L’unica cosa che attendiamo da questo dicembre non è Babbo Natale ma poter mettere una bella croce su questo 2020. Una di quelle con il pennarello rosso indelebile, di quelle incazzate e ricalcate diecimila volte tanto da rompere il foglio. E magari i nervi a fior di pelle ci faranno distruggere pure il tavolo sottostante.
Oggi scrivo queste parole e voi le state leggendo, in un certo senso “ce l’abbiamo fatta”. Abbiamo attraversato tempeste terrificanti, e se siamo qui è sempre e solo grazie alla musica. Non dimenticatelo mai.
Il 2020 lo ricorderemo come l’anno in cui abbiamo ascoltato la musica senza viverla. Eravamo certi che questo vuoto avrebbe impedito l’uscita di capolavori. E, fortunatamente, ci sbagliavamo. Tantissimi artisti, ritrovatisi rinchiusi nei propri appartamenti, hanno dato vita a piccole opere d’arte che abbiamo già ascoltato o avremo la possibilità di apprezzare nel futuro.
Bisogna avere chiaro in testa, però, che molte di quelle che sono passate nelle nostre orecchie – per poi giungere alla triade: mente, cuore e anima – sono nate prima della pandemia mondiale. Ma noi le abbiamo conosciute in questi giorni tristi.
Abbiamo ascoltato insieme Imploding The Mirage dei Killers, Gigaton dei Pearl Jam, I am not a dog on a chain di Morrissey, The Slow Rush dei Tame Impala, fino alle perle pubblicate ad ottobre.
Ma nessuno ci ha rapito come A Hero’s Death, il secondogenito della band post-punk Fontaines D.C., pubblicato il 31 luglio 2020.
Fontaines D.C. – A HERO’S DEATH
Il disco è composto da undici pezzi, che banalmente potremmo definire uno meglio dell’altro. La critica, infatti, dal canto suo, non ha fatto altro che elogiarlo dalla prima all’ultima nota. E come biasimarla?
Si nota un distaccamento dal precedente Dogrel, pubblicato solo un anno prima, soprattutto a livello sonoro. Il leader Grian Chatten ha delineato con i suoi cari una propria personale identità. E pensare che insieme a Carlos O’Connell, Tom Coll, Conor Curley e Conor Deegan ha formato la band partendo dalla passione comune per la poesia. I cinque si sono lanciati poi nel panorama discografico nel ruolo di loro stessi e, come questo recente lavoro dimostra, non sono assimilabili o paragonabili a nessuno.
Sulla copertina di A Hero’s Death, tinta di un celeste sfumato tutt’altro che allegro, compare la figura mitologica irlandese Cú Chulainn. La divinità è diventata celebre per le sue capacità di affrontare le battaglie.
La band di certo si è rivista molto in questa immagine appartenente alla tradizione. Dublino è ancora una volta il punto di partenza del racconto, ma non l’arrivo. In effetti, il lavoro precedente si apriva con il concetto I’m gonna be big. E con la stessa forza prende il via questo. I don’t belong è un grido di non appartenenza, ma anche un urlo di solitudine.
A Hero’s Death conquista in maniera immediata. I brani si susseguono l’un l’altro senza perdere mai l’attenzione dell’ascoltatore. Dalla Televised Mind che getta in un loop ipnotico da cui è impossibile uscire, fino a Sunny e alla genialità di terminare con un No.
Un disco completo, intenso, profondo, che descrive l’instabilità dei nostri giorni e ci aiuta a tenere i piedi a terra. Un racconto straziante dell’oggi che servirà per costruire il domani.
Con la stessa forza bellicosa della divinità che hanno preso ad esempio, i Fontaines D.C. hanno realizzato un’opera incisiva in questo 2020. Così tanto significativa da essere la migliore uscita degli ultimi dodici mesi.
IL MIGLIORE DISCO DEL 2020
Ci risiamo. Eccoci arrivati alla solita solfa di fine anno in cui c’è da stabilire chi “ce l’ha fatta” a superare la prova del nove. In questo caso, si tratta di un annuncio un po’ differente dai recap ripetitivi.
Sono qui a dirvi che ritengo A Hero’s Death il migliore disco del 2020, perché scuote, ci coinvolge in un turbinio di emozioni e lo fa distinguendosi per lo stile da qualsiasi altra opera sua contemporanea. In modo diretto, sincero, i Fontaines D.C. hanno tirato fuori un capolavoro da ascoltare all’infinito.
Tra dieci anni ci ricorderemo senza dubbio di quello che abbiamo provato passando in rassegna le undici tracce.
“That was the year of the sneer
Now the real thing’s here”
Quel giorno saremo adulti, forse. Nel momento in cui ci capiterà questo album tra le mani, un po’ sorrideremo pensando che dopo ogni tempesta c’è la quiete. Ci renderemo conto che questo 2020 sarà quasi “solo” un brutto ricordo, anche se ci è costato quel tavolino distrutto per la rabbia a causa di quella croce con il pennarello indelebile.
La guerra sarà finita. Sempre se a quel giorno ci arriveremo.
Assunta Urbano
A Hero’s Death – Fontaines D.C.
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