All’alba dei suoi 79 anni, Bob Dylan continua a sorprendere il pubblico con l’uscita di Murder Most Foul, qualcosa che non può essere definito una semplice “canzone”.
Dylan lo ha annunciato con un tweet: “Saluti ai miei fan e follower con gratitudine per tutto il vostro supporto e la lealtà nel corso degli anni. Questa è una canzone inedita che abbiamo registrato qualche tempo fa, che potreste trovare interessante. State al sicuro, state attenti e che Dio sia con voi.”
Con alle spalle decine di premi tra cui otto Grammy Awards, un Oscar e un Golden Globe (entrambi nel 2001 per Things Have Changed, colonna sonora del film Wonder Boys), due lauree Honoris Causa in musica (nel 1970 presso l’Università di Princeton e nell’Università di St. Andrews), spicca il Premio Nobel per la letteratura ricevuto il 13 ottobre 2016.
In quell’occasione la segretaria dell’Accademia Reale Svedese, Sara Danius, aveva dichiarato:
“Se si guarda indietro a 2500 anni fa, si incontrano poeti come Omero o Saffo che scrissero testi che dovevano essere interpretati o ascoltati anche con l’accompagnamento di strumenti musicali. Lo stesso accade con Bob Dylan. Noi leggiamo ancora Omero e Saffo e ci piacciono, anche Dylan può e dovrebbe essere letto oggi, perché è un grande poeta“
Oggi, a distanza di quattro anni da quell’affermazione non possiamo che confermare la vena poetica e umana che contraddistingue uno dei Maestri della musica mondiale.
Murder Most Foul, Bob Dylan
“Muster Most Foul” ha un impianto musicale di 16 minuti e 56 secondi (supera addirittura “Highlands” estratta dall’album “Time Out of Mind” del 1997 e lunga 16 minuti e 31 secondi) in cui un piano, dei piatti e un violino accompagnano il racconto dell’uccisione di John Fitzgerald Kennedy avvenuta il 22 novembre 1963, “un giorno che vivrà nell’infamia” canterà Dylan.
Come già aveva fatto in Roll on John (estratto da Tempest, 2012) dando una personalissima lettura degli ultimi momenti di vita di John Lennon, Bob Dylan ci regala un quarto d’ora per stare in silenzio (e in questo momento più che mai ne abbiamo veramente bisogno!).
Raccontando in prima persona attraverso il punto di vista di J. F. Kennedy, la dolce voce rauca ripercorre le suggestive peculiarità degli anni ’60 come Woodstock, l’età dell’Acquario, i Beatles, Marilyn Monroe, il dramma di Altamont, Buster Keaton e Houdini.
La seconda parte della canzone è caratterizzata dall’anafora “Play…” che rievoca delle canzoni e sembra giocare, come fosse un caleidoscopio, con la sua memoria.
Forse, è quello che stanno facendo molti suoi fan, chiusi in casa a pensare al passato impotenti nel realizzare il futuro e incapaci di vivere il presente.
Forse, questo pezzo monumentale era predestinato ad essere un antidoto al rumore monotono e opprimente che ci sta invadendo.
A voi l’ascolto!
Santina Morciano