In occasione dei cento anni dalla morte dell’artista, arriva al cinema in esclusiva il 12, 13 e 14 ottobre Maledetto Modigliani, come sempre con la supervisione di Nexo Digital, che dedica particolare attenzione alla storiografia degli artisti con la rubrica La Grande Arte al Cinema. Il docufilm, diretto da Valeria Parisi e scritto con Arianna Marelli, racconta in modo approfondito la vita di Amedeo Modigliani, uno dei personaggi più emblematici del XX secolo.
Il livornese viene raccontato da suoi ammiratori postumi. Seguiamo le opinioni di critici d’arte, tra cui Harry Bellet, giornalista de Le Monde, fino a registi, come il suo compaesano Paolo Virzì.
I novanta minuti di visione mettono al centro soprattutto le location di Parigi e Livorno, i due luoghi che hanno reso l’artista quello che ancora oggi ammiriamo, con tutte le controversie. Il tutto invece è guidato dalla voce di Domitilla D’Amico, doppiatrice che ha dato “italianità” ad attrici come Scarlett Johansson, Eva Green ed Emma Stone. La sua ugola, in questo caso, è prestata metaforicamente a Jeanne Hébuterne, moglie dell’eccentrico protagonista di questa storia.
Ma chi è davvero Amedeo Modigliani?
AMEDEO MODIGLIANI (1884-1920)
L’artista nasce a Livorno da una famiglia ebraica e le sue origini lo influenzano molto nei suoi trascorsi.
Al contrario di quanto si pensi di frequente, Amedeo Modigliani si forma artisticamente in Italia, tra la Toscana, la suggestiva Venezia e il Sud del Paese. Ma la sua fuga a Parigi è decisiva ed è quella che gli dà la possibilità di emergere. La capitale francese, proprio nei primi anni del Novecento, è il cuore pulsante dell’avanguardia mondiale.
Ben coscio di questo è l’artista, il quale qui incontra colleghi che finiscono per influenzare ed essere influenzati dal suo animo insolito. Tra loro c’è anche Pablo Picasso, che ne riconosce immediatamente il talento e le potenzialità.
Dal lato artistico, ricordiamo Modì (uno dei soprannomi che gli sono stati affibbiati, insieme a Dedo) in maggior modo per la sua raffigurazione di nudi femminili, che ha segnato le rappresentazioni successive. Il pubblico, però, ha da sempre dato troppa importanza ai suoi eccessi, alle sue dipendenze da alcol e hashish. Uno stile di vita non di certo così inaspettato per chi si destreggia nel mondo dell’arte in quegli anni.
Tanti di questi aspetti, le sue due città, le sue donne, vengono raccontati in Maledetto Modigliani.
A distanza di anni, sembra aleggiare ancora un’ombra di mistero intorno alla sua figura. Sappiamo che il guadagno è pressoché scarso nel periodo in cui l’artista tenta di vendere i suoi quadri. Una condizione che si trasforma dopo la sua morte. Infatti, da ben cento anni, continuano a comparire dei falsi d’autore, attribuiti erroneamente al livornese.
Il 3 dicembre del 1917 si è tenuta l’unica mostra dell’artista in sua presenza alla Galérie Berthe Weill. Quell’evento viene presto interrotto dalla polizia, che si dichiara scandalizzata dall’esposizione “sfacciata” dei corpi femminili.
Dopo la sua morte avvenuta nel 1920, l’arrivismo dei commercianti raggiunge picchi imbarazzanti. Così come quello dei “colleghi”, che dipingono dei falsi Modigliani per poi venderli a prezzi folli. Tutti dettagli che allo stesso tempo rendono il personaggio ancora oggi più vivo che mai.
LIVORNO-PARIGI: LE CITTÀ DI MODIGLIANI
Si dice che chi è cresciuto con il rumore e l’odore del mare non riuscirà mai a lasciarlo per sempre. E questo forse ha sempre accompagnato Modigliani, anche quando ha abbandonato il suo passato per intraprendere una nuova strada e in un certo senso scommettere su se stesso.
