- Ciao Karim! Stiamo vivendo un periodo inedito che ha trasformato la percezione del tempo cambiando radicalmente la nostra routine. Si rischia di dipendere da uno schermo, che sia per lavoro o per piacere. I nostri nuovi coinquilini sono le piattaforme streaming musicali (Spotify, Apple music, etc) e cinematografiche (Netflix, Amazon Prime, etc) che accompagnano la monotonia di queste giornate. L’ampia scelta di prodotti, però, porta spesso a non sapere cosa scegliere e si finisce per riascoltare o rivedere i soli contenuti. Te la senti di dare qualche consiglio ai nostri lettori?
Ciao a tutti.
Dare consigli centrati è sempre arduo, alla fine ogni persona è un’isola e, soprattutto in un contesto del genere, diventa realmente stratificato e soggettivo il modo attraverso il quale si vive ogni giornata.
Personalmente questa quarantena mi sta dando l’opportunità di passare più tempo con la mia famiglia, che, di media, tra tour, prove, produzioni, studio di registrazione e giri vari, non vedo almeno per un terzo dell’anno. In queste ultime 5 settimane ho cercato di passare più tempo possibile con loro e di stare il più possibile lontano dagli schermi di cellulare, TV e computer.
In uno scenario normale fare ogni tanto un’indigestione di film e serie tv ha un suo senso, perché il tutto si bilancia con lo scorrere naturale della vita collettiva e dei rapporti. Abbiamo mille input, camminiamo, viaggiamo, stiamo in un mondo antropizzato ma anche naturale, viviamo il sole, la pioggia, il vento insieme all’energia della città in movimento, piccola o grande che sia. In questo momento storico passare tutto il giorno davanti ad uno schermo è (parlo a titolo strettamente personale) pesante e malsano.
Poi ovviamente c’è chi deve farlo per lavoro ed in quel caso non c’è scelta.
Sto scegliendo un film da vedere ogni sera ed una serie della quale guardo solo 2 puntate per volta. In quest’ultimo mese ho ripreso in mano le filmografie di Elio Petri, di Tarkovskij e di Polanski, gustandomi i lungometraggi che mancavano all’appello. Nel mentre ho affiancato l’ultima stagione di “The Crown”, favolosa, anche se mi ha un po’ turbato il cambio di cast, nonostante l’avviso di Peter Morgan.
Prossimamente invece voglio rivedere tutti i film di uno dei miei eroi cinematografici: Bill Murray. È uno dei pochi attori che mi accompagna fin dall’infanzia; sono cresciuto con lui, ed è una sorta di eroe/coperta di Linus.
Per quello che concerne la musica ed i libri invece non credo esista un limite di ore, si può anche tirare dritti ad libitum… e forse è la cosa migliore da fare.
Questa pandemia mi ha permesso, finalmente, di leggere “L’uomo senza qualità” di Robert Musil, una valanga di pagine che volevo affrontare da anni.
Consiglio di cuore “Memorie di Adriano” della Yourcenar, i libri del buon Emmanuel Carrère, “Il Primo dio” di Carnevali, “In ogni caso nessun rimorso” di Pino Cacucci, “The basketball diaries” di Jim Carroll, “Please kill me”, “Il sovversivo” di Corrado Stajano, i due volumi di “Patria” di Enrico Deaglio, “Open”, e tutti i libri di Céline, Camus, Tolstoj, Simone de Beauvoir e Dostoevskij.
- Potresti consigliare ai nostri lettori i dieci album che secondo te dovrebbero essere assolutamente ascoltati?
1- Billie Holiday- “Lady sings the blues”
2- Stooges – “Funhouse”
3- Converge- “Jane Doe”
4- Black Sabbath- “Vol.4”.
5- Slayer- “Reign in blood”
6- Fela Kuti- “Zombie”
7- The Monks- “Black monk time”
8- Frank Zappa – “The Grand Wazoo”
9- Aphex Twin – “Classics”
10- John Coltrane- “A love Supreme”
- Quali sono stati i cantanti o i gruppi che ti hanno segnato e insegnato maggiormente nella tua formazione musicale?
La musica ha iniziato ad avere un peso davvero influente nella mia vita dai 13 anni in poi.
Come per molti altri miei coetanei i Nirvana rappresentarono un terremoto; un’epifania.
Dai 14 anni mi sono tuffato di testa nei dischi di Melvins, Aphex Twin, Ramones, Stooges, Birthday Party, Nick Cave, Sonic Youth, Mudhoney, Smashing Pumpkins, TAD, NOFX, Korn, Deftones, Pantera, Sepultura, Joy Division, Slayer, Minor threat, Bad Brains, Misfits, Black Flag, Cramps, Minutemen, Husker Du, Black Sabbath, Sex Pistols, Damned e tantissimo metal ed HC (italiano ed estero).
Sicuramente, oltre a questo, il noise, il post HC ed il post rock hanno occupato un ruolo primario negli ascolti dai 16 ai 20 anni. La mia prima band “seria”, i Lillayell, con la quale feci i primi dischi ed i primi tour, era un tentativo di mix tra quelle sonorità.
