Dove le parole finiscono inizia la Musica (come cura ai tempi del COVID19)

Febbraio 2020: nell’ospedale di Wuhan medici e pazienti ricoverati, affetti da coronavirus, ballano nella hall. “Speriamo di rendere l’atmosfera più positiva portando i pazienti a fare alcuni esercizi di respirazione e ballando di tanto in tanto”. Queste le parole di Chen Xiaoyan, capo infermiere dell’ospedale.

Tutte le forze, si sa, ora sono concentrate per curare i pazienti attraverso la medicina ma c’è chi, impotente, non può far nulla se non cercare di tenere su il morale – fattore comunque importante. Non solo la Cina, ma tutto il mondo si è rallentato, sospeso o fermato. C’è però chi non si ferma e come il virus non conosce confini: la Musica.

#iosuonodacasa, #lamuscanonsiferma, non sono solo hashtag ma un insieme di iniziative nate in giro per l’Italia (e non solo) per rompere le attese in questi giorni di incertezza e solitudine forzata. Dalle grandi rockstar internazionali, come la sacerdotessa del rock, ai protagonisti dell’heavy metal, a Brian May, senza trascurare la scena musicale italiana. Artisti emergenti e cantautori o cantanti famosi che sfruttano la tecnologia sfidando i confini fisici che ci dividono. In diretta streaming si organizzano “ piccoli concerti casalinghi” improvvisati.

Spesso tutti insieme un po’ in stile di Rockin’ 1000. Se è vero che i concerti, così come progetti discografici e gli eventi sono sospesi o annullati, la musica comunque non si può arrestare, perché ha il dono ed il compito di trasmettere emozioni e messaggi positivi, di consolare e tenere compagnia.

Musica life

Dove le parole finiscono inizia la musica

“Dove le parole finiscono inizia la musica” diceva Heinrich Heine . Non solo professionisti. In questo clima la musica più che mai è al servizio di tutti. Non è necessario essere artisti di fama mondiale per regalare un sorriso a chi sta in casa. Ecco che dai balconi italiani di Napoli, Roma, Firenze, Pavia, Siena, Milano si intonano canzoni, stornelli, ci si diverte per quanto si può. E si usano impianti hi-fi, chitarre, sassofoni, tamburelli, violini, pentole e altri strumenti di fortuna o le semplici voci come forme di resistenza. Una “chiamata alle armi” in stile Woodstock di una pagina epica della storia. In questo senso la musica funziona da catalizzatore sociale.

Si intonano canzoni di ogni genere, di cantautori che non ci sono più ma la cui presenza si fa sentire eccome. Aveva ragione Ezio Bosso quando diceva che “chi scrive la musica la scrive per lasciarla a qualcun altro, […] è un atto d’amore”.

Non sarà la musica a salvarci dal nemico invisibile, a quello ci pensano altri eroi, ma di sicuro ci aiuta a resistere con un po’ di leggerezza.

“La musica dà forza, allontana la paura, ci fa sentire più sicuri. Questa è la sua funziona terapeutica e curativa più grande. Combatte la paura, combatte le ansie ed i fantasmi, il più grande dei quali è la morte. Se questo è vero, allora la musica è la più alta espressione di energia vitale che esita”. Angelo Branduardi in un suo live parlava così.

E allora in questo clima di attese riscopriamo un vecchio cd, scopriamo nuove proposte, improvvisiamo qualche passo in salotto, come ci insegnano gli amici della Notte della Taranta. Carichiamoci e scarichiamoci, impariamo – perché no – a suonare qualche strumento. Insomma, serviamoci anche della musica per tenerci compagnia. Manteniamoci vivi. Forse tutto questo ci servirà, una volta usciti, anche ad apprezzare di più il suono di un tamburello per strada o un ballo tra la folla di un concerto!

 

Claudia Avena

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