Perdersi per ritrovarsi può essere un esercizio tanto necessario quanto funzionale. Un volo a planare elogiando il sentirsi privi d’orientamento, provando poi a (ri)trovarsi nelle increspature del percorso che si sta facendo.
È la prospettiva di SASSO, che spogliatosi del nome Anthony ha inaugurato un percorso musicale finalizzato alla release di un album di prossima pubblicazione. Nel mentre, il suo inverno ha visto la pubblicazione di “Cercatrova” e, più di recente, il secondo singolo intitolato “Aquila”. Proprio come il maestoso rapace, l’artista apre le ali per vivere armoniosi saliscendi tra pentagramma e parole; è musica atemporale, che prende a piene mani da una certa tradizione rock per definire il presente. Il tutto lontano dalle tendenze del momento e dalle pressioni discografiche finalizzate per mettere in confezione prodotti dai crismi precostituiti.
In “Aquila” è possibile apprezzare le featuring di Enrico Gabrielli e di Èlia, ma soprattutto c’è da immergersi in una componente audiovisiva che integra il nucleo concettuale del brano, attraverso un videoclip a firma di Donato Canosa.
Nel mentre che si attende, con tanta pazienza, il ritorno alla musica suonata dal vivo (con Sasso che ha già in programma i concerti del 26 Febbraio al Circolo della Musica di Rivoli (Torino), del 9 Aprile al Covo Club (Bologna) e del 19 Maggio al Laclaque di Genova) abbiamo deciso di approfondire col diretto interessato questa fase introduttiva del progetto, cercando indizi del disco che verrà.
Sasso – Intervista
Ciao Anthony, come va? Volevo iniziare chiedendoti a riguardo di un cambiamento piccolo, quasi impercettibile, ma che immagino sia a suo modo emblematico: cosa ti ha portato a “mettere da parte” il tuo nome per iniziare un progetto nuovo unicamente come SASSO?
Ciao! Tutto bene, non è un periodo di certo facile, ma provo a tenermi occupato con diverse attività; cerco soprattutto di preservarmi da questo momento storico davvero confuso.
Utilizzare il mio cognome vuole rappresentare un cambiamento, ed ora posso affermare che l’approccio all’intero progetto è totalmente diverso rispetto al passato.
A pensarci bene, forse ha un pochino a che fare con l’ego. Mettendo da parte Anthony sicuramente metto da parte qualcosa di me che non mi appartiene più. E poi SASSO è decisamente un termine più forte, diciamo che rimane più impresso, oltre ad avere tante “s”, che rappresentano anche il numero 5 e la nostra band è composta da 5 elementi. Infine, quale nome più rock di questo! Possiamo dire che ho il rock nel sangue da generazioni.
Dopo la pubblicazione di “CERCATROVA”, è la volta di “Aquila”. Sembra ormai ben definita la linea artistica che intendi tracciare, e si naviga tra sonorità profonde e stratificate. Puoi presentarci il tuo nuovo singolo e come si è sviluppata la collaborazione con Enrico Gabrielli e Èlia?
“Aquila” è un pezzo molto importante di questo percorso. Ricordo quando tornai a casa con il primo provino e riascoltandolo rimasi incredulo e commosso. Ho capito fin da subito quanto fosse speciale, ma volevo renderlo ancora più sensuale e profondo; pensai di inserire delle voci femminili e chiamai Eleonora “Èlia” Ceria, che ha un talento incredibile e che conosco da tempo essendo cugini.
Con Enrico Gabrielli ci conosciamo dalla collaborazione con Laszlo e ho deciso di coinvolgerlo nel brano perché sentivo il bisogno di un sax e il suo è meraviglioso, dato che rimanda un po’ ai Pink Floyd e un po’ a James Senese, ovvero a ciò che occorreva per farci volare davvero in alto.
La pubblicazione della traccia è accompagnata da un videoclip molto peculiare, in linea con le suggestioni che la canzone intende stimolare. Si parte da Bertrand Russell e si “vola”, proprio come un’aquila, tra le increspature di un mockumentary. Quanto è importante la forza dei concetti in un progetto audiovisivo del genere?
Il merito del videoclip è di Donato Canosa, che ha realizzato un lavoro eccezionale e gli sono molto grato. In passato avevo apprezzato due splendidi suoi documentari, “La cacciata del Malvento” e “Tutti pazzi per Paolo” e questo mi ha convinto a lasciargli praticamente carta bianca sul concept del videoclip.
Inizialmente avevamo preferito evitare di inserire i dialoghi, ma in seguito ci abbiamo riprovato e ha decisamente funzionato. Devo dire che è stato un lavoro lungo e faticoso, anche perché il brano non è proprio breve. Ma io e Donato abbiamo avuto un confronto e una complicità perfetta rispetto alla direzione che volevamo dare alle immagini; al cercare di farlo diventare molto sensoriale come approccio.
Alla base di tutto è presente il concetto di elevazione, dove lo spirito, appunto, si innalza di fronte alla bassezza umana e cerca di andare oltre con tutte le eventualità di un ipotetico schianto.
La tua musica sembra richiamare i sensi ad un lavoro di significazione più profondo e articolato rispetto a molta musica “di plastica” che circola nel quotidiano. Nulla a togliere a determinati stili, ma credo che ci sia un sottotesto molto significativo nelle tue più recenti canzoni. Questo ritorno alla lentezza, a fare canzoni che non si perdano nella brevità di un singolo ascolto, è per te una scelta ragionata oppure è l’istinto a fartele plasmare così?
In realtà è stata un’esigenza. Ogni tanto anche fare musica può diventare una routine, in particolare quando si realizza qualcosa che “funziona”, allora molti ne abusano e pensano di poter ripete il compitino per il puro piacere del pubblico o altre velleità, come i ritorni economici connessi. Adottando questa strada si perde creatività e bisogna stare molto attenti.
Personalmente avevo il bisogno di creare, di scrivere, di perdermi per ritrovarmi, insomma di mettermi in gioco, e i classici tre minuti non bastavano assolutamente. Sono comunque consapevole di saper scrivere e comporre anche con un’attitudine più leggera, dipende dalle esigenze del momento.
Rotta puntata al disco, che stiamo pian piano disvelando e apprezzando…dobbiamo tenerci forte in vista di ulteriori sorprese? 🙂
Posso solo dirti che questo disco è stato concepito come un vero e proprio Greatest Hits di singoli e ciò che bisogna aspettarsi sono brani di diverso respiro. Sono cresciuto ascoltando album come “The Wall” dei Pink Floyd, molto diversificati nelle sonorità, e mi aspetto che verrà colto questo aspetto anche nel mio album. Sono felice di fare musica perché si possono esplorare tanti mondi diversi e non vedo l’ora di farvi ascoltare qualche nuovo inedito.