In Maledetto Modigliani diventa centrale questo dualismo. Il passato da cui l’artista non si è mai del tutto liberato ed il presente in cui non riesce ad autosostenersi economicamente convivono costantemente in lui.
Prima di arrivare nella capitale francese, nel 1906, si alternano nel suo percorso Firenze e Venezia. Ma Parigi in quegli anni ha proprio un respiro diverso, adatto alle aspirazioni di Modì. Ernest Hemingway la definisce una “Festa Mobile”, pensando proprio alla dolce vita dei cubisti, surrealisti e degli americani che si innamorano di quell’ambiente incantevole. Libertà, fama e fiumi di alcool. Vivere a Parigi – e vivere Parigi – è il massimo obiettivo di un artista di inizio Novecento.
Tuttavia, il mare resta una parte integrante del personaggio di Dedo. In Vivere o Morire, Motta canta di Livorno come “una città strana, piena di gambe nude e personalissime posture”. La città toscana sa bene come costruire storie, ha il gusto per la messinscena e continua ad essere terra d’arte.
Livorno, la perla del Mediterraneo, ambisce ad essere una piccola Venezia, senza rendersi conto delle proprie potenzialità. Modigliani se ne accorge eccome, invece, e non riesce a liberarsene pur non sentendosi a casa lì.
LE DONNE DAI VOLTI SPENTI DI MODIGLIANI
Una delle passioni dell’artista sono le donne, come abbiamo potuto notare anche dalle sue opere d’arte. La sua attenzione nel rappresentare corpi umani nei più minuziosi dettagli attrae ancora oggi lo spettatore. L’appassionato non può non restare colpito dalla raffigurazione degli occhi, vuoti, privi di pupille. Non è un caso. Questa tecnica, come seguiamo in Maledetto Modigliani, è il tocco identificativo di Amedeo Modigliani. L’artista non dipinge gli occhi delle persone di cui non conosce l’animo. Una sorta di visione interna, introspettiva, personale, destinata a pochi.
Di questi volti che appaiono spenti, uno si distingue. È quello di Jeanne Hébuterne, la moglie del livornese, con cui ha condiviso gli ultimi battiti sulla Terra.
MODIGLIANI VISTO DAGLI OCCHI DI JEANNE
Jeanne Hébuterne è un’artista giovane e ribelle e proprio per questo motivo il rapporto tra i due è così affiatato. Trascorrono insieme gli ultimi giorni della loro esistenza, tra la tubercolosi di lui ed il suicidio di lei, con un bambino in grembo, due giorni dopo la morte del marito. I loro corpi oggi riposano al Père-Lachaise, la dimora degli animi artistici.
La sua ultima musa è l’immaginaria narratrice del racconto di Maledetto Modigliani, la cui voce è prestata da Domitilla D’Amico. Seguiamo la storia non attraverso i quadri, ma vista dagli occhi dell’amata, dalla sua interiorità e dal suo “collo di cigno”. È la vera forza del docufilm e permette allo spettatore di appassionarsi senza perdere l’attenzione. Non sono da meno le opinioni e le immagini di repertorio.
MALEDETTO MODIGLIANI
“Nella sua pittura c’è qualcosa di arcaico e di ultramoderno, tutto vero e tutto sognato, inventato”
Paolo Virzì
La visione dei novanta minuti dell’opera è assolutamente consigliata. Un modo perfetto per vedere in una nuova luce l’artista “maledetto”.
Esatto, il pubblico ricorda Amedeo Modigliani come un maledetto, a causa delle sue dipendenze, delle sue malattie ed anche per la sfortuna che l’ha accompagnato durante la vita e liberato solo dopo gli ultimi sospiri. Ma soprattutto questo “soprannome” è stato affibbiato nella storia a tutti gli artisti scomparsi troppo presto, che mai hanno potuto esprimersi a fondo.
Assunta Urbano