Fantozzi Contro Tutti: una straordinaria critica all’Italia che fu (e che è)

Per i fan di Fantozzi il 20 Novembre è una data importante. Proprio oggi, quarant’anni fa, faceva il suo debutto nelle sale uno dei migliori film della saga firmata dal genio irriverente e dissacrante di Paolo Villaggio: Fantozzi Contro Tutti. Alla regia il duo Neri Parenti-Paolo Villaggio.

La lenta metamorfosi del Rag. Ugo Fantozzi

Come il personaggio si è evoluto dalla versione letteraria a quella cinematografica.

 

Che Paolo Villaggio avesse generato, ben nove anni prima dell’uscita di Fantozzi Contro Tutti, un vero e proprio ciclone mediatico e culturale sulla rinnovata decadenza di una fetta enorme del “sistema società” italiano di quel periodo, probabilmente lo avevano ormai appreso e introitato tutti. Molti impararono a conoscere il ragioniere più famoso dello stivale prima degli altri, attingendo dalle opere librarie.

Fantozzi (Rizzoli, 1971) e Il Secondo Tragico Libro Di Fantozzi (Rizzoli, 1974) sono e resteranno per sempre pietre miliari della letteratura popolare contemporanea. Non c’è volgarità nelle parole di chi racconta l’asservimento di una comunità sempre prona e col capo chino. Fortunatamente svanisce pure la vergogna che spesso ha dissuaso tanti autori (di certo non Paolo Villaggio) dal descrivere il classismo iperbolico, vero, dell’epoca del boom economico.

L’iperbole, appunto, tipica del racconto fantozziano, diventa dunque la figura retorica più diffusa ed efficace per la narrazione. Come non citare il salto a piedi uniti dal palazzo della fantomatica “Ditta”, coadiuvato da un sempre magnifico Gigi Reder nei panni del Ragionier Silvio Filini (un tempo Geometra Renzo), giungendo al suolo preoccupandosi solo dell’orologio, accusando il “leggerissimo fastidio alle ginocchia”. Tanta scuola su quel “leggerissimo”.

Fantozzi sulla carta nasce in un modo, ma al cinema il suo percorso lo porterà ben presto ad assimilare anche i tratti dell’altro celebre ragioniere di Villaggio: Giandomenico Fracchia.

Fantozzi contro tutti

In Fantozzi Contro Tutti, terza pellicola della lunga e fortunata serie, Il marito della Sig.ra Pina – ora non più nel volto e nelle sembianze di Liù Bosisio, ma in quelle della altrettanto perfetta interpretazione di Milena Vukotic – comincia a fare sua la parlata ansimante e alitata del timido e sottomesso Fracchia. Unendola alla propria, sconclusionata ma a tratti imperante nella debolezza manifesta di “servo” dichiarato, ne verrà fuori in questo capitolo la migliore fusione, con delle vette di eccellenza che si protrarranno in alcune scene simboliche del successivo Fantozzi Subisce Ancora.

Non solo. Il Fantozzi dai primi capelli grigi mette a repertorio una convinta irascibilità che nelle due trasposizioni precedenti non aveva maturato fino a tanto. Il ragionier Ugo almeno prova a ribellarsi ad alcune tragiche conseguenze della sua vita, comunque sopra le righe, ma i risultati non saranno quelli sperati.

Fantozzi Contro Tutti è davvero il migliore della saga?

Vediamo alcuni passaggi che potrebbero farci propendere verso una risposta piuttosto che un’altra.

 

Personalmente ritengo che la pellicola inglobi quasi tutte le caratteristiche dello sfortunato protagonista, ampliando di molto la portata della sua personalità. Da qui in avanti “sfiga” e “Fantozzi” diventeranno quasi sinonimi, ma non si può descrivere il mondo irrealistico, eppur verosimile, della creatura di Paolo Villaggio con sterili giri di parole. Dietro al termine “Fantozzi” ruotano dinamiche oggi completamente assimilate, ma quattro decenni fa si trattava di puro pionierismo. Non trascurando la parte citazionista, sottolineata da Villaggio a più riprese durante le interviste.

Il cambio della Sig.ra Pina.

Dall’elemosina al “ti apro in due come una mela”.

 

Tra i marchingegni di scena che hanno reso meno doloroso un parziale addio (quello di Liù Bosisio. Poi ritrovata per l’ultima volta in Super Fantozzi), il trafiletto ideato per introdurre la figura di Milena Vukotic nei panni della ”nuova” Sig.ra Pina. Fantozzi non riconosce la moglie che lo attendeva nei pressi della sua auto, la famosissima Bianchina, offrendole addirittura degli spicci in elemosina: trovata eccellente. Assieme alla triste malinconia di una moglie che chiede al marito una semplice passeggiata, si accosta la perfidia di lui che gliela nega per vedere la televisione, nuovo morbo dell’uomo medio di inizio anni ottanta.

Nel frattempo: parcheggio disastroso, con annesso incidente, che non desta la minima scompostezza degli interessati; ll lancio della vecchietta per le scale; vista tra orrido e perplessità della figlia Mariangela (interpretata da Plinio Fernando). Non sono passati nemmeno 10 minuti dal principio e già la famosa iperbole prende a girare come una ruota incontrollabile.

