Hyuro e Hassani: la donna nella Street Art

Il fenomeno della Street Art è letteralmente esploso nel corso degli ultimi anni. Oggi, oltre alla piena rivalutazione, è finalmente scevro dal concetto di degrado urbano a cui è stato per troppo tempo accostato: manifestazione di mera espressione artistica.

Sono migliaia le opere che compaiono sui muri di tutto il mondo. Tuttavia, etichettare gli ormai “ex writer” in generi distinti risulta impossibile. Ognuno ha sviluppato un proprio linguaggio, non riconducibile, spesso slegato dai canoni della ferrea storia dell’arte. Il loro stile si sublima nella firma.

Esistono ovviamente tecniche di strada condivise: graffiti, poster, stencil, stickers, murales. Ma, se ci pensiamo, l’arte di strada non ha un manifesto o un movimento che la rappresenti, né delle leggi che ne tutelino il valore intrinseco. Ciò che accomuna gli Street Artists sono strade e mura. Laboratori le prime, tele le seconde.

Le donne di Tamara Djurovic e Shamsia Hassani

 

Il focus di quest’approfondimento lo poniamo su due artiste diverse per scuola e approccio, ma che condividono il soggetto delle loro rappresentazioni: la donna. Le opere di Tamara Djurovic e Shamsia Hassani si fanno portatrici di messaggi profondi, raccontano storie di e per le donne. La figura femminile è un tema di forte impatto visivo, soprattutto se la si trova dipinta su un muro dove può essere veicolo di un forte concetto comunicativo.

Il ricordo di Tamara Djurovic a poche settimane dalla prematura scomparsa.

 

Tamara Djurovic, in arte Hyuro, argentina di nascita ma iberica per adozione, si è prematuramente spenta all’età di 42 anni. Valencia, dove risiedeva da tempo, ne accoglie il congruo lascito esponendo diverse opere. Non solo Spagna, anche Francia, Italia, Brasile, Belgio e America hanno potuto godere della sua arte sensibile e complessa.

Hyuro

Nasce come pittrice e disegnatrice, concentrandosi solo in seguito ai dipinti “da strada”, toccando temi quali l’educazione, la comunicazione, la guerra e soprattutto le donne. Queste ultime riprese nella quotidianità, nel rapporto con “l’altro”, che può essere un uomo, un animale, una pianta o degli oggetti inanimati. Nonché in relazione a se stesse e alla loro emotività, solitudine e complessità.

Hyuro

Ha mostrato il processo con cui occupano uno spazio, nell’essere madri o semplici danzatrici. Ne ha delineato i tratti più sinceri con una vena grigia e malinconica, in perfetta sintonia con l’ambiente urbano. Ciò risulta dalla scelta dei colori, per lo più tenui, ma anche dalla volontà di rappresentare la donna in abiti del passato, quando costretta tra le mura domestiche, richiamando ad immagini del patriarcato, di cui ci siamo liberati solo in parte.

Hyuro

Il particolare predominante è la rappresentazione senza volto dei soggetti. Le figure sono riprese dal collo in giù. A tal proposito in un’intervista a Juxtapoz disse: “se non mostri i volti, dai più spazio all’osservatore di finire l’opera nella sua mente, secondo le proprie convinzioni. Io do solo il mio contributo ad un luogo e le persone possono concludere dando un significato da sole”.

Ne deriva una femminilità a volte cruda o semplicemente veritiera. Quella che spesso si decide di non mostrare. Hyuro ha dato tratto e colore alla fatica dell’essere donna sottolineandone accettazione e resilienza. Perciò, osservando quei lavori, le donne non possono che provare empatia e riconoscersi. Il suo è uno stile intimo e onesto che mostra una delicata sensibilità avvolta nel mistero.

La rivoluzione mediorientale di Shamsia Hassani.

 

Un’altra Street Artist degna di nota è Shamsia Hassani, nata a Teheran, ma residente in Afghanistan. È la prima donna di origini mediorientali a farsi portavoce della coscienza femminile, rappresentando la realtà culturale nella quale è cresciuta. Anche lei comincia con tela e pennelli per scoprire e riscoprirsi attraverso il potere comunicativo del murales.

Shamsia Hassani

La concreta bontà della Street Art murale firmata da Shamsia Hassani si avvale della complicità dei colori che utilizza: il celeste, il blu, il giallo. Colori luminosi che contrastano le sfumature di grigio che inglobano le immagini. Le sue donne trasmettono positività, in controtendenza con l’assunto occidentale che immagina il gentil sesso mediorientale vittima di coercizione e divieti. Esse sono rappresentate come immerse in una realtà a parte e, spesso, abbracciano uno strumento, che sia una tastiera o delle corde di chitarra.

Forse una sorta di accessorio o magari un rimando ideologico di ben altra natura e caratura. Evidentemente una scelta simbolica. Sono per questo donne dall’anima gentile e rock allo stesso tempo. Eppure non mancano le lacrime e la tristezza. Kabul, la sua città, è la sua “tela” preferita. Un luogo intriso di povertà e miseria, riportata nei soggetti.

Shamsia Hassani

I suoi lavori sono stati largamente esposti all’estero e si può ammirare la sua firma in diverse zone del mondo, come in Italia, America, Svizzera e Germania. Come per Tamara Djurovic anche Shamsia delinea figure stilizzate in alcuni aspetti: senza bocca, occhi chiusi. Questa la sua scelta artistica per comunicare messaggi tenaci, in un paese dove la voce femminile non è ascoltata.

Il Valore educativo della Street Art di Shamsia Hassani.

 

Le va riconosciuto il grosso merito di aver reso popolare la Street Art nel bellicoso Afganistan. I muri di Kabul, come immaginiamo, non sono come tutti gli altri. Lì, essere rapidi (particolarità comune a molti artisti di strada) è una questione di vita o di morte. Motivo per cui cerca di lavorare in zone isolate, in orari di punta e terminare il lavoro in una manciata di minuti. Perciò risulta ancora più fuori dall’ordinario e particolarmente rilevante vedere sbucare, spesso dalle macerie, un’esplosione di colori in netto contrasto con l’ambiente circostante, tramortito dalle deflagrazioni vere. Il muro, per antonomasia simbolo di separazione o di costrizione, in questo caso prende colore e diventa tela ma anche spazio per dare voce a chi non ce l’ha.

Shamsia Hassani

Il suo contributo è rivoluzionario non unicamente per la scelta dei soggetti, normalmente tagliate fuori dalla società, ma anche solo per il fatto di portare avanti una forma d’arte libera e provocatoria a trecentosessanta gradi. Sullo sfondo una realtà oppressa come l’Afghanistan, in primo piano la sfida ai canoni dell’arte iconoclastica controllata dal sistema. Si potrebbe definirla una Banksy al femminile.  Per certi versi e con le dovute proporzioni del caso, difatti Shamsia rivisita la bambina con il palloncino del writer britannico in una sua personale accezione e interpretazione. La Street Art è un’espressione diretta di comunicazione, ma in questo contesto assume un valore evidentemente più profondo, un valore formativo, in un ambiente per nulla istruito alla libera espressione. Lei, docente di disegno presso la facoltà delle Belle Arti di Kabul.

Le donne di Shamsia sono autoctone, indossano lo hiyab come un accessorio, ma, a differenza della triste condizione, sono libere. Sentirsi libere di farlo o meno, è prima di tutto uno modo di essere, è sentire di potersi esprimere. È questo che le donne di Hassani cercano di trasmettere.

L’arte cambia la mente delle persone e le persone cambiano il mondo.”

Claudia Avena

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