Sono mesi che ci ritroviamo, nostro malgrado, a dover monitorare costantemente il settore della musica e degli eventi in rapporto alla stretta imposta dalle istituzioni a causa del Covid-19.
Un indotto fatto di persone, lavoratori costretti a fare i conti con un precariato reso ancora più arduo dalle giornate di lavoro congelate, dalle manifestazioni in stand-by. In tempi non sospetti, avevamo già parlato del potenziale collasso che si palesava dietro l’angolo.
Sono passate molte settimane, qualche accenno di ripresa che sta per essere spazzato via dal consueto sonno della ragione.
Covid-19, discoteche prossime alla chiusura
Una curva di contagi nettamente in crescita, unito al pressapochismo di tanti cittadini in vacanza (sia in Italia che all’estero) ed eccessivo zelo da parte dei gestori dei locali in barba alle norme ministeriali, sta portando il Governo a ripensare seriamente le deroghe al DPCM che avevano permesso alle strutture della movida di riprendere a lavorare praticamente a pieno regime per la stagione estiva. Con risultati, in termini di assembramenti e potenziali rischi di contagio a dir poco disastrosi.
La situazione attuale parla della Calabria e Basilicata quali uniche regioni che hanno imposto la chiusura ai locali che lavoravano di eventi musicali notturni, come le discoteche; gli altri governatori sembrano molto restii a stringere la morsa anche a causa della prossima tornata elettorale prevista per settembre.
Gli aggiornamenti quotidiani sul versante sanitario stanno rendendo urgente ed improcastinabile una ferma presa di posizione, col Ministro della Salute Speranza che si confronta con il Ministro agli Affari Regionali Boccia e quello allo Sviluppo Economico Patuanelli per gestire la chiusura delle attività da ballo (estese quindi anche a lidi, bar e ristoranti) anche attraverso un ristoro economico diretto. Inoltre, sarà introdotto l’obbligo della mascherina dalle 18.00 alle 6 del mattino in luoghi (anche all’aperto) dove si potrebbero sviluppare assembramenti.
Tutto dovrebbe diventare definitivo e legiferato nel giro di 48 ore, ma già si stilano i bilanci che sembrano molto simili a bollettini di guerra: sul piatto c’è la salute di tutti, ma anche quattro miliardi di indotto economico e 3.500 locali dei quali solo il 10% ha lavorato a pieno regime.
Come abbiamo notato, la concertistica italiano ha rinunciato a molto in virtù di qualcosa di più importante, non sembra però esserci comunione di intenti da parte di altri settore dell’universo-intrattenimento. Quindi è necessario e giusto chiudere, segnando l’ennesima sconfitta di un Paese che si presume civile, civilizzato e con senso civico.