Un primo passo, significativo, nel panorama discografico italiano: Adduci si presenta con il singolo d’esordio intitolato “Parte di me“, canzone che in centottanta secondi racchiude il nuovo cantautorato, una vena malinconica che ricorda “Close to me” dei Cure ed un ritornello melodico che colonizza i pensieri e non va più via.
Ne abbiamo parlato con la persona che dà nome e corpo al progetto, l’autore di questo brano che segna un importante episodio nel filone della (ri)scoperta della forma pop.
Adduci – Quattro chiacchiere su “Parte di me”
Ciao Vincenzo, come stai e soprattutto come hai passato questi mesi molto particolari?
Ciao Giandomenico! Ho vissuto questo ultimo pezzo di storia contemporanea in due fasi, ma parlo di due fasi diverse da quelle indicate dalla pubblica amministrazione. Nella prima ho perso un po’ il controllo, mentre ho dedicato tutta la seconda a riprenderlo. Il bilancio è positivo, o meglio, negativo se consideriamo i 5kg in meno che segna la bilancia!
Da qualche giorno hai pubblicato il nuovo singolo “Parte di me”. Hai deciso di esporti col tuo nome, e mi sembra che tu stia sviluppando il tuo percorso di scoperta nella forma pop della canzone.
Credo tu abbia centrato esattamente il punto, ognuno di noi è impegnato in un percorso e per me era giunto il momento di metterci la faccia. Le sfumature di una canzone pop possono essere infinite. Ciò che le rende tali è la ricerca di un compromesso linguistico in funzione del media di destinazione. Quando è nata la radio le canzoni hanno mutato la loro forma includendo un ritornello, per essere riconoscibili e restare nella testa dell’ascoltatore. Sono poi diventate video con MTV e hanno addirittura cambiato volume alla nascita dei primi lettori mp3 portatili, per suonare più forte degli altri nel contesto di una riproduzione shuffle (la cosiddetta loudness war). I compromessi di oggi sono molti e molto più sottili: io ne sono affascinato, ma allo stesso tempo vivo questo mestiere come una missione e lotto con tutte le mie forze per esprimere cultura e dare dignità alla poesia.
Alla sezione ritmica sei stato supportato da Giuseppe Porciello e Mario Palladino. Credo abbiano dato un ottimo contributo al brano ed in generale mi sembra di sentire molto Fabi e Gazzè in questa canzone. Hai qualche fonte d’ispirazione ben precisa?
Giuseppe e Mario sono stati per me due compagni di viaggio eccezionali. Trovo che l’intesa che riusciamo a raggiungere quando lavoriamo su un’idea sia una cosa impagabile. Penso di essere profondamente influenzato da tutto ciò che ascolto e credo sia un processo naturale per qualsiasi artista: si pensi all’influenza di Beethoven per Wagner, e a quella di Wagner per Mahler. Credo che chiunque decida di esprimersi nel mondo del pop abbia elaborato direttamente o indirettamente un’influenza beatlesiana. Come autore italiano ho cercato la mia verità in Ciampi, in Tenco, in Endrigo, Paoli, ecc. E l’ho trovata in infiniti posti, anche in progetti più vicini a me temporalmente, su tutti gli Amor Fou di Alessandro Raina, Giovanni Truppi, Emanuele Colandrea. Potrei citarne centinaia: questa è la mia vita!
Com’è nata la collaborazione con l’etichetta Adesiva Discografica?
Ho conosciuto Paolo Iafelice di Adesiva Discografica grazie a Lele Battista, quando eravamo alla ricerca della perfezione per il mix dei miei lavori. Ho poi scoperto di conoscerlo già benissimo, visto che c’era anche la sua mano dietro alcuni dischi che ho letteralmente consumato come L’uomo a metà di Jannacci o Anime salve di De André. In quella occasione ho avuto modo di scoprire la bella realtà che ha costruito negli anni e mi sono ritrovato nell’indirizzo artistico della label, principalmente orientato al cantautorato italiano. Sono davvero felice che abbia scelto di accompagnarmi in questo percorso!
Questo ottimo antipasto ci lascia ingolositi in attesa del disco. Sai dirci quando uscirà?
Al momento navigo a vista: so dirti che uscirà, ma non so ancora dirti quando. Presto però pubblicherò nuovi singoli!
Giandomenico Piccolo