Affinità-divergenze tra Frah Quintale e noi. La recensione di Banzai

Amarti m’affatica, mi svuota dentro
Qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto

Proprio non riesco a togliermi dalla testa questo parallelismo tra i CCCP ed un artista agli antipodi per età anagrafica, stile musicale ed estro artistico. D’altronde la vita è tutta un gioco di affinità e divergenze, un equilibrio che Francesco Servidei, meglio noto come Frah Quintale, modula per confezionare il “Lato Blu” del suo nuovo disco “Banzai“, edito da Undamento, che arriva a tre anni di distanza da “Regardez Moi“.

Canzoni nelle quali ritrovarsi, o che in alternativa ti fanno pensare a cosa hai fatto in modo diverso, tutte unite da un fil rouge molto robusto: i sentimenti, e tutte le energie che ci portano via.

 

 

Frah Quintale – Banzai – Lato Blu

 

Partiamo dal nome del disco, che in questo caso è emblema delle tematiche affrontate: l’attacco banzai di matrice nipponica era una carica, un’orda umana che si scagliava contro il nemico, mossa dall’entusiasmo, dalla volontà e dalla ferma convinzione di difendere i propri (giusti) ideali. È come quando ti innamori e finisci per dare tutto te stesso: non c’è interesse per come andrà a finire, tu vai avanti, continui a darti da fare e ti sfinisci, anche a costo di restare con un pugno di mosche. Il concept trova corpo e voce nel fu rapper bresciano, coadiuvato dal fidato Ceri e dalle new entry Crookers e Bruno Bellissimo per confezionare un sound nuovo, una linea di cantautorato che prende dall’America dei grandi nomi per restituire nuova linfa al cantato nostrano.

I sentori erano già ben presenti dalle pubblicazioni dei singoli “Contento” e “Buio di giorno”: di questa seconda release esiste una versione cantata sulla base di “Redbone”, brano di Childish Gambino. Perla che mette a fuoco i parametri di riferimento di Banzai.

L’ascolto scivola come una goccia su un bicchiere di gin tonic in queste prime serate estive. Frah Quintale smette di ammiccare all’indie-pop per plasmare un registro stilistico personale e riconoscibile senza scadere nel mero sperimentalismo. C’è il falsetto, quando serve. Ci sono parole sussurrate, pronunciate con pigrizia, urla ed incazzature. C’è la vita quotidiana, niente di più, niente di meno. E se un attimo prima hai dubbi del tipo cosa ne so se dietro a quei due occhi da bambina c’è il diavolo in persona oppure no non c’è da meravigliarsi se finisci per dire “oggi io sono contento, ho tutto quello che ho chiesto“. È la vita, sono i sentimenti che contribuiscono a formare le affinità tra Frah Quintale e noi.

 

frah quintale

Le divergenze stanno nel modus operandi, perché “Le cose sbagliate” è un’ammissione di colpa in formato pillola da cento secondi, ed anche perché “è sempre meglio ferire prima di essere ferito” presente in “Lambada” diventa il Teorema degli anni ’20 con le drum machines in uptempo. Sono cose che facciamo tutti, ma non è per niente giusto se ad una persona le vuoi bene, in special modo quando la società elargisce gratuitamente ferite.

È tutto un gran casino e nessuno ne esce da vincitore o vinto: Frah Quintale ci offre una personale, tuttavia condivisibile, visione delle relazioni mischiando musica pop, chill, wave electro da Jamie XX, soul e gospel che strizzano l’occhio a Kanye West e molto altro ancora, per chi ha orecchie abbastanza attente ed educate.

Sono canzoni che ti fanno venire voglia di avere a cuore una persona per dedicarle.

Vada come vada, proprio come i soldati che si sacrificavano al grido di “Banzai!”.

Alla fine, un messaggio visualizzato e non risposto ha mai fermato qualcuno?

 

Giandomenico Piccolo

Giornalista | Creativo | Direttore di Scè dal 2018. Collaboro con diverse testate e mi occupo di ufficio stampa e comunicazione digitale. Unico denominatore? La musica.

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