gerwig (già conosciuta per Lady Bird), va il merito di aver riproposto nelle sale un romanzo del 1868, spingendo il pubblico a riflettere sugli aspetti più moderni del racconto e che tuttora sono motivo di discussione, ma senza mai alterare la fedeltà verso l’opera originale.
Fra le righe troveremo la crescita interiore ed esteriore, la scoperta di sé stessi, il lutto, la generosità verso chi ne ha bisogno. Argomenti senza tempo. Ma anche l’uguaglianza fra uomo e donna, la figura femminile nella società e il diritto d’autore. Questioni ancora ricorrenti.
Se a questo aggiungiamo l’ambientazione perfetta, una colonna sonora delicata ed emozionante (del compositore Alexandre Desplat) ed un cast straordinario – composto da Saoirse Ronan, Emma Watson, Florence Pugh, Eliza Scanlen, Laura Dern, Timothée Chalamet e Meryl Streep – ne viene fuori un film meraviglioso.
PICCOLE DONNE: TRAMA E PRODUZIONE
Durante l’assenza del padre, volontario al fronte nella Guerra di secessione americana, le quattro sorelle March – Meg (Emma Watson), Jo (Saoirse Ronan), Beth (Eliza Scanlen) e Amy (Florence Pugh) – imparano a crescere e a diventare responsabili, affrontando le tipiche problematiche adolescenziali. La signora March (Laura Dern), colonna portante della famiglia, è una donna generosa che, pur non essendo economicamente agiata, non esita a donare quel poco che le appartiene a chi ritenga ne abbia più bisogno.
È questa l’educazione che ha impartito alle sue figlie. Bontà d’animo ma anche libertà, ambizione e indipendenza. Morali diverse rispetto al pensiero comune dell’epoca, che intravede nel matrimonio l’unica possibilità di sostentamento per una donna.
Ad opporsi con determinazione a questa condizione sociale è la secondogenita Jo (Saoirse Ronan), il maschiaccio ribelle della famiglia. La ragazza coltiva con passione il grande sogno di diventare una scrittrice. Sprona anche le sorelle a dedicarsi seriamente ai loro interessi: la recitazione, la musica e la pittura. Jo è perennemente in guerra con l’amore perché, dal suo punto di vista, rappresenta l’ostacolo alla realizzazione personale.
Piccole donne crescono
La Gerwig ha deciso di raccontare non solo Piccole donne, ma anche il seguito, Piccole donne crescono, il secondo volume pubblicato dalla Alcott. Un ragionamento intelligente che ha permesso di descrivere meglio la storia e lo sviluppo dei personaggi.
Il montaggio quindi viaggia su due linee parallele: quella del presente – in cui le ragazze sono diventate adulte – e quella del passato, che sopraggiunge interrompendo la narrazione attraverso lunghi flashback. In un primo momento questo escamotage genera un senso di confusione, poiché non è facile star dietro a tutti i salti temporali e ordinare mentalmente il racconto. Capito il meccanismo, però, la comprensione diventa automatica, agevolata ulteriormente dai colori delle scene, che nel presente risultano cupi e smorti, mentre durante i ricordi appaiono più caldi e vivi.
Un CAST STRAORDINARIO
Saoirse Ronan nei panni di Jo è una scelta ineccepibile. L’attrice irlandese ha saputo esprimere al meglio il carattere forte e carismatico della protagonista, senza mai creare un momento di noia. Allo stesso modo Florence Pugh è stata in grado di tenerle testa impersonando Amy, la più piccola e dispettosa delle quattro.
Emma Watson ed Eliza Scanlen, invece, ci hanno regalato interpretazioni delicate di Meg e Beth, giustificate dal carattere fragile dei loro personaggi.
Insomma, nomi di tutto rispetto della Hollywood del momento, fra cui il camaleontico Timothée Chalamet, nel ruolo di Laurie, il vicino di casa, amico delle ragazze e dichiaratamente innamorato di Jo.
Fra tanta gioventù spiccano due attrici navigate ma pur sempre colossali: la bravissima Laura Dern, nei panni della madre, e Meryl Streep, in ruolo minore ma in grado di elevare al cielo il livello generale. L’aristocratica zia March, infatti, vecchia e con la puzza sotto al naso, è ciò che di più divertente potrete vedere in questo film.
Minuto dopo minuto questa strana famiglia diventerà anche un po’ la vostra, e insieme riderete, piangerete e vi emozionerete.
PICCOLE DONNE: UNA STORIA DA CONTINUARE A TRAMANDARE
Nel corso degli anni Piccole donne ha goduto di numerose trasposizioni cinematografiche e televisive, ma l’operato della Gerwig non si può definire un semplice remake. L’adattamento della regista ha permesso di farci innamorare nuovamente di un grande classico, attraverso una personale rilettura. Un punto di vista contemporaneo che non ha minato l’essenza del romanzo.
Dalla pellicola emerge il lato femminista della vicenda, quello che spinge la protagonista a lottare per ottenere dei diritti di cui è ancora priva, così come fu anche per la stessa scrittrice. Non è un mistero infatti, che Jo sia in realtà un alter ego della Alcott, e che il libro si ispiri alla vera vita dell’autrice e delle sue sorelle.
Nel descriverne il legame, il film ci mostra la genuinità della loro unione che, nonostante i diverbi adolescenziali e le tipiche invidie femminili, alla fine si dimostra sempre indissolubile e superiore ad ogni ostacolo. Una sorellanza che spesso include anche gli uomini, perché il femminismo ha sempre voluto soltanto l’uguaglianza e mai la disparità, nemmeno a parti inverse.
Avrò avuto all’incirca otto anni quando mia madre mi regalò Piccole donne. È stato in assoluto il primo libro che ho letto. All’epoca ero anch’io una piccola donna, come lo era stata lei. Lo siamo state tutte. Sta proprio in questo la forza della storia: l’aver condiviso nel tempo qualcosa di importante, che è diventato parte di intere generazioni e che bisogna ad ogni costo continuare a tramandare.
Jo March, Greta Gerwig e Louisa May Alcott ci ricordano che è sacrosanto poter decidere autonomamente della propria vita, senza dover badare ad alcuna imposizione sociale. Allo stesso modo, le altre sorelle ci insegnano che, al contrario di come possa sembrare, non è necessario essere Jo per rappresentare l’eroina della storia. La felicità è una dimensione personale ed il suo raggiungimento prevede un percorso diverso ma pur sempre legittimo. E questo vale per ognuno di noi.
Federica Brosca