Le idee hanno bisogno di tempo. Giorni, mesi, anni per maturare; si assopiscono per poi tornare più esplosive di prima, e, insieme al tempo, spesso si alimentano di chilometri percorsi. Proprio come quelli che i tifosi macinano per seguire in trasferta la propria squadra del cuore.
L’idea di Francesco Lettieri che ha portato alla forma concreta del film “Ultras” è nata, per sua stessa ammissione, durante la scrittura del soggetto del videoclip “Frosinone” di Calcutta. Nel corso di cinque anni, la storia si è evoluta passando da Latina a Napoli, dallo Stadio Francioni al San Paolo, ed il leader del gruppo Apache “Er Mohicano” è diventato contestualmente “O’ Mohicano”.
Ultras
La sinossi è presto spiegata: Sandro (O’ Mohicano) ha cinquant’anni e guida un gruppo storico di tifosi biancazzurri, gli Apache. Condannato alla misura restrittiva del D.A.SPO. sente i propri valori vacillare gradualmente. Il bisogno di una vita normale e l’interesse per una relazione ai primordi si scontrano con le criticità di un presente tumultuoso, fatto di insidie arroganti da parte delle nuove generazioni, ambiziose ma determinate a conseguire i propri scopi prevaricando gerarchie e regole. In parallelo a tale vicenda, un binario che racconta l’amore e l’amicizia, i legami con Terry e con Angelo, tifoso sedicenne che insieme ai suoi amici considera gli storici Apache la propria famiglia.
COERENZA E MENTALITÀ
Non è un caso che il film si apra con un matrimonio: Sandro raggiunge, sulla sua caratteristica moto da enduro, il proprio gruppo di tifosi pronto a tributare gli onori ad un amico che sta convolando a nozze. L’esterno di quella chiesa tornerà nelle fasi successive della pellicola, confermando l’importanza rivestita dai dettagli nella narrazione creata da Francesco Lettieri e Peppe Fiore (che ha collaborato alla scrittura del soggetto).
Partendo da una storia classica, per elementi e sviluppo di trama, il film vive di sfumature che aiutano a comprendere ed apprezzare dove si vuole andare a parare. Un’esitazione nel dialogo, le note di Liberato (in tale contesto, la clip di “We Come From Napoli” a tutto gli effetti è uno spin-off visivo del film) che entrano con preciso tempismo, una scritta sul muro mostrata in secondo piano. Elementi ricorrenti che tornano di gran carriera a seguito della forte sperimentazione del regista nell’ambito dei videoclip.
Confermando la straordinaria ricchezza geo-estetica del capoluogo partenopeo, “Ultras” vive nella zona flegrea, tra vulcani inesplosi e rovine greco-romane, lontano dal centro storico e dalle periferie di Gomorra e delle clip di Liberato. I colori e le inquadrature contribuiscono a loro modo al gioco di equilibri del lungometraggio. L’atmosfera, riscaldata dall’ultimo sole dello scorso decennio (le riprese si sono svolte nell’estate 2019, subito dopo la pubblicazione del progetto Capri Rendez-Vous) è continuamente sospesa tra i giorni nostri ed un consistente sapore di anni ’80. Stesso discorso per la messa in scena ed il rigoroso lavoro fatto in questo settore, attraverso precise valutazioni che coinvolgono edifici ed arredamenti interni.
Ultras, TRE GENERAZIONI IN QUARANT’ANNI
Perché questo ideale ponte che raccorda quattro decenni è la chiave che fa funzionare l’incontro/scontro di tre generazioni. Da una parte gli ultras vecchio stampo (riconoscibili anche dal look; che a tratti ricorda la moda inscenata nel film “Quel ragazzo della curva B” scevro dal genuino entusiasmo di quel tempo), con le loro regole (condivisibili o meno) ed un comportamento che non accetta individualismi; al centro i “giovani leoni”, ragazzi tra i 20 e 30 anni assetati di potere, che si identificano con la sottocultura casual e l’esercizio della violenza; all’altro estremo i ragazzini appena sedicenni che, attraverso gli occhi di Angelo, vedono la vecchia guardia come il reale riferimento e non si allineano ad abbigliamento conformato ed azioni prestabilite.
Ognuno, per pura scelta registica, ha ruolo ed idioletto cristallizzato nello sviluppo narrativo, creando dualismi anche nelle singole fasce generazionali. Gabbiano e Pechegno bramano entrambi il comando, la differenza sta nel puro approccio violento del primo in contrasto alla sottile retorica del secondo. Due facce della stessa moneta di “Ultras”.
L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEGLI EQUILIBRI
Molteplici crisi che portano a scontri, sia con l’esterno che nello stesso nucleo, in un mondo come quello ultras che a sua volta attraversa una notte buia, lontano dai fasti di un tempo raccontati nei dialoghi. L’amaramente decantato sentimento d’appartenenza è un legame confuso ma comunque profondo, dove il sangue resta elemento nodale, sia quello che pompa nelle vene per raggiungere un orgasmo sia quando invade un viso, che diventa maschera rossa alla fine di una scazzottata.
Lettieri racconta una storia (legandosi a forti riferimenti, come ad esempio l’onnipresente 1926, anno di fondazione del Napoli calcio, ma al contempo evitando citazioni dirette) squisitamente frutto di fantasia, che vuole e tenta d’essere pura, macchiata suo malgrado dalle ombre del presente che ha incancrenito codici, etica e passione. Alcuni risvolti vengono volutamente esclusi ma nel complesso il dinamismo degli equilibri ed il gioco progressivo delle rimodulazioni funziona.
TIENELO A MMENTE CHI È ‘O BBUONO E CHI ‘O MALAMENTE (*)
Questo film non vuole insegnare nulla, ed infatti ogni spettatore potrà farsi la sua idea sulla vicenda raccontata, sul mondo del tifo più appassionato, sullo snodo finale e cosa può lasciare nella mente e nel cuore. È oggettivo il coraggio di aver trattato, con il rischio di scontentare qualcuno, una tematica dannatamente multisfaccettata (anche io, quando impegnato a fare il giornalista sportivo, ho qualche difficoltà nel comprendere determinati comportamenti dei tifosi) con eleganza e delicata dedizione al proprio canone artistico. Francesco Lettieri dimostra che, dopo aver tracciato una linea visiva importante e personale nel mondo dei videoclip, può farsi strada anche nel settore dei lungometraggi, contando su collaboratori fidati ed idee irrobustite dal naturale decorso del tempo.
Non buttiamole mai via, queste idee.
P.S: ci sarà un nuovo disco di Liberato, tempo al tempo.
Giandomenico Piccolo