In Patagonia di Bruce Chatwin: il viaggio come formazione interiore

In Patagonia“, edito da Adelphi e opera prima dello scrittore inglese Bruce Chatwin, è il diario del viaggio intrapreso dall’autore alla ricerca delle proprie radici seguendo le tracce di un suo antenato marinaio attraverso la Patagonia argentina e cilena.

Ho comprato il libro perché cercavo indicazioni, consigli, luoghi da vedere di questa terra meravigliosa ed ancora incontaminata che da sempre esercita un notevole fascino su di me e che intendo visitare.

“La Patagonia”! gridò. “È un’amante difficile. Lancia il suo incantesimo. Un’ammaliatrice! Ti stringe tra le sue braccia e non ti lascia più!”

Il libro è sul mio comodino da circa una settimana ed attendo il primo momento libero per iniziare la lettura, ma la mia fervida immaginazione, come sempre, cavalca a briglie sciolte e, ancora prima di sfogliarlo, mi ritrovo catapultata con la fantasia nella terra del Fuoco.

Il cuore batte forte, i sensi si amplificano e sento il profumo della brughiera e del bosco: mi vedo attraversare con passo felpato la foresta pluviale con gli occhi sgranati per il grande stupore di vedere piante ed animali sconosciuti. Sento il vento oceanico scompigliarmi i capelli mentre procedo senza sosta, ebbra di felicità. La “wilderness”, ovvero la parte più ancestrale e profonda di noi, è attivata all’ennesima potenza, ma bastano poche pagine di lettura per riportarmi alla realtà e per comprendere che non è affatto il libro che mi aspettavo.

In Patagonia” non è una guida di viaggio ed il lettore non riuscirà mai a coinvolgersi fino in fondo, se è solo questo ciò che cerca.

Scritto con uno stile essenziale, talvolta piatto, il libro non ha la capacità evocativa dei racconti di Sepulveda, che pure ha scritto dei testi su questa terra meravigliosa; basti pensare a “Patagonia express” oppure a ” Le rose di Atacama”. Non vi è un filo conduttore ed i tanti episodi descritti appaiono spesso slegati tra di loro, mentre la psicologia dei personaggi non è mai ben delineata.

Penso di desistere; il libro mi sta annoiando, ma stoicamente procedo fino a rendermi conto che, in definitiva, se è pur vero che non è una guida di viaggio, il libro è molto di più: è il resoconto del viaggio in sé, indipendentemente dal luogo in cui lo si vive.

Il viaggio è un bisogno intimo dell’uomo e rappresenta un grande bagaglio culturale per chiunque voglia avvicinarsi agli altