Mulan: dal cartoon al film, l’eroina che infastidisce la “politica”

Mulan (花木兰), remake del noto film d’animazione del 1998, è disponibile dal 4 settembre 2020 in esclusiva sulla piattaforma Disney+. L’operazione è frutto di una collaborazione cinematografica sino-americana.  Visti gli accesi e tesi rapporti tra USA e Cina, avrà funzionato?

 

Mulan, le reazioni a caldo

 

Disney decide di ri-portare sullo schermo l’eroina cinese e rappresentare l’antica realtà orientale. Ma quali sono state le reazioni? Cosa c’è di propriamente cinese? E soprattutto, il pubblico cinese si riconoscerà in quelle immagini? D’altronde, si tratta sempre di un prodotto occidentale, pensato in occidente ma destinato, tra gli altri, ad un pubblico orientale.

Non ci dimentichiamo che il governo cinese è molto diffidente sui prodotti occidentali e ci tiene ad avere il controllo sui mezzi di divulgazione della propria cultura – o meglio, di ciò che è giusto mostrare della propria cultura. Nel 1997, a proposito, Pechino condannò il film di Martin Scozzese sul Dalai Lama, Kundun, in cui il capo tibetano veniva presentato come una vittima della Repubblica Popolare Cinese. Il film fu bollato come una “distorsione storica” e considerato una vera offesa al Paese. Solo dopo “sentite” scuse la Cina cominciò a riaprire il mercato alla cinematografia americana e, nel 1998, permise l’uscita di Mulan.

MULAN 2020


Il film colpisce per il forte impatto visivo e per le azioni “coreografiche” dei personaggi, con paesaggi ben delineati, costumi sinuosi ed una fotografia fatta di colori accesi e brillanti. Un aspetto, questo, riconoscibile in tutti i film Disney e su cui il colosso americano lavora molto, soprattutto nei remake degli ultimi anni.

La storia di Mulan la conosciamo tutti e questa nuova edizione è piuttosto fedele all’originale. Non ci sono stati troppi approfondimenti nella trama e nei personaggi, a parte per l’introduzione di una nuova villan, Xian Lang (Gong Li), che, come strega malvagia e per la trasformazione in volatile piumato, ci riporta immediatamente alla mente l’affascinante Maleficent.

Inizialmente schierata dalla parte del male, durante la visione si avrà modo di capire meglio le sue ragioni. Scopriamo infatti essere molto simile a Mulan nel suo destino di donna, in un mondo poco differenziato, dove ciò che non segue le norme e la normalità non può essere accettato.

Inoltre, al posto del simpatico draghetto Mushu, che vediamo animarsi nel cartone affianco a Mulan, portafortuna e guida sarà la fenice, creatura magica e uccello mitologico di fuoco, simbolo ricorrente e diffuso tanto nella mitologia occidentale quanto in quella cinese.

COSA C’È DI VERAMENTE CINESE in MULAN?

 

Il film è stato affidato alla direzione della neozelandese Niki Caro. Ad interpretare Mulan è l’attrice modella cinese Liu Yifei, nata a Wuhan ma naturalizzata statunitense.

Le scene sono girate per metà in Nuova Zelanda e in parte in Cina.

L’origine della storia viene decisamente dal mondo orientale. Per chi non lo sapesse, infatti, Mulan si ispira alla leggendaria eroina cinese cantata nella “ballata di Mulan”, una poesia del VI secolo a.C. Non potendo tradire le altre principesse e rimanendo fedele al suo stile, la Disney inserì la sfera sentimentale già con il cartoon del 1998, abbandonando l’idea di portare sullo schermo una semplice guerriera, che non per forza ha bisogno della controparte maschile per emergere e piacere.

Rispetto al cartoon, il film non calca troppo la mano su questa parte romantica, anche se non è completamente assente. Sulla componente musicale invece non si pone troppo l’accento. Non abbiamo di fronte un musical con canzoni che, d’altro canto, poco si sposerebbero con la realtà cinese dell’epoca.

Mulan e il Qi. Di cosa si tratta?

Nel film è continuamente citato il Qi. Un concetto propriamente cinese che, con lo scorrere del film, risulta facile cogliere anche per lo spettatore occidentale se associato al contesto. In altre parole, il Qi è energia vitale che risiede in tutti i livelli del reale. È per l’uomo una forza interiore che deve conoscere per trovare il suo equilibrio. A Mulan però viene chiesto di reprimerla e di non mostrarla perché il suo Qi corrisponde con la necessità di farsi vedere per quella che è, ovvero una guerriera destinata al campo di battaglia e non al matrimonio.

