Dal ventuno dicembre sono disponibili su Raiplay le prime quattro puntate di “Allevi in the Jungle”, una docu-serie pensata e condotta da Giovanni Allevi che ci presenta il suo dialogo con l’arte di strada. La piattaforma Rai aveva già trasmesso ad aprile un progetto simile nel genere, il docu-tour “Non voglio cambiare pianeta” ideato dall’avventuroso Jovanotti e girato in sella ad una bici per le strade dell’America Latina. Questa volta si cambia scenario, ma ci troviamo sempre sulla strada e in compagnia di un altro musicista italiano.
Il talentuoso pianista marchigiano, infatti, ci porta a passeggio in alcune città italiane dove incontrerà dei “professionisti della strada”, che racconteranno la loro storia e la loro arte con lo scopo di farci apprezzare di più la creatività, la poesia e la magia che la strada ci riserva. Nel farlo ha potuto contare sulla collaborazione di Maurizio Monti, Giovanni Amico, Achille Corea e Simone Valentini alla regia. La docu-serie si concluderà il 28 gennaio con l’uscita di altri quattro episodi.
LE CITTÀ E I LORO “BUSKERS”
In ogni episodio di Allevi in The Jungle ci troviamo in una città diversa in compagnia di tre “buskers”, il termine inglese con cui si identifica “l’artista di strada” e che viene spesso usato da Allevi e dagli stessi artisti.
Prima tappa è Torino, con: Lorenzo Gianmarco Galli, in arte “Galirò”, artista girovago che ha fatto del viaggio uno stile di vita. Ritmo e improvvisazione come in un canovaccio e interazione con il pubblico sono le sue parole chiave; Rasid Nikolic, “The Gipsy Marionettist”, un perfezionista della marionette e dell’arte manuale; Valentina Sparvieri, “la poetessa di fuoco”, che scrive poesie e “gioca” col fuoco.
Poi si scende a Roma. Nella capitale Allevi incontra: Dario Rossi, street drummer che utilizza oggetti riciclati. Sperimentatore del suono, emula i suoni elettronici con le mani; Walter Lazzarini, lo “scrittore per strada”, che regala “strani” racconti ai passanti e li stupisce creando dei tautogrammi; “Lottaboyz Crew”, giovani ballerini di break dance che, con Allevi, si allontano per un attimo dal break beat e si mettono in gioco in una contaminazione di generi, sulle le note di una musica classica barocca.
La Terza puntata è dedicata alla città di Ferrara in cui ogni anno si tiene il “Ferrara Buskers Festival”, manifestazione dedicata alla musica di strada. Il primo incontro è con Giacomo Gamberucci, violoncellista che passa dal conservatorio alla strada, per necessità e per amore. Poi, Paolo Borghi, strumentista che con il suono tenero dell’hang drum riesce a riprodurre un’atmosfera spaziale, ipnotica e in “fusione con l’universo”. Infine Eros Goni, “gambeinspalla”, che potremmo definire un busker “vecchio stile”. Un marinaio della strada, amante degli oggetti volanti, in particolare delle bolle di sapone, sinonimo di fragilità e caducità.
Ultima tappa è la città di Trento, in compagnia di: due fratelli, Davide e Luca, conosciuti come “Compagnia Samovar”, un teatro ambulante che combina musica, recitazione e ironia; Niccolò Nardelli, che gioca con la gravità usando sfere e cerchi. Lui è l’esempio di come la strada ti possa salvare e cambiare la vita nel concreto e darti un posto nel mondo; Emanuele Cedrone, il suonatore di “melodiosa”, termine con il quale definisce il suo strumento: una semplice sega che, a detta sua, meriterebbe una definizione a sé compresa nel mondo degli strumenti per le potenzialità che offre.
Christmas Edition a Milano. Allevi dedica alla città lombarda uno speciale come chiusura di queste prime quattro puntate. Lì non solo incontra tre buskers, ma dedica un mini concerto a piazza Duomo, in compagnia del suo piano e della “melodiosa” di Emanuele Cedrone, per portare la musica in strade che per tanto tempo sono rimaste in silenzio.
