La lettera aperta del comparto Musica al Ministro Franceschini

Ancora senza musica, o forse, di nuovo senza musica.

E per molto tempo.

 

Domenica sera, durante un’intervista a “Che tempo che fa”, il Ministro Franceschini ha annunciato lo stanziamento di un miliardo e duecento milioni di euro per il settore del Cinema e dello Spettacolo dal Vivo. Cifra altisonante, ma il settore dei live concert ha ottenuto una percentuale davvero bassa che pone ancora una volta l’attenzione su quanto alcuni lavori non siano compresi, ed anzi tenuti in considerazione secondaria addirittura da chi ha il compito di diffondere e difendere la Cultura.

 

La lettera al Ministro Franceschini

 

In tale ottica, sentiamo l’obbligo di diffondere l’accorata lettera che i professionisti del comparto musicale hanno indirizzato al Ministro Franceschini, eccola riportata in forma integrale.

Caro ministro,

avendo avuto un incontro con lei all’inizio della scorsa settimana, ci avrebbe fatto molto piacere se ci avesse chiesto direttamente il perché delle nostre mancate proteste di Marzo e di quelle che, invece, stiamo facendo ora.

Crediamo, quindi, che sia piuttosto imbarazzante – ma forse doveroso – spiegarle che all’inizio di tutto questo non siamo scesi in piazza per responsabilità e perché abbiamo messo il nostro dovere di cittadini davanti al nostro interesse di lavoratori. Lo abbiamo fatto prima di tutti, ci siamo fermati da soli, senza che nessuno ci ordinasse di farlo. E le abbiamo dato fiducia, tanta. Abbiamo aspettato che lei prendesse le nostre parti, che ci rappresentasse, che spiegasse le ragioni per cui tutto il settore culturale (non solo il teatro, i musei e il cinema) non deve essere lasciato indietro.

E invece niente. Dopo 9 mesi siamo ancora qui e siamo amareggiati.

Domenica sera, vedendola in televisione, abbiamo avuto l’impressione di essere un problema per lei, un motivo di fastidio, una faccenda da sbrigare sciorinando numeri irreali e che meriterebbero di essere approfonditi. Dell’ 1,2 miliardi di cui parla – destinati solo al cinema e allo spettacolo dal vivo – sono molto pochi quelli previsti per la musica.

Nel frattempo i live club (che lei non nomina mai e pur sarebbe opportuno nominare) chiudono sapendo che non riapriranno mai più. Tanti lavoratori della cultura in ogni ambito stanno tentando di cambiare lavoro pur di sopravvivere e questo – se dovesse accadere – determinerà una dispersione di conoscenze che annienterà ogni possibile ripartenza.

Sia chiaro che l’emergenza sanitaria è un’evidenza, era la nostra priorità a marzo e lo è oggi. Qui nessuno sta anteponendo la salute ad altre questioni. Ma lei dovrebbe rappresentarci tutti, dovrebbe essere lei a spiegare a quella parte del Paese che non ha capito bene chi siamo e che lavoro facciamo. Cosa rappresenta la cultura in questo Paese e il valore delle persone che ogni giorno lavorano per farla andare avanti.

Basta celebrare il passato glorioso di un’Italia piena di eccellenze mentre dall’altra parte si continua ad affossare il presente in cui quelle eccellenze possono crescere e il futuro. Lei dovrebbe pensare a quello, al nostro futuro.

Non abbiamo bisogno di slogan, anche se ci rendiamo conto che l’espressione “Netflix della cultura” la faccia sentire molto moderno e ancorato all’oggi. Ma una piattaforma streaming non risolve nessun problema. Soprattutto perché andando avanti così non resterà più niente da vedere o ascoltare.

Giornalista | Creativo | Direttore di Scè dal 2018. Collaboro con diverse testate e mi occupo di ufficio stampa e comunicazione digitale. Unico denominatore? La musica.

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