“Per Lucio”, Pietro Marcello ricorda un creativo che sapeva vivere

Nell’era in cui va di moda portare sul grande schermo le biografie degli artisti è raro essere in grado di distinguersi dalla massa. Infatti, l’uscita di Per Lucioil film evento dedicato a Lucio Dalla che occuperà le sale cinematografiche esclusivamente il 5, 6 e 7 luglio – ha preoccupato i fan e non poco.

Pietro Marcello, caro alla critica soprattutto grazie a Martin Eden del 2019, ha deciso di correre questo rischio. In particolare, il regista insieme a Marcello Anselmo ha messo in luce un lato in particolare dell’artista bolognese, facendo comprendere allo spettatore come l’uomo e il musicista siano strettamente connessi.

La pellicola, distribuita da Nexo Digital, è già stata proposta in anteprima mondiale alla settantunesima edizione del Festival di Berlino 2021. Vanta il contributo musicale del critico John Vignola e la presenza visiva e narrativa dello storico manager Tobia (Umberto Righi) e dell’amico d’infanzia Stefano Bonaga.

Tutti i piccoli tasselli che costituiscono il puzzle fanno già pensare in partenza ad un’opera ben riuscita. Sarà davvero così?

LUCIO DALLA, UNO SPIRITO LIBERO 

Anomalo, spontaneo e sincero. Tre degli infiniti aggettivi che potremmo attribuire ad un personaggio come Lucio Dalla, perla rara della storia della musica italiana di tutti i tempi. Nato il 4 marzo del 1943 (data impossibile da dimenticare) e scomparso il 1 marzo del 2012.

Il suo percorso musicale prende il via dalla scena jazz, ancora oggi poco seguita in Italia. Inizialmente clarinettista, sperimenta sempre nuovi percorsi e, riscaldando l’ugola, cerca un suo posticino da occupare. Obiettivo difficile da raggiungere per uno spirito libero.

Contro le aspettative, l’artista diventa uno dei fondatori di un nuovo modo di fare arte. Lucio Dalla è un freak, un hippie, un camaleonte sempre pronto a prendere nuove sembianze, fino a conquistare l’immortalità.

 Per Lucio

 

L’ITALIA NELLE MANI DEI BRUTTI

 

Negli anni Settanta fare musica assume una sfumatura distinta. Dalla spensieratezza e dai bei faccini ripuliti, i testi delle canzoni inseriscono l’attualità tra le melodie.

Gli anni di Piombo, le stragi di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 e della stazione di Bologna del 2 agosto 1980 diventano alcuni temi cardine. Questo accade perché i giovani cercano di essere attivamente parte della società. Diviene inevitabile raccontare la vita quotidiana a 360 gradi, attraverso qualsiasi forma, anche artistica.

Così nascono i cantautori. Non è più importante apparire, quanto trasmettere un messaggio. Le parole fanno vincere metaforicamente i “brutti” sui “belli”. Questi personaggi assumono il compito, la missione, di scrivere la rivoluzione e descrivere la velocità con cui si susseguono gli avvenimenti nel corso del Secolo Breve.

Bologna è città simbolo di quel periodo, a metà tra il cupo e l’affascinante. Anche per tale ragione, il capostipite di questa nuova ondata non potrebbe che essere Dalla, ma non solo. L’artista è stato in grado di rappresentare una larga fetta di giovani. Gli ultimi, gli emarginati, per l’appunto.

Per Lucio non contiene l’exploit della carriera di Lucio Dalla, ma il suo esordio. Il periodo in cui il bolognese non riesce ad emergere e neppure a vivere con il proprio mestiere.

 

L’IMMAGINE DI UN UOMO ATTRAVERSO LA SUA MUSICA 

 

Per Lucio si sofferma sulla visione dell’artista da parte del manager Tobia, con cui ha condiviso quarantasei anni di vita. Non dimentichiamo l’amico Stefano Bonaga, vicino al bolognese in prima persona. Un artista incapace di conquistare il suo pubblico nell’immediato e che – purtroppo – ha avuto un seguito maggiore dopo la scomparsa.

Nel documentario ne esploriamo il primo periodo. Per avvicinarci al personaggio è indispensabile entrare nel vivo dell’epoca e per tale motivo la narrazione diventa d’interesse collettivo.

Uno degli aspetti decisamente più accattivanti è il rapporto tra Lucio Dalla e Roberto Roversi, poeta ed intellettuale d’altri tempi, da cui il cantautore impara a scrivere e ad acquisire un metodo di lavoro.

Il ritratto sonoro e visivo ci catapulta in un’era passata in bianco e nero, tra immagini di repertorio inedite, facendoci dimenticare il presente.

Sulle note di “Com’è profondo il mare” – pezzo che lo porterà alla ribalta fino a farlo diventare quello che più comunemente conosciamo – le luci in sala si riaccendono. Ci ricordiamo del mondo circostante dopo gli ottanta minuti circa passati immersi in un universo parallelo. Indossiamo tutti la mascherina, come da prassi, ma si distinguono gli occhi pieni, di gioia e una buona dose di malinconia.

Per Lucio

UN FILM “PER LUCIO” 

 

Come afferma Pietro Marcello, l’obiettivo di Per Lucio

“non è stato di restituire un ritratto puntuale del cantante e nemmeno di celebrarlo. Ho scelto di rievocare la carriera cangiante, la personalità anarchica e il geniale talento”.

Bersaglio perfettamente centrato. Il regista ha dato una sua reinterpretazione del personaggio e ciò ha reso l’opera intera più autentica e credibile.

Sono le immagini, le interviste inedite, a parlare ancor più delle testimonianze. Il protagonista sembra raccontarsi in prima persona, nonostante siano i due suoi amici stretti a ricordare le sue gesta eroiche.

La sua permanenza sulla terra è stata un viaggio intenso, in cui la partenza è stata “più piccante, sentimentale meno” ed il ritorno talvolta nostalgico.

Lucio Dalla è innamorato della vita e sa come assaporarla in tutte le sue sfaccettature. Adora le anomalie e gli anomali che rendono l’esistenza più completa, vera ed emozionante. Come un bambino curioso e instancabile. La sua non è un’anima unica, il suo pregio è assorbire e impossessarsi dell’essenze altrui, integrandole e rendendole una propria caratteristica.

Lucio Dalla è – e non era, perché la sua luce non si spegnerà mai – un artista che ha ispirato la nuova generazione di cantautori italiani. Purtroppo, perché sia compreso davvero da tutti ci vorrà ancora molto tempo. E forse non accadrà mai.

 

 

Assunta Urbano

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