Il 25 settembre 2020, sotto la Legacy Recordings è stata pubblicata Rarities, una raccolta a nome di Lucio Battisti. Aspettavamo e speravamo da tempo un disco contenente degli inediti del reatino, ma il titolo potrebbe trarre in inganno.
La parola inglese Rarities – che fa sicuramente più effetto rispetto a quella italiana – significa “rarità”. Il dizionario Treccani definisce questo termine anche come:
“la condizione e la caratteristica di essere difficile a trovarsi, e di conseguenza di essere particolarmente richiesto e ricercato, pregiato”.
Rarities è, infatti, una raccolta esclusiva non di canzoni mai ascoltate, tanto meno di canzoni introvabili sul web. Si tratta di sedici brani meno conosciuti del cantautore, per l’appunto, rarità, a cui si è voluto dare una luce diversa. Versioni alternative in altre lingue di meteore e b sides, che trovano in questo speciale cofanetto il loro spazio.
Inevitabilmente, l’annuncio ha attirato l’attenzione di una vasta gamma di ascoltatori, ma c’è un punto interrogativo che ancora ci perseguita. Abbiamo ancora bisogno di Lucio Battisti oggi? E se sì, perché? Prima di rispondere a questo quesito, dedichiamo un ascolto approfondito alle canzoni.
Lucio Battisti
RARITIES | LATO A
Il disco si apre con Pensieri e Parole, in una extended version. Sicuramente l’ultimo minuto di coda orchestrale è stato tagliato in precedenza per poter rendere il pezzo adatto alla diffusione radiofonica. È il vero diamante della compilation.
Esattamente all’inverso della traccia precedente, Per una lira si presenta all’ascolto con una intro diversa e un sapore più “sporco” rispetto a quella che conosciamo più comunemente.
A seguire si alternano canzoni abbastanza conosciute, a cui Lucio Battisti aveva prestato la penna, insieme a Mogol, ma non la voce. Ad esempio, ritroviamo Vendo casa, diventata famosa grazie ai Dik Dik e alla Formula 3, Il mio bambino prestata ad Iva Zanicchi e Le Formiche regalata dagli chansonnieres a Wilma Goich.
Il pubblico ricorda poi La spada nel cuore portata alla ventesima edizione del Festival di Sanremo nel 1970 dalla coppia formata da Patty Pravo e Little Tony. Cantata qui nella raccolta da Lucio Battisti, in parte anche autore del brano insieme a Donida e Mogol, assume tutto un altro colore.
Rarities, come si può notare nella maggioranza dei casi, ha a che fare con pubblicazioni in formato 45 giri, quasi mai inseriti in altri lavori.
RARITIES | LATO B
Lato B. Immaginiamo metaforicamente di poter usufruire dell’ascolto “materiale”, quello che coinvolge tra i sensi anche il tatto. Abbiamo appena passato, piacevolmente, in rassegna delle vere e proprie gemme.
La prima parte di Rarities sembra seguire uno stesso filone, nonostante si tratti di canzoni nate in circostanze distanti e in tempi diversi l’una dall’altra. Metterle insieme e dare forma ad un album non deve essere stato così complicato.
Ascoltiamo un Battisti nella sua forma più sincera, semplice e pura. A volte sussurrata, la sua voce spesso supera l’accompagnamento musicale, proprio perché in molti casi si tratta di demo.
Il lato B, dunque, si compone di sette brani celebri eseguiti in tre lingue differenti dall’italiano. Catapultato in queste “nuove” realtà linguistiche, il cantautore si ritrova a vedere le sue hit cambiare forma.
Les jardines de Septembre (I giardini di marzo), Toujours plus belle (Comunque bella) e Ma chanson de libertè (Il mio canto libero), in un certo senso, appaiono più leggiadre e potrebbero essere ancora oggi piazzabili perfettamente nella classifica discografica francese.
I brani in lingua spagnola La Colina de las Cerezas (La collina dei ciliegi) e Una Muchacha por Amigo (Una donna per amico) sembrano più movimentati di quanto non lo siano nella lingua madre.
Infine, ritroviamo To Feel in Love (Amarsi un po’) e Only (Soli), che risultano meno riuscite delle loro colleghe francesi e spagnole. Il testo tradotto in entrambi i casi sembra perdere il significato portante.
ABBIAMO ANCORA BISOGNO DI LUCIO BATTISTI NEL 2020?
Se vi chiedessero chi è il cantautore italiano che più rappresenta la storia musicale popolare del nostro Paese, quale nome vi verrebbe subito in mente? E perché proprio quello di Lucio Battisti?
Le sue canzoni sono state spesso al centro della discussione e sono quelle a cui ci siamo più legati emotivamente, proprio come collettività. È probabilmente uno degli aspetti che identifica il nostro bagaglio culturale. Ed è dunque innegabile che Battisti sia un elemento fondamentale della nostra storia, di tutti i tempi.
Ci ritroviamo davanti ad un patrimonio immenso, dal livello qualitativo altissimo. Una pubblicazione come Rarities è un cimelio da custodire con cura. Un tuffo in un tempo andato, che però non passerà davvero mai di moda.
Così come è successo anche con la pubblicazione dell’intera discografia sulle piattaforme digitali come Spotify, si tratta sicuramente di un gesto per avvicinare un nuovo pubblico al cantautore, anche quello delle nuove generazioni. E se è davvero questo l’obiettivo, non può che essere nobile.
In conclusione, rispondendo al quesito che ci siamo posti in apertura, non solo Lucio Battisti è ancora attuale e contemporaneo. Individui con diversi gusti musicali si sono ritrovati a cantare, ballare e condividere momenti sulle stesse note. Quindi, la risposta definitiva è: sì, nel 2020 abbiamo ancora bisogno di Lucio Battisti. E tanto.
Assunta Urbano