La gita a Ortisei prenotata in Settembre e goduta nel Maggio successivo.

 

Il momento della gita a Ortisei richiama un po’ gli stilemi peculiari della saga. La tutina da neve blu attillata, indossata da Fantozzi, è un’icona filmica perpetua. Come non citare la serie di primissimi piani tra lui e il capotreno per scimmiottare le riprese alla “Mezzogiorno di fuoco”.

Anche il doppiaggio della guida turistica altoatesina si colloca tra gli stralci meno famosi ma estremamente esilaranti di Fantozzi Contro Tutti. Il “vengono di Italia” e “mafiosi italiani che mancia sempre spaghetti” racchiudono concetti che ancora ai giorni nostri appaiono cristallini e limpidi nella loro devastante attualità.

La clinica dimagrante del Dott. Birkenmaier.

 

Qui sfido chiunque a non sapere di quale scena si tratti. Silvano Spadaccino e Paolo Villaggio, forse a loro insaputa, hanno creato uno sketch che diventerà simbolico e ripetibile nei secoli dei secoli. Discostandosi in modo evidente dalla prima trasposizione dello stesso, quella in Fantozzi (1975). Alla disfatta dei venti giorni di digiuno assoluto, senza mangiare e senza bere, si accosta una perla da cinema muto: l’abbuffata di “polpette di Bavaria” fatta di nascosto, come il peggiore dei ladri.

Fantozzi contro tutti

Il presunto tradimento della moglie col nipote del panettiere, Cecco, animato dal giovanissimo Diego Abatantuono.

 

Ci sarebbe da scriverci editoriali su editoriali, fiumi di parole volte a cogliere dettagli spesso insignificanti ma che ad un occhio ed un orecchio attento innescano una vera e propria sagra della risata da “dietro le quinte”. Il commento in voce fuori campo di Paolo Villaggio è ancora tra i valori aggiunti. Nel tempo perderà vigore e sfrontatezza.

Qui ricordiamo, parlando di sé in terza persona: “Al ventunesimo del secondo tempo, Fantozzi finalmente realizzò”. Dopo la confessione della moglie Pina di amare un altro uomo. Il resto è storia, con la malizia feroce di un Abatantuono sprezzante che mortifica la bruttezza di consorte e prole con tre parole, mentre un dimesso Fantozzi, dopo svariati tentativi di suicidio andati male, proclama dall’alto della sua autorità di cane bastonato, che lì non ci comprerà mai più il pane. Felice di una ritrovata serenità coniugale costruita sulla “stima” e sulla disillusione.

La morte per morbillo del Direttore Ereditario e l’ascesa del perfido Cobram.

 

Inutile dire che qui gira gran parte della comicità spicciola di tutto il film. Ma le varie chicche nascoste nelle pieghe della narrazione, o semplicemente collocate con sapienza nei momenti più opportuni, offrono spunti di ilarità ben più profonda. Tra cui il richiamo al senso della patria di natura fascista, con la donazione delle fedi per forgiare il cippo d’oro che si erge dalla lapide del defunto manager. Il rimando alla decadenza strutturale del “sistema religioso” di reminiscenza medievale tra simonia e nepotismo, impegnato a vendere a prezzi esorbitanti messe “contro qualcuno”. L’interrogazione del Visconte Cobram (Paul Muller) su “punzonatura”, podio della Milano-Sanremo del 1931 e conseguente fuga dove il ragionier Fonelli, non più giovanissimo, quasi si spacca un’anca.

Il clou ovviamente ruota attorno alla famigerata “Coppa Cobram”. Gara ciclistica sulla distanza dei 70 chilometri, mercanteggiata da uno sprovveduto geometra Calboni (Giuseppe Anatrelli) dopo le fatiche del precedente allenamento che ha reso invalido Fantozzi dalla cinta in giù.

La manifestazione non può essere raccontata. Va vista.

Barambani, la barchetta da un miliardo e l’infausto incontro col Megapresidente Arcangelo.

 

L’apice del servilismo, in un climax ascendente come da prassi, si ha prima con la chiamata di Filini e Fantozzi per il week end ospiti in barca da Barambani. Ops, la targhetta cita per esteso: “Gr. Ladr. Farabut. Di Gr. Croc. Mascalz. Assas. Figl. Di Gr. Putt. Marchese Conte Piermatteo Barambani Megalom”. I due impiegati verranno sfruttati come mozzi di terz’ordine, senza alcuna dignità.

Finale amaro, ma ricco di compassione ricevuta, oserei dire. Il Megapresidente Arcangelo perdona Fantozzi per aver scritto nel cielo epiteti poco carini, ma lo condanna a scrivere di sé quanto fatto poc’anzi. Qui si chiude il cerchio del Ragionier Ugo Fantozzi in Fantozzi Contro Tutti, immerso in un oceano di contraddizioni, sfortune e malignità di ogni genere.

Senza però dimenticare che, tra le tante avventure, proprio in questa si nasconde un’incessante quanto cruda critica non tanto al personaggio ma alla società. Fantozzi è solo la punta dell’iceberg, il trampolino di lancio da cui parte la retorica colta di Paolo Villaggio che, probabilmente, non ha saputo più superare nelle pellicole successive.

Capolavoro tra i capolavori.

Mario Aiello

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