Con sardonico menefreghismo Iosonouncane si beffa dei tempi e delle pressioni che influenzano il processo creativo e, a cinque anni dall’ultimo disco, disvela le prime note che condurranno al nuovo long play intitolato “IRA”.
Neanche il tempo di annunciare il nuovo singolo, ed ecco che la nostra curiosità viene soddisfatta da “Novembre”, accompagnata da “Vedrai, vedrai”, per dieci minuti scarni di note in cui immergersi.
Un pianoforte a tempo di valzer, la ricorsività testuale che forma un labirinto di parole per descrivere un microcosmo di emotività stagionale: le strenne natalizie, neanche troppo nascoste, aprono all’armonia leggera dei passaggi strumentali più aperti, quelli dove la voce di Jacopo Incani si accomoda a suo agio, decisa e delicata, dura ma inguantata di velluto.
I secondi scivolano lenti ma eterei, come scivola via il mal di testa che mi attanagliava (potere terapeutico della musica), lasciando spazio al confronto con il signor Luigi Tenco.
“Vedrai, vedrai” è la tipica b-side da 45 giri, un episodio che l’artista sardo regala ai propri ascoltatori (e si regala). Non è per niente facile approcciare Tenco, principalmente sul piano artistico, e non lo scopriamo oggi.
Iosononuncane mostra i muscoli per domare una bestia rara del Canzoniere anni ’60. L’intento non è rivoluzionario, l’arrangiamento scarno e al tempo stesso complesso, ma ecco insinuarsi nella ritmica l’elemento magico, la chiave di volta di questo Tenco: un tappeto di battiti edificato su strumenti musicali tipici del folklore, tini, botti e falci opportunamente contestualizzate ma che irradiano l’essenza mediterranea di questa rivisitazione. Perché il Sud è tradizione, quindi Luigi Tenco non si cannibalizza sperimentando.
Come suonerà “IRA”?
Resta una domanda fondamentale, e riguarda il disco che verrà.
Abbiamo ascoltato produzioni in linea con l’elaborato complessivo o un sottile divertissement finalizzato a sparigliare le carte in tavola? Ai posteri l’ardua sentenza, perché solo in primavera sapremo Iosonouncane cosa ha in serbo.
“Vedrai, vedrai” è un mantra d’attesa che possiamo cucirci addosso, ed un atto discografico che inaugura il nuovo corso della storica etichetta “Numero Uno”, che ha pubblicato artisti del calibro della PFM, Bruno Lauzi, Edoardo Bennato, Ivan Graziani, Eugenio Finardi e naturalmente Lucio Battisti a partire dal 1972.
La rinascita è segnata dal triumvirato formato da Mara Maionchi, Mogol e Franz Di Cioccio con Colapesce, Dimartino e La Rappresentante di Lista a fare compagnia ad Iosonouncane.
Questo assaggio ha tutta l’aria della quiete prima della tempesta.