Alcune frasi mi sono passate più volte per la testa durante la visione di Bentornato papà. Ovvero, le infinite citazioni e i numerosissimi aforismi riguardo la vita. Nella maggior parte dei casi si fa riferimento alla sua brevità e a come riuscire, in modo astuto e scaltro, a rinviare l’inesorabile scoccare delle lancette.
Il film è diretto e sceneggiato da Domenico Fortunato, che, inoltre, ricopre nell’opera il ruolo di attore protagonista. Nel cast figurano Donatella Finocchiaro, Giorgio Colangeli, Dino Abbrescia e i giovanissimi Riccardo Mandolini, Silvia Mazzieri e Giuliana Simeone.
La pellicola cinematografica, prodotta da Altre Storie e Rai Cinema, vede la sua prima apparizione ufficiale al pubblico il 29 settembre in occasione del BiFest 2021 – Bari International Film Fest.
LA TRAMA
Franco (Domenico Fortunato) è un padre di famiglia affettuoso, che non fa mancare nulla ai suoi cari, sebbene il suo cuore si trovi in Puglia e il lavoro a Roma. In Capitale lo segue Andrea (Riccardo Mandolini), figlio con cui ha un rapporto burrascoso. Un ribelle appassionato di musica e timoroso di non essere accettato dal genitore. Al sud, invece, ci sono la moglie Anna (Donatella Finocchiaro), amorevole e generosa, e l’altra figlia Alessandra (Giuliana Simeone), profondamente sensibile. Le due vivono nell’abitazione accanto a Silvano (Giorgio Colangeli), fratello di Franco, il quale è quasi un quinto elemento del nucleo felice.
All’improvviso, un tragico evento fa cambiare tutto. Franco avverte un malore, viene ricoverato, la situazione non è delle migliori e l’intera famiglia si raccoglie intorno all’uomo in ospedale.
BENTORNATO PAPÀ, una storia comune
Bentornato papà è la storia di una famiglia come tante, alle prese con un netto cambiamento di vita. Il malore di Franco, purtroppo, unisce tutti i cari attorno ad uno stesso letto ospedaliero e mostra al pubblico al di là dello schermo sentimenti veri ed autentici. Persino il burbero e scontroso Andrea rinuncia ai suoi impegni per non abbandonare il padre, a cui rivela per la prima volta di essere legato da profondo affetto.
Tra gli aspetti da lodare del lungometraggio c’è, in primis, la scelta di regia coraggiosa attuata dallo stesso Domenico Fortunato. Lo spettatore segue le vicende e si ritrova più volte nelle vesti del malato. Questo permette di entrare a tutto tondo nella narrazione.
Sicuramente un altro pregio da non sottovalutare è l’interpretazione di Donatella Finocchiaro, riuscita ad impersonare alla perfezione Anna. Riusciamo a sentire, a provare, il dolore e il dramma di una madre e di una moglie che non conosce le sorti di chi le sta accanto. E, nonostante ciò, non smette di combattere.
UNA NOTA “STONATA”
La visione di Bentornato papà scorre lineare, anche perché la sua trama è tristemente comprensibile. Tuttavia, c’è una nota “stonata” che, probabilmente, avrebbe potuto non essere inserita nell’intera sinfonia.
A mio avviso, l’intreccio sentimentale tra i giovani Andrea e Claudia (Silvia Mazzieri) – ovvero la figlia di Giovanni (Dino Abbrescia), compagno di camera d’ospedale di Franco – non è utile ai fini del racconto. Suppongo sia stato inserito semplicemente come espediente. Un modo per permettere ai due di uscire ed evadere dall’esperienza che si sono trovati a condividere e a regalare attimi di spensieratezza al pubblico.
“BENTORNATO PAPÀ” RIFLETTE SULLA CADUCITÀ DELLA VITA,
MA NON SOLO…
Nonostante Bentornato papà tratti un tema così delicato, tra le tetre e grigie pareti di una stanza di ospedale, è impossibile non notare uno slancio ottimista. La situazione imprevista ha unito i componenti della famiglia e ha permesso di conoscersi, ritrovarsi e, nel male, trascorrere del tempo insieme. Franco è fermo, osserva e regala più volte sorrisi sinceri ai suoi cari. Più che una fine, sembrerebbe di trattarsi di una ripartenza, un nuovo inizio.
Il film, dunque, riflette sulla caducità della vita, sui momenti giusti e quelli sbagliati, sulle fortune e disgrazie che il solo esistere riserva. Ma non si ferma qui.
Bentornato papà racconta la forza di una famiglia – vera protagonista del lungometraggio – di riscoprirsi unita e di avere il coraggio di reinventarsi, ricostruirsi e ricominciare con coraggio da capo.
Assunta Urbano