Hip Hop, Golden Age: 5 Motivi che l’hanno resa tale

Dalle radici, si sa, non si può prescindere. Per questo motivo, attraverso la nostra rubrica dedicata all’evoluzione dell’Hip hop, abbiamo ripercorso i momenti fondanti del fenomeno e ci eravamo lasciati sulla linea di confine degli anni Ottanta, prima che il genere esplodesse definitivamente.

I testi, i suoni e persino lo stile e la personalità degli artisti si facevano sempre più eclettici.

Ci si stava aprendo alle influenze degli altri generi musicali, interiorizzando alcuni tratti e riproponendoli in modo originale, così i sottogeneri dell’Hip hop proliferarono. Ogni singolo in uscita avrebbe potuto dare il via ad una nuova corrente o rimescolare tutte le carte. Insomma, le innovazioni degli anni Ottanta stavano dando i loro frutti e il talento di molti nuovi rapper stava fremendo per venire alla luce. E come ogni periodo storico “di luce” e massimo splendore che si rispetti, anche l’Hip hop ebbe così la sua “età dell’oro”.

Elencare tutti coloro che resero questa fase così significante sarebbe difficile e poco esaustivo. Così, anche questa volta, preferiamo proporvi un itinerario dei volti e dei brani più simbolici.

N.W.A.

“Non avevamo idea di quello che sarebbe successo. Volevamo soltanto diventare le star del nostro quartiere”.

Così Dre, Ice Cube, Eazy-E, MC Rene DjYella, i componenti storici del gruppo noto con l’acronimo di “N.W.A.” (che sta per Niggaz with Attitudes), cercano di definire l’enorme successo che ebbero dopo l’uscita dell’album Straight Outta Compton nell’agosto del 1988.

Questo disco spostò il focus dell’epoca su Los Angeles e sulle problematiche sociali della costa Ovest, in particolare attirò l’attenzione su quello che era considerato il quartiere più violento della città: Compton. Tra le parole dei brani scorre il sangue delle violenze di strada, il suono dei proiettili e lo slang legato allo spaccio di droga. A volte sembra quasi di sentire l’eco disturbante di una voce piena di rabbia, rancore e nichilismo che ci porta direttamente negli angoli più bui del ghetto. Ed è proprio qui che troviamo un punto di svolta: la diffusione del gangsta-rap.

Ma chi è il “gangster”? Da cosa nasce l’immaginario che vi è dietro? Per definizione, il gangster è un criminale organizzato, magari capo di una banda. Nella musica Hip hop questo termine è associato alle atmosfere di violenza spietata, priva scrupoli e designa coloro che hanno una reputazione “da strada”. Un immaginario, insomma, che ha fomentato l’aura da duri che aleggia sui rapper.

Gli N.W.A. furono così tra i primi a parlare senza filtri di un mondo in cui esci da casa e rischi di essere ucciso. Il fenomeno mediatico che li convolse, quindi, da un lato spaventò i genitori americani degli anni Novanta, ma dall’altro fece della strada un vero e proprio stile di vita e di musica. Vi lasciamo allora sulle note di Fuck tha Police, un inno simbolico degli N.W.A, nonché considerata una delle cinquanta canzoni rap migliori di sempre.

Rakim

Pseudonimo di William Griffin, Rakim è noto come uno dei rapper migliori della storia, soprattutto per via del suo potere lirico e per la capacità di segmentare in modo originale tematiche difficili nei suoi versi. Il suo legame con la scrittura risale a quando aveva solo quindici anni e cercava di canalizzare la rabbia contro il razzismo estremo dell’epoca.

Nel 1985 incontra Eric Benet e fondano il duo noto come “Eric B. & Rakim”, divenendo uno dei gruppi più influenti della golden age. Il loro primo album, Paid in Full, uscì appena due anni dopo consacrando i due come pionieri della nuova ondata stilistica. Le frasi di Rakim non sono mai scontate, mai semplici, tutto ciò che scrive è impacchettato in metafore profonde che hanno fatto da modello per il conscious rap nel mondo, e ci mostrano come ci possa essere altro oltre al puro “rapping-about-rapping”. Rakim porta con sé un certo bisogno di saggezza morale che possa contrastare la violenza delle strade, aprendoci le porte sul lato intellettuale e spirituale del rap.

Nel 1997 uscì poi il suo primo album da solista, The 18th letter, di cui consigliamo l’ascolto del brano intitolato The Mistery (Who is God?).