A Milano Allevi dialoga con Raffaele Kohler, il trombettista che durante il lockdown ha commosso la città con “O mia bella madunina” suonata dal balcone. Alla ricerca sempre del luogo più accogliente per far risuonare la sua tromba; Roberto di Lernia, che si definisce un “ragazzo di cinquantacinque anni” con la passione per il teatro. Porta nella “pancia” il suo micro-teatro con la missione di strappare un sorriso e allegria senza pretese; Elia Morra, in arte “Elianto. Un “virtuoso”, come lo definisce Allevi. Con la sua chitarra inventa motivi per “infastidire” i passanti e renderli partecipi.
Alla fine, Allevi non si limita a capire lo sguardo di quegli artisti ma vuole mettersi al loro posto. Cosi improvvisa un travestimento, si immedesima nel personaggio e comincia a suonare un suo pezzo con il flauto. Viene circondato dalla gente e lì capisce perché quegli artisti sono tanto felici.
ALLEVI IN THE JUNGLE
Il titolo di forte impatto richiama la serie tv statunitense “Mozart in the jungle” e ci lascia subito immaginare uno scenario alternativo. Compositore e innovatore di musica classica, questa volta Giovanni Allevi vuole sperimentarsi e mettersi in gioco, calandosi in un’atmosfera diversa da quella a cui è abituato, come quella di un teatro o di un’arena, e conoscendo nuove forme musicali e artistiche da cui prendere ispirazione. Si immerge nei rumori della città in cui “suoni artificiali si confondono con quelli naturali”.
“Sono per natura timidissimo e chiuso nel mio mondo, avvolto dalla Musica, ma ho sentito che fosse il momento di aprirmi con entusiasmo ad un’avventura filosofica e sovversiva.”
CHI È L’ARTISTA DI STRADA E COSA CI INSEGNA
Allevi, spinto dalla curiosità di capire cosa ci sia dietro l’arte di strada, che “persona si nasconde dietro il personaggio”, fa delle piccole interviste difronte le quali ogni volta rimane affascinato per le parole che ne vengono fuori.
“ Ho una missione : catturare lo sguardo che questi artisti hanno sul mondo e farlo nostro” –
Allevi.
E così si confronta con lo spirito creativo e poetico di artisti liberi da rigidi schemi accademici, ma non per questo privi di tecnica e professionalità. Molti di loro parlano di “mestiere” per riferirsi alla loro arte di strada. Dietro ogni performance c’è duro lavoro, tenacia e cura dei dettagli.
Come qualcuno fa notare, la loro è anche “l’ultima forma di democrazia dell’arte”: tutti possono partecipare e avere un posto in prima fila, ma soprattutto loro non vogliono venderti niente. Solo se vuoi – e puoi – potrai lasciare un contributo. Quello che conta di più per loro, come emerge in ogni intervista, è il fatto di esprimere la propria passione, ciò che li fa sentire più liberi e fedeli a se stessi e creare un contatto con la gente in maniera casuale. Sono portatori di un’arte libera a trecentosessanta gradi.
C’è del poetico in tutto questo e, infatti, è interessante vedere come vengano fuori delle riflessioni sulla vita in generale. Ognuno di questi artisti di strada lascia una “ citazione” personale, un modo di vedere il mondo, immediato, diretto, carico di poesia. Non a caso Allevi chiude ogni intervista con la domanda esistenziale “cos’è la cosa più importante della vita?”.
L’ARTISTA DI STRADA E IL SUO TEMPO
Il documentario Allevi in the Jungle, girato prima del DPCM del 13 ottobre 2020, ci fa spostare lo sguardo su manifestazioni artistiche che ultimamente, visti i tempi, stanno inevitabilmente subendo un arresto. Della strada “svuotata dell’arte” ne parlavamo in un altro nostro articolo. Nel dialogo di Allevi con l’artista esce fuori anche questo aspetto. Cosa ha significato il lockdown per l’artista di strada? come ha affrontato il suo tempo? Da una parte “aver sentito il peso di tutto ciò che gli è stato tolto”, dall’atra il desiderio forte di ritornare in strada più carichi di prima per inventare e reinventarsi.
L’arte di strada in fondo non può che essere d’aiuto anche a noi di questi tempi. È un invito a fermarsi, un’alternativa alla frenesia, uno stimolo a “fare della propria vita un’opera d’arte”.
Claudia Avena