Il cinema non si ferma e neppure le nuove uscite: Si muore solo da vivi è un altro nuovo film distribuito, da Fandango, solo sulle piattaforme digitali. Sebbene le sale cinematografiche siano state riaperte da settimane e l’inaugurazione dei primi drive-in italiani è nell’aria, molti prodotti continuano il loro viaggio attraverso il web.
In questo caso si parla dell’opera prima alla regia sul grande schermo per Alberto Rizzi, che ha selezionato ed unito un cast stellare. Il ruolo del protagonista è stato affidato ad un eccellente Alessandro Roja, accompagnato da grandi nomi come Neri Marcorè e Francesco Pannofino. Impossibile inoltre non citare anche le apparizioni speciali di Amanda Lear, Red Canzian e Ugo Pagliai.
SI MUORE SOLO DA VIVI | TRAMA
Sulle rive del Po scorre la vita di Orlando (Alessandro Roja), un uomo di circa quaranta anni, incapace di tener saldo un lavoro e di riuscire a sopravvivere senza dipendere dai genitori. A causa di un terremoto ha perso suo fratello e sua cognata. Ha chiuso da tempo la sua relazione con Chiara (Alessandra Mastronardi), non riuscendo a cancellarla dalla sua vita, e anche il suo storico gruppo musicale, i Cuore Aperto, non esiste più. Orlando non riesce a riprendere la sua vita nelle proprie mani, sentendo lontana una qualsiasi possibilità di resettare e ricominciare da capo. Forse, però, non tutto è perduto e l’inaspettato può accadere all’improvviso.
“E QUESTA È UNA DI QUELLE STORIE…”
Si muore solo da vivi si apre con un capitano d’eccezione (Ugo Pagliai) che ci guida in questa passeggiata nei pressi del fiume Po, con tutti coloro che popolano quel verde incontaminato. Sì, come lui afferma in primis, questa è proprio “una di quelle storie”.
La commedia – all’italiana, ma con dei richiami stilistici anche all’estero – vede come principale protagonista Orlando. Il perfetto prototipo del moderno quarantenne italiano, svogliato e senza speranze. Non ha voglia di lavorare ma vorrebbe che qualcuno lo pagasse per non fare nulla. Cerca di “seguire il flusso” del fiume, anche se questo non è abbastanza per poter campare in modo indipendente.
Questo stato emotivo, però, non può definirsi solo limitato alla pigrizia. È una condizione che si manifesta e si ripete continuamente nell’individuo insoddisfatto. Figuriamoci se questa situazione si unisce al fatto che il protagonista in questione è un musicista.
È risaputo che, purtroppo, soprattutto nel nostro Paese, e ancor di più in questo periodo, lavorare nel mondo della cultura e dell’arte non paga. Questo dato dà un’enorme contemporaneità a Si muore solo da vivi.
Orlando ha appeso il microfono al chiodo, dato il successo mai raggiunto con i Cuore Aperto. Una parte di sé sa che non potrebbe svolgere alcuna altra mansione se non quella musicale. Quella parte non ha mai smesso di crederci e si dà un’altra possibilità, riuscendo a portare alla ribalta i propri sogni nascosti nel cassetto.
Ed è proprio qui che si cela la morale del film, che cerca di suggerire allo spettatore, tramite questa visione leggera, di non arrendersi e di tentare di raggiungere i propri obiettivi anche quando sembra troppo tardi.
UN CAST DA CINQUE STELLE
Tanti sono gli elementi che rendono Si muore solo da vivi una visione piacevole. Primo tra tutti la suggestiva scenografia. Tra il verde degli alberi, il blu del fiume e il meraviglioso rosa sgargiante del palazzo in cui Orlando incontra Giusi Canaglia (Amanda Lear) si denota una grande cura per i colori.
La colonna sonora non ha particolari canzoni memorabili, eccetto per una. Per la prima volta a fare da sfondo alle vicende sentimentali ed esistenziali dei protagonisti compare La nostra ultima canzone di Motta.
Tra immagini e musica, un’ora e mezza di visione vola velocemente. Tutto questo però è ampiamente coadiuvato dalla presenza di un cast eccezionale. Primo in assoluto con cui congratularci è Alessandro Roja. Della sua interpretazione non abbiamo proprio nessuna obiezione possibile, anche se, seguendolo da anni, il risultato era prevedibile. Inoltre, in Si muore solo da vivi l’attore riesce a prendere un perfetto accento della provincia emiliana.
Dunque, con sorriso, speranza verso il futuro e nelle seconde occasioni, volge al termine la storia che scorre intorno al Po. Proprio verso le battute finali capiamo che il fiume non solo ha avuto il ruolo di sfondo delle vicende, ma quasi vero e proprio supervisore, come un’anima a sé. Infatti, viene definito: “il fiume che tutto vede, tutto sa e di nulla più si stupisce”.
Assunta Urbano