Era stato annunciato in pompa magna e facendo leva su ambiguità da marketing. Il concerto in streaming di Ultimo al Colosseo, tuttavia, ha mostrato evidenti limiti tecnici e qualche caduta di stile evitabile. Ma procediamo con ordine.
La sera del 22 aprile, a partire dalle ore 21.00, sulla piattaforma LiveNow (specializzata in produzioni di questo tipo) era prevista la trasmissione in streaming di un concerto del cantautore romano. Nello specifico, una performance di circa 40 minuti nell’evocativa cornice del Colosseo (per rimarcare una certa facciata di romanità dell’artista) per dieci pezzi pianoforte e voce; presente in scaletta il nuovo inedito “Buongiorno vita“ in anteprima.
Il ticket digitale era in vendita a 10€, scontato a 5€ per chi avesse già comprato il biglietto per il tour di Ultimo rimandato al 2022. Parte dei ricavi (la percentuale non è nota) sarebbe stata devoluta per le iniziative dell’Unicef in Mali, ente che annovera proprio Ultimo come testimonial.
Perché il concerto di Ultimo al Colosseo è stato un pasticciaccio?
Scattata la fatidica ora X, la stragrande maggioranza degli utenti non ha potuto assistere a questo concerto, generando immediatamente un grosso volume di proteste via social. Complice una strategia di comunicazione ambigua, che non ha specificato se il concerto fosse dal vivo, in streaming oppure registrato per essere trasmesso, il panico si è insinuato tra i fan, convinti che, minuto dopo minuto, stesse sfumando l’opportunità di vedere il proprio idolo.
LiveNow è andato in crash a causa dell’altissimo numero di utenti connessi in contemporanea, e l’azienda ha posto rimedio lasciando per 48 ore in visione sulla piattaforma la sessione live, che a tutti gli effetti era stata registrata con giorni di anticipo. Una exit strategy per evitare procedure di rimborso dei ticket.
Ultimo, che per l’ennesima volta non brilla di umanità dopo le polemiche sulla vittoria sanremese di Mahmood, ha chiosato con toni trionfalistici dal proprio Instagram. Peccato che “mandare in crash i server che ospitavano l’evento” sta a significare la mancata fruizione da parte del tuo pubblico.
In pratica è come gioire sulle sventure di chi ti ha portato alla ribalta. Evitabile.

Le differenze tra un video in streaming ed un concerto live in streaming
In tempi di Covid ci siamo tristemente abituati ad una fruizione digitale della musica dal vivo. C’è tanta disinformazione, e la pigrizia di organi di stampa ed uffici di comunicazione alimenta la confusione degli utenti. Ma bisogna comprendere quale differenza c’è tra un video trasmesso in streaming ed un concerto live in streaming.
Un video trasmesso in streaming è una performance registrata, dove è stato effettuato un montaggio e la messa in onda non presenta nessun elemento dei canonici concerti live. È come una premiere di un videoclip su YouTube, e proprio per risultare trasparente verso i suoi ascoltatori, Angelica ha pubblicato su quella piattaforma di streaming la sua live session di “Storie di un appuntamento”.
Un concerto live in streaming, invece, non è registrato. È trasmesso in diretta, ci sono anche tempi morti e qualche imperfezione tecnica. Un esempio lampante è quello concretizzato dalla rock band dei The Hives, che nel mese di gennaio hanno realizzato un world tour esibendosi nel fuso orario di riferimento della location “designata” per quel giorno; era inoltre possibile telefonarli in diretta tra una canzone e l’altra.
L’auspicio è che prima possibile si torni sotto i palchi per dimenticare questo marasma delle performance in streaming. Ma fino a quando si protrarrà la situazione attuale, è il caso di prestare attenzione per godersi una serena fruizione dei concerti, che siano live o registrati.
Il Covid ha dimezzato i consumi culturali, ma aumentato le cifre dello streaming.