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LL Cool J

“A New York la gente parla delle cose più assurde, farà sempre battute politicamente scorrette. Se cresci in quell’ambiente, sei meno sensibile al resto.”

Siamo sulla costa est ed è così che il rapper, classe ’68, LL Cool J (pseudonimo di James Todd Smith) ci descrive il tratto più caratteristico del luogo da cui proviene, cercando di spiegare la sua attitudine dei testi. Cresciuto a Long Island, si appassiona alla musica grazie ai dischi Jazz del nonno e si ritrova catapultato nell’industria discografica all’età di sedici anni. Il successo arriva già con il primo album del 1985, Radio.

Qualche anno dopo, nel 1989, il singolo dal titolo Mama Said Knock You Out (contenuto nell’omonimo LP) arriva in classifica come “Best rap solo”. Nei brani dell’artista spesso emerge il pesante bagaglio della sua infanzia, segnata dalla violenza; lui stesso infatti racconta di aver visto suo padre sparare a sua madre e al nonno. Tuttavia, il messaggio che ha cercato di mandare attraverso la propria esperienza è che i sogni e le aspettative di riscatto per il futuro non devono essere demolite dal passato difficile. Per chiudere, vi lasciamo con il pezzo I Need Love, una “rap ballad” a tutti gli effetti.

Queen Latifah

Universalmente riconosciuta come la pioniera del femminismo nell’Hip hop, Dana Owens è una delle artiste più eclettiche della scena di fine anni Ottanta. Crebbe nel New Jersey e fece il suo ingresso nel mondo della musica inizialmente come membro dei gruppi rap “Ladies First” e “Flavor Unit”, per poi pubblicare il suo primo album da solista nel 1987, dal titolo All Hail the Queen. Le vibrazioni che incontriamo ascoltandolo vanno dal puro Hip hop, al jazz, fino all’R&B.

I testi dei suoi album trasudano carisma, sensibilità e forza: la storia di una donna che attraverso la fede e la musica, affronta momenti tragici (si pensi alla morte del fratello maggiore in un incidente in moto) per poi affermarsi con determinazione e, allo stesso tempo, gentilezza e umiltà. Tuttora continua ad essere un punto di riferimento per molte donne e combatte ancora contro i fenomeni del razzismo e del body-shaming.

In un’intervista per il magazine “Good Housekeeping”, afferma infatti che all’età di diciotto anni, guardando il proprio riflesso nello specchio, capì che al posto di odiarsi avrebbe imparato ad amarsi e accettarsi. Un messaggio positivo che resta del tutto attuale. È il momento allora di ascoltare Princess of the Posse, 1989.

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Wu Tang-Clan

Siamo a Staten Island, è il 1991 e attorno alla figura dell’MC noto come RZA si riuniscono numerosi altri artisti, dando vita a quello che ancora oggi è stimato come il più grande super-gruppo americano d’Hip hop. Il loro logo è riconoscibile in tutto il mondo, tant’è che nel 1995 venne fondata una linea d’abbigliamento volta a rivisitare lo stile di stilisti come Ralph Lauren secondo i dettami del gruppo.

Il nome lo si deve alla passione del leader RZA per i film di kung-fu in voga negli anni Settanta, e non solo. In alcuni brani vengono addirittura proposti spezzoni tratti da queste pellicole. Insomma, l’originalità stilistica e tecnica caratterizzò il gruppo sin da subito e il successo venne sancito dal primo album, Enter the Wu-Tang (36 Chambers), non a caso disco di platino nel 1993. I brani presenti possono essere considerati pungenti, quasi bruschi, tanto da farsi modello per tutto l’Hip hop hardcore degli anni Novanta. Inoltre, singoli divenuti commerciali come C.R.E.A.M. hanno rappresentato una svolta dal punto di vista linguistico per quanti riguarda lo slang underground.

In una recente intervista di RZA per Rolling Stones, l’artista ci lascia un messaggio personale e universale allo stesso tempo che dovremmo tenere a mente:

“La conoscenza, la saggezza e la comprensione sono i primi gioielli, le prime ricchezze, che un uomo dovrebbe cercare di ottenere. Possono spingerlo a ottenere qualsiasi altra ricchezza nella vita.”

E con questo bagaglio di innovazione e saggia consapevolezza artistica, la storia della musica si preparava all’ascolto di quelle che sarebbero state le punte di diamante dei pieni anni Novanta.

Alessia Santoro

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