Il Covid sta facendo danni a tutti i tessuti sociali, comprese le persone del mondo dello spettacolo. Anche lo stacanovista timoniere di Rai 1, Carlo Conti, ha fatto i conti col contagio, ed alcuni giorni fa è stato dimesso dall’ospedale dove si trovava in cura a Firenze. Sta bene, ma è ancora convalescente e relegato in casa: nonostante tutto, la puntata prevista sul primo canale di “Tale e quale show” è andata regolarmente in onda, e lo showman toscano ha svolto la sua mansione senza intoppi.
“Come?” Vi chiederete in modo legittimo. Senza troppi giri di parole: il presentatore…non era presente, ma ha partecipato in videochiamata dal salotto di casa, personificato da uno schermo che veniva sballottato per lo studio dagli assistenti di produzione.
Carlo Conti, Il presentatore non presente
La nuova frontiera della RAI
Effeto cringe di livello assoluto, dopo qualche istante di naturale interdizione mi si sono aperti molteplici fronti di riflessione.
Da una parte c’è da fare un encomio a Carlo Conti, da sempre lavoratore dello spettacolo professionale; professionista al punto tale di garantire il suo operato anche in modalità smart working, come un fiero e devoto dipendente della Radiotelevisione italiana S.p.A. Il rovescio della medaglia svela un lato molto più aspro e decisamente meno fantozziano: il dramma di una televisione che non riesce (e forse non vuole) stare al passo col moderno.
L’ennesimo show posticcio è ormai giunto alla decima edizione; animato da personalità dello spettacolo che imitano cantanti famosi (vivi o morti) e che sembrano truccati come gli zombie di The Walking Dead. Sotto questa prospettiva, il nome la dice lunga: “Tale e quale show”. Per niente esaltante. Con l’aggiunta di un Carlo Conti versione Zordon dei Power Rangers.
Lo schermo-presentatore mi fa anche sentire irrequieto rispetto ad un ipotetico scenario post-apocalittico da pandemia. Se ad un certo punto fosse necessario il distanziamento assoluto a tutti i livelli della società? Se lo studio televisivo diventasse null’altro che computer grafica con le proiezioni delle celebrità regolate attraverso processi digitali? Sarebbe il totale azzeramento della prossimità sociale: qualcosa di molto simile a quei film a cavallo tra anni ’80 e ’90 che immaginavano un futuro di domotica a riconoscimento vocale, computer intelligenti, tute argentate e macchine volanti.
Saranno anche fighissimi i concerti dei Gorillaz dove è un gioco (magnifico) d’arte olografica ad animare lo stage, ma sono ancora abbastanza affezionato alle figure umane.
Un appello: mettete di nuovo Carlo Conti in uno studio televisivo non appena il suo stato di salute lo permetterà.