 

L’arte della guerra (Sūnzǐ Bīngfǎ, 孫子兵法) 

A proposito di battaglia, se almeno una volta nella vita avete sentito parlare dell’arte della guerra, Sunzi Bingfa, e vi è capitato di leggerlo, non vi sembrerà poi tanto lontano il suo riferimento all’interno della pellicola. Non c’è alcun richiamo specifico ma il modo in cui il comandante indirizza l’esercito è tipico del modello che l’arte della guerra ci insegna: far sì che gli svantaggi diventino vantaggi, o conoscere e anticipare le mosse del nemico, farlo muovere dove si vuole. Ed è ciò che fa Mulan quando provoca la valanga di neve contro il nemico.

La nostra eroina, che si fa strada in un mondo di uomini, questa volta – volontariamente, e non accidentalmente – si mostra per quella che è: una donna guerriero, con i suoi lunghi capelli che mostra con fierezza.

Mulan: dal cartoon al film, l’eroina che infastidisce la “politica”

Cosa c’è dietro la ribellione di Mulan?

 

In una prima analisi potremmo definire Mulan come un personaggio “ribelle”, nel senso che non rispetta le norme della società. Ma attenzione: non lo fa perché spinta dal desiderio di cambiare le cose o rovesciare il sistema e né tanto meno per il bene comune. 

Inizialmente Mulan è mossa dal puro desiderio di aiutare suo padre, ormai stanco e anziano per combattere. Qui entra in gioco un altro concetto propriamente cinese che è la pietà filiale: il rispetto e il riconoscimento assoluto per la famiglia, una delle virtù confuciane su cui la società cinese si è costruita. Perciò Mulan, più che ribelle, è un personaggio istintivo e coraggioso che fa di tutto per difendere la sua famiglia e i suoi valori.

Solo nel corso del suo percorso matura una consapevolezza più ampia e agisce anche per il bene della dinastia Wei e del su popolo, mostrando lealtà al regno. Mulan, in sintesi, sfida la tradizione ma allo stesso tempo si mantiene legata ad essa con i suoi valori (tradizionalmente confuciani). “Coraggio, onestà, lealtà”, sono le parole continuamente ricorrenti nel film e incise sulla spada dell’eroina ( 忠勇 真 zhong yong zhen).

Mulan: dal cartoon al film, l’eroina che infastidisce la “politica”

MULAN – ACCOGLIENZA

 

Detto ciò, sembra che quest’uscita non sia affatto passata inosservata ma pare che abbia causato più caos che altro, per ragioni più di carattere politico che culturale.

L’ultima mossa di Pechino è stata vietare la pubblicazione di qualsiasi contenuto legato all’uscita in sala del film, prevista l’11 settembre. La Cina ha evidentemente usato il suo cavallo di battaglia, la censura digitale per l’appunto, per rispondere a tutte le polemiche che ci sono state intorno al film e che hanno minato l’immagine del Paese del Dragone.

Nei mesi scorsi alcuni tentativi di boicottaggio del film avevano fatto parlare. Gli attivisti di Hong Kong hanno diffuso l’hashtag #boycottmulan come protesta alle parole dell’attrice protagonista Liu Yifei sui social, in cui si poneva in difesa delle forze dell’ordine contro i manifestati. I mezzi di informazione dello stato, di fronte a ciò, hanno dato un contrattacco con l’hashtg #supportmulan.

Recentemente si è tornati a parlare e a criticare il film, in tutto il mondo questa volta, per la scelta di ambientare parte delle riprese nella provincia dello Xinjiang, che è nel mirino per la campagna di “rieducazione” repressiva nei confronti della minoranza cinese degli uiguri, di prevalenza musulmana. Con i ringraziamenti finali nei titoli di coda alla regione, la produzione si è mostrata come potenzialmente complice.

E così il film, che è costato circa 200 milioni di dollari, sembra non aver portato i risultati sperati. Si sa, l’industria del cinema non esiste solo per il puro intrattenimento, e quando si parla di gigantesche macchine del potere come USA e Cina non ci si può permettere di sbagliare.

 

Claudia Avena

 

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