Dal punto di vista chitarristico e vocale (con i Lillayell suonavo la chitarra e cantavo) quegli approcci mi hanno fuso il cervello. Ho adorato alla follia, ed amo ancora oggi, band come Fugazi, Shellac, Slint, Drive like Jehu, Rapeman, Big Black, Don Caballero, Tortoise, Butthole Surfers, Jesus Lizard, Unsane, Trumans Water, U.S. Maple tutta la scena noise italiana (Uzeda, One dimensional man, Keen toy, Jerica’s, Three second kiss), Mogwai, Tarentel, Godspeed You! Black emperor, Silver Mt. Zion, ed i primi Modest Mouse.
Dai 20 anni in poi, grazie anche ad amici molto più aperti di me musicalmente, diventai meno settario ed iniziai ad ascoltare tutto quello che potevo. Scoprii Frank Zappa, Captain Beefheart, il prog ed il jazz (in particolar modo John Coltrane). Fu un’illuminazione.
Queste scoperte mi aprirono gli occhi su quanto la policromia e la varietà nella musica fossero fondamentali, e mi fecero anche cambiare completamente idea sull’importanza del conoscere la teoria musicale, che, fino a quel momento, ritenevo, in modo molto arrogante, marginale e quasi inutile.
Mi scoppiò nel cervello una voglia febbricitante di scoprire e studiare nuova musica, una voglia che, per fortuna, ho ancora oggi. Più studio ed ascolto, più mi rendo conto in modo oggettivo di quanto io sia ancora, sotto tantissimi aspetti, profondamente ignorante. Ma il bello è proprio questo: l’avere SEMPRE qualcosa da imparare. Ed è qualcosa di esaltante che, insieme a poche altre cose, per me fondamentali, dà un senso alle cose quando mi sveglio.
Ho avuto anche il culo enorme di ritrovarmi al tempo (2001/2002) in un momento storico nel quale i vinili non li voleva più nessuno. Non avevo mai amato molto i Cd, e feci dei veri e propri affari, portandomi via scatoloni con 100 LP a botta, pagandoli, in molti casi, 50 centesimi a disco. In quel periodo la mia collezione era abbastanza risicata: un centinaio di vinili, 300 cassette ed una cinquantina di cd.
Nel giro di pochi anni, grazie anche alla crescita di internet, trovai molta gente sparsa per il mondo che dava via interi stock a pochissimi soldi: riuscii ad accaparrarmi album di Neil Young, Brian Eno, Faust’O, Ivan Graziani, Paolo Conte, Philip Glass, Billie Holiday, Albert Ayler, Enzo Jannacci, Jacques Dutronc, Nino Rota, Edgar Varese, Steve Reich, Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald, Velvet Underground, Tom Waits, Lounge lizards, David Bowie, Iggy Pop, Dead Boys, Johnny Thunders and the heartbreakers. Roba bellissima di etichette fotoniche come SST, Dischord, Quarterstick, Touch and go, tantissimo prog, garage, blues, afrobeat, classica, jazz, post-punk etc etc.
Insomma, una marea di dischi che mi portavo a casa ed ascoltavo uno dopo l’altro compulsivamente, mentre mi rigiravo nelle mani le copertine, leggendo i credits e perdendomi negli artwork.
La mia attuale collezione nasce così, e con quello spirito; acquistare, per l’80%, cose mai ascoltate o conosciute solo di nome. In parallelo a tutta questa musica favolosa resistono da tempo due grandi amori: quelli per la classica e per l’elettronica.
Il primo nacque durante l’infanzia; era il genere che principalmente si ascoltava in casa mia quando ero bambino, insieme alle marce militari, i canti sardi, Maria Carta, Fausto Papetti e Lucio Battisti. La passione per l’elettronica invece la devo ad Aphex Twin (comprai a caso alla mitica e storica Wide di Pisa “Classics” quando ero in seconda superiore e me ne innamorai) e ai rave e i teknival frequentati quando ero ragazzino: techno, house, IDM, gabber, hardcore, psy-trance, jungle, drum’n’bass e tantissima ambient, generi che in larga parte ancora oggi amo molto.
- Nell’attuale scena musicale italiana ci sono secondo te degli artisti sottovalutati che meriterebbero maggiore visibilità?
Secondo me il termine “sottovalutato” è sempre difficile da definire e da avvicinare come aggettivo ad una band o a un musicista, lo stesso vale per la visibilità.
Dipende molto dal tipo di musica proposta, dal periodo storico, dal mercato musicale, dall’”obiettivo di audience” che si pone la band e dall’interagire di queste 4 cose. È, opinione personale, molto relativo e contestuale; non riesco a rispondere a questa domanda in modo oculato, mi dispiace, perdonami.
Tra gli italiani ascolto molto Giovanni Truppi, Iosonouncane, Lucio Corsi, Alessandro Fiori, gli Storm{O}, Alessandro Cortini, il maestro Teho Teardo e Giovanni Succi in tutte le sue vesti.
Santina Morciano