Yara è un film di Marco Tullio Giordana (La meglio gioventù, I cento passi), disponibile su Netflix dal 5 Novembre, basato su una storia vera. La storia dovrebbe essere quella di Yara Gambirasio, tredicenne di Brembate di Sopra, piccolo centro della provincia di Bergamo, scomparsa il pomeriggio del 26 novembre 2010 e ritrovata morta il 26 Febbraio 2011, dopo tre mesi di estenuanti ricerche, in un campo distante una decina di km dal luogo della sparizione.
Dicevamo dovrebbe perché nelle note descrittive che accompagnano i trailer presenti su Netflix troviamo un’indicazione importante su quello che, a ogni buon conto, sarà il tema predominante della pellicola.
“Una risoluta Pm si dedica completamente al caso di una tredicenne scomparsa e fa di tutto per arrivare alla verità. Basato su una storia vera”.
Ecco, la storia vera – anche se non sappiamo fino a che punto – è quella della PM Letizia Ruggeri, intrepretata da una bravissima Isabella Ragonese. Il fulcro della pellicola ruota intorno alle indagini che hanno portato all’individuazione prima e al successivo arresto poi, con condanna definitiva all’ergastolo, di Massimo Bossetti.
Yara, una storia da raccontare
Quella di Yara e Bossetti è sicuramente una storia che merita di essere raccontata, per il clamore mediatico suscitato all’epoca dei fatti e per gli sviluppi polemici che produssero le indagini. La domanda sulla necessità di un film al riguardo trova dunque facile risposta.
Il punto dolente di un qualsiasi racconto basato sul reale è il modo in cui vengono narrati i fatti. Le possibilità sono molteplici ed il mezzo si presta particolarmente. Così come varie sono le prospettive da cui osservare un omicidio. Nel caso di Yara, non è tanto il soffermarsi sugli aspetti che hanno riguardato le indagini a non convincere, quanto piuttosto il relegare ad accessorio il dramma vissuto dai familiari della ragazzina. Senza considerare che Bossetti risulta in buona sostanza come un elemento accidentale del racconto. C’è perché deve esserci, ma la costruzione del personaggio rimane incompiuta, come l’opera in sé.
Il percorso narrativo portato avanti da Marco Giordana, che si avvale del fedelissimo e valido Alessio Boni per aggiungere sostanza ad un racconto incentrato sulla figura della Ruggeri, è privo di significato particolare.
Ad un’analisi più attenta, appare inopportuno il riferimento a Yara nel titolo in un contesto in cui viene rappresentata alla stregua di una comparsa. Insomma, per intenderci, Yara e Bossetti potrebbero tranquillamente essere scambiati con altri mille nomi senza produrre modifiche significative a quanto mostrato sullo schermo. Un film come un altro in cui difficilmente si noterebbe la differenza. Vittima ed assassino soccombono in presenza della straordinaria luce emanata dalla PM.
Yara ha suscitato malumori e polemiche da parte della famiglia della ragazza, ignorata inspiegabilmente, e della difesa di Bosetti, indignata dalla rappresentazione dei fatti. La sensazione finale è che sia un lavoro riuscito solo in parte. Un film che si lascia guardare e non richiede particolare impegno, tutto sommato, più adatto ad essere inserito nel palinsesto di Canale 5 che come titolo del catalogo Netflix.
Salvatore D’Ambrosio