Diverse vite in una, e non sempre riconducibili ad un singolo corpo, quelle vissute da Simone Benussi, sicuramente più noto col moniker MACE. Attivo da circa due decenni, il producer milanese chiude il cerchio attorno un percorso evolutivo importante pubblicando il suo primo disco, dal titolo “OBE” per Island Record.
MACE: OBE, Un album che è pianeta di suoni
Il titolo è una sigla, che per esteso si intende “Out of Body Experience”; parole che custodiscono un nucleo concettuale organico e complesso, nel quale la ricerca sonora si innesta come porzione di tematiche molto più profonde. La tracklist è accompagnata da simboli alchemici, caratteri tibetani ed icone metaforiche; l’evocazione esoterica è rafforzata dal diretto interessato che ha presentato così il progetto:
La mia prima esperienza extracorporea l’ho avuta a 5 anni, durante un’operazione al femore. Mi sono visto dall’alto. Non solo sono esperienze, ma è emblema della mia attitudine alla vita: esco dalla mia quotidianità, dal mio corpo, e osservo le cose da un’altra prospettiva. Anche quando viaggio è così: vedo le cose da un altro punto di vista.
Questo si propaga nella mia maniera di pensare e di comporre.
E MACE se la cava bene quando si tratta di uscire da stanze a chiusura stagna: da beatmaker radicalmente hip-hop ha abbracciato i suoni electro, salvo poi conoscere Venerus ed intraprendere un percorso teso a trascendere dai confini dei generi musicali. In “OBE” la presenza del sodale Andrea Venerus è costante, rimarcata a più riprese lungo un’esperienza d’ascolto frammentata in 17 episodi.
La metafora del viaggio restituisce concrete sinestesie, regalando visioni d’asfalto e di città che si intervallano a fascinazioni afro-orientali, di giungla e natura incontaminata dove il suono torna alla sua funzione primordiale, a quel ritmo che prende di pancia e batte in sintonia col cuore.
Venerus, ma non solo: il vero punto di forza di questo album sta nell’invito al viaggio, raccolto con entusiasmo da un bel po’ di artisti.
L’importanza di essere un producer
Aggiungerei: e di lavorare davvero bene. Solo alle voci si alternano più di 20 artisti, un numero impressionante che in realtà rappresenta la reale portata discografica di Mace. Versatile produttore, ha abbinato doti creative alla giusta dose di public relation per chiamare alle armi amici, conoscenti e colleghi coi quali intercorre stima reciproca.
Ci sono nomi grossi dell’hip-hop nostrano (Salmo, Guè Pequeno, Gemitaiz, Noyz Narcos, Jake La Furia), facce fresche dall’ambito trap (PSICOLOGI, FSK Satellite, Samurai Jay, Chiello, Side Baby, Geolier, Madame e Rosa Chemical); una spruzzata di artisti indipendenti (Colapesce, Joan Thiele e Blanco), fenomeni da classifica (Rrkomi, Irama, Ernia) e perfino il ritorno di Carl Brave & Franco 126 (su due canzoni distinte, e per la crew CXXVI c’è anche Ketama126).
Come dire insomma: chi più ne ha più ne metta.
E proprio qui si evidenzia la bravura di MACE, navigato nella sua esperienza ed abile a fare un taglia e cuci sartoriale per i suoni che vestono ogni vocalità coinvolta. Il pasticciaccio si nascondeva dietro l’angolo, pronto a commettere l’agguato perfetto.
Simone Benussi evita imbarazzi e tira fuori un disco dalla vocazione sperimentale attorno al pop; forse un pizzico appiattito (ed è giustificato) in direzione urban nella porzione centrale, ma che redime questa scelta con una robusta closing track strumentale dal titolo “HALLUCINATION ☿”.
Non giriamoci intorno: le featuring sono il petrolio discografico degli anni ’20, ma in questo caso la credibilità artistica non viene minimamente offuscata da una manovra che legittima anche i fini accessori (neanche tanto) di una release, ossia arrivare a quante più orecchie possibili.
Perché Geolier canta in napoletano e funziona, Samurai Jay (anche lui dalla Campania) invece si esprime in italiano e funziona lo stesso, Joan Thiele e Venerus insieme possono sedurre chiunque; è un grandissimo colpo quello messo a segno per “SCOSTUMATO ♄”, dove c’è Fritz Da Cat, uno dei più importanti esponenti della old-school di casa nostra.
Ogni artista è al suo posto, ogni canzone ha i giusti artisti
Se si vola sulle ali delle emozioni e dei ricordi con “LA CANZONE NOSTRA ⟁”, io sono decisamente convinto che l’episodio più emblematico di questa avventura sia il numero 6. “AYAHUASCA ☰” mette insieme Colapesce e Chiello, preso in prestito dalla FSK Satellite. Il giovane trapper ha dichiarato di essere fan del cantautore siciliano, ed è scattata la magia. Lorenzo Urciullo ha messo in parole le esperienze allucinate di MACE, mentre lo stesso ha costruito la traccia più psichedelica campionando tribalismi e ritualità amazzonica. Si viaggia lontano, ma è pazzesco sentire sempre quel ritorno di Sicilia.
“Out of Body Experience” è probabilmente il disco da prendere ad esempio quando sei un produttore e decidi di metterti in gioco in prima persona, esponendo la tua espressività artistica. A quasi 40 anni, MACE può vantare un curriculum importante, che non è uno scomodo fardello ma la rampa di lancio per concretizzare una proposta coerente, multisfaccettata, che osa e fa incetta di ascolti. Una proposta maestosa come il punk-mullet policromatico di copertina.
MACE e Venerus: i Battisti – Mogol degli anni ’20?
È una riflessione che non vedo clamorosamente sacrilega per svariati motivi.
I diretti interessati hanno confermato a più riprese come il connubio artistico sviluppato in anni recenti abbia portato ad un processo di crescita personale decisivo. Mace, d’altronde, ha dimostrato in “OBE” come il producer moderno abbia svestito i panni di eminenza grigia dietro il banco di missaggio esponendosi con credibilità in prima persona per le sue canzoni.
Dal canto suo, Venerus ha contribuito con ascolti ed influenze continentali metabolizzate con efficacia. La presenza su ben quattro tracce è una testimonianza forte: questo sodalizio è profondo e radicato. Ed a suo modo, con le dovute contestualizzazioni e forme artistiche decisamente diverse, può ricordare (e magari rinnovare) quella impostazione “a due” che diede lustro alle carriere di Lucio Battisti e Mogol.
E probabilmente, abbiamo ascoltato qualcosa del “Magica Musica“ che a breve vedrà la luce.
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