La “Merce Funebre” di Tutti Fenomeni segna la linea del futuro

Nell’era dei social siamo un po’ Tutti Fenomeni. A volte mi capita di approcciare l’ascolto di qualche disco semplicemente per cercare di spiegarmi cosa ha generato un hype tale da invadere stories e bacheche di gente che la musica emergente, in buona sostanza, non sa neanche di che forma è fatta. Mosso da cotanta, edificante, curiosità e spirito avventuriero da autentico critico musicale, mi sono deciso di buon grado ad approfondire “Merce Funebre”, il disco d’esordio di Tutti Fenomeni per 42 Records.

Accompagnato dal conclamato pigmalione dell’indie italiano, Niccolò Contessa, che ha curato la produzione artistica dell’album, Giorgio Quarzo Guarascio (la persona dietro al progetto Tutti Fenomeni) porge un biglietto da visita di assoluto rilievo. Ringrazio, lo faccio scivolare distrattamente in tasca e passo all’ascolto delle undici tracce che compongono l’elaborato complessivo.

La “Merce Funebre”

Il 23enne ex membro dei Tauro Boys mimetizza un passato da trapper mediante synth stratificati e una buona manciata di strumenti analogici. Il risultato è un equilibrio peculiare, esemplare unico che impressiona fin dal primo ascolto. Uno dei punti di forza di Tutti Fenomeni sta proprio nell’impatto, nel carattere che i suoi brani irradiano senza doversi abbandonare a chissà quali sensazionalismi. Poche cose ma fatte bene, testi che non hanno necessariamente un significato unico, che probabilmente in alcuni punti si abbandonano alla mera musicalità delle parole, ed un sostrato di citazionismo a fare da fondamenta dell’intero songwriting.

Nella prima parte, l’ascolto viene trainato da “Valori Aggiunti”, a tutti gli effetti una “Enjoy The Silence” da scena romana col ritornello che strizza l’occhio ai giochi linguistici de Lo Stato Sociale. La quota artistica cresce esponenzialmente col giro di boa. “Hikmet” lascia muovere lentamente i fianchi a tempo di valzer, mentre “Marcel” sembra composta dai Pop X senza la consueta vena lisergica.

Minuto dopo minuto, si prende sempre più coscienza che l’universo musicale dal quale “Merce Funebre” attinge è terribilmente esteso.  Nell’intro di “Qualcuno che si esplode” percepisci gli Offlaga Disco Pax prima di ricordati (qualche secondo dopo) che esiste anche Alberto Camerini. Ho tenuto volutamente fuori da quest’analisi Franco Battiato, ma è impossibile non percepirne l’inspirazione sulla closing-track “Trauermarsch”, almeno per quanto concerne l’impostazione del brano.

Saranno trent’anni di musica non-pop (almeno sul piano creativo, non tanto per i riscontri commerciali) condensati con misura attenta in circa trenta minuti d’ascolto. Il risultato è un disco che non avanza pretese ma lascia il segno, cantato in modo appena sufficiente e spinto alla giusta soglia di bpm da una produzione ingioiellata.

La sensazione è che Tutti Fenomeni possa animare una dancefloor imprigrita dai Negroni sbagliati (più per l’incompetenza dei baristi, che per la fattiva sostituzione del gin con lo spumante), diventando generazionale non per la capacità di sintesi di esperienze e trascorsi musicali pregressi, ma per la concreta impressione che possa tracciare la strada del prossimo futuro. Ho sentito molto filosofeggiare riguardo a paragoni altisonanti, addirittura al “Battisti-Panella degli anni ’20”. Preferisco dire che, oltre le blogosfere dell’hype, ho scoperto un bel disco d’ascoltare.

Merce Funebre - Tutti Fenomeni

Tutti Fenomeni con gli Ovini in copertina

Piccolo aneddoto: Nel 1974 Francesco De Gregori pubblicò il secondo disco solista (terzo, tenendo conto dello split album con Venditti). Questo vinile era senza titolo, riconoscibile solo per la presenza, a sua volta, di un ovino in copertina. Lo stesso De Gregori lo ricorda come “il disco con la pecora”, ed anni dopo la sua pubblicazione affermò: «dopo aver firmato il contratto con la RCA […] feci il disco con la Pecora, che secondo me è il disco più brutto che ho fatto».

Egoisticamente, spero non si ripeta la stessa dinamica con “Merce Funebre” ed il suo agnello con la corona. Per me è ottima merce, e poi ci tengo a mantenere una certa credibilità professionale.

 

Giandomenico Piccolo

Giornalista | Creativo | Direttore di Scè dal 2018. Collaboro con diverse testate e mi occupo di ufficio stampa e comunicazione digitale. Unico denominatore? La musica.

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