Vamos a la playa: un tormentone drammatico vestito da canzonetta

Sono cento giorni che non ascolto canzoni reggaeton.

Allargando la prospettiva da una mera confessione in stile alcolisti anonimi, come ben sappiamo ci si appresta a vivere un’estate molto diversa dalle solite. Lo sanno bene le case discografiche, che hanno rimodulato di conseguenza le proprie strategie commerciali, anche in riferimento ai singoli da lanciare per l’heavy rotation radiofonica e l’aperitivo balneare con consumazioni a prezzi maggiorati.

Che siano brani in spagnolo, inni trap dell’ultima ora o insipidi pezzi dance, di una cosa stiamo parlando: tormentoni estivi. Una realtà che molti temono, che altri accolgono con buona pace e rassegnazione. Ho in mente questo articolo da un po’ di anni e credo ci siano le circostanze giuste per farsi un’idea più completa riguardo ad una delle canzoni estive per eccellenza: “Vamos A La Playa“.

 

Vamos A La Playa – IL tormentone estivo

L’articolo determinativo non è messo a caso: nonostante il fenomeno sia noto alla critica musicale fin dagli anni ’60, è nel 1983 che la Zanichelli include ufficialmente nel dizionario il significato di “canzone che durante l’estate ha grande diffusione mediatica” per la parola “tormentone”. La spinta definitiva arriva con la fioritura della primavera, quando il duo torinese dei Righeira, formatosi da poco, pubblica per l’etichetta CGD “Vamos A La Playa”, hit da prima posizione in classifica confezionata in collaborazione con i guru dell’italodisco La Bionda. Un’ossessione di circa 220 secondi fatta di tastiere ariose ed elettronica, cantata in spagnolo (e non solo, ma su questo torneremo fra poco) che li porterà ad un passo dalla vittoria del Festivalbar, appannaggio di Vasco Rossi. Saranno ripagati dal successo commerciale di un brano dai toni drammatici finemente imbellettato come canzonetta leggera.

 

vamos a la playa

Di cosa parla Vamos A La Playa?

“Vamos A La Playa” (oh, oh oh oh oh; non uno di più, non uno di meno) vede la luce durante l’ultima, grossa crisi della Guerra Fredda, quando il Doomsday Clock segna 4 minuti alla mezzanotte e tra le grandi superpotenze il conflitto è qualcosa da sviluppare non solo attraverso le armi, ma con strategie che coinvolgono anche lo sport (Olimpiadi boicottate prima dagli USA e poi dall’URSS) e le arti (emblematica è l’ascesa del supersoldato Rambo). Il timore di una guerra atomica è generalizzato e palpabile, e se le canzoni sono specchio della società non è un caso che nello stesso anno il Gruppo Italiano parla di “un’abbronzatura atomica” in “Tropicana”.

A tal merito, “Vamos A La Playa” ha una particolarità: esistono due versioni del testo, spesso confuse e sovrapposte nell’airplay radiofonico. La spanish edition è, per barriera linguistica, meno “cruda” ma il surreale (ed anche inquietante significato) della canzone dei Righeira si disvela totalmente nella versione italiana. Il ritornello si presenta cinque volte lungo tutto l’ascolto: è ossessivo, coinciso ed ha l’effetto di una keyword sapientemente selezionata in ottica SEO; raggiunge perfettamente l’obiettivo prefissato (invadere i timpani di chi ascolta) e si presenta uguale nelle due versioni.

Quello che più ci interessa avviene nelle tre strofe: in entrambe le canzoni, si inizia con “la bomba estallò”, ma l’orizzonte dell’olocausto nucleare viene esposto cinicamente così nell’edizione nostrana

bagliori nucleari, ci abbronzano di più

Un riferimento neanche troppo velato alla poc’anzi citata “abbronzatura atomica”, nella seconda strofa Micheal e Johnson Righeira rincarano la dose sugli effetti della bomba

Vamos a la playa, tra statue di robot,

legioni di mutanti combattono sui surf

Dell’umanità è rimasto ben poco, e chi ha la fortuna (o più probabilmente, la condanna) di essere ancora in vita è costretto a vivere tra statue di robot (richiamo quasi Orwelliano) e terribili mutazioni genetiche, diffuse al punto tale da creare “legioni di mutanti”. Ma non è finita qui.

Vamos a la playa, la nuova onda è là,

con pizze radioattive, ci si alimenterà

Interessante notare come nella strofa conclusiva la versione spagnola sia timidamente più positiva (parlando di mare pulito ed acqua non più fluorescente) mentre in quella italiana ci si debba abbandonare all’idea che la nuova onda (riferimento neanche tanto velato alla new-wave, come corrente musicale e socio-culturale) fa scricchiolare il Contatore Geiger, e ne risente anche la cucina (da sempre, specchio della società italiana) in uno dei suoi piatti più noti al mondo (appunto, la pizza).

 

Una sera estiva di qualche anno fa stavo guidando per rincasare, quando mi sono ritrovato la versione italiana in radio e, ascoltandola per la prima volta, ho accostato per capire al meglio le parole. Mi ha lasciato esterrefatto pensare che tante generazioni hanno cantato (e continuano a farlo) con molta leggerezza un testo dalle tematiche sensibili, un monito ben occultato tra illusioni di salsedine e raggi che scottano, un po’ come appare “scottata” la pellicola del videoclip ufficiale, in piena estetica vacanziera ma dal sapore decisamente nuclearizzato. O forse, i Righeira sono riusciti a sintetizzare la triangolazione perfetta tra successo commerciale, accoglienza positiva del pubblico e necessità di cantare le cose che gli stavano a cuore. Popular. Pop, nella sua forma più pura.

Inutile nasconderci dietro un dito: l’anno attuale sarà giocoforza caratterizzato dal Coronavirus, e le liriche dove questa parola ha trovato spazio fino ad ora sono apparse davvero mortificanti. Sembra un luogo comune, ma gli anni ’80 avevano proprio un altro stile.

Per un giusto congedo esemplificativo, basti ricordare come hanno parlato della bomba gli Smiths nel 1986.

Because if it’s not love
Then it’s the bomb, that will bring us together

N.B.: Sui Righeira ci sarebbe tanto altro da approfondire, ma per adesso va bene così.

Giornalista | Creativo | Direttore di Scè dal 2018. Collaboro con diverse testate e mi occupo di ufficio stampa e comunicazione digitale. Unico denominatore? La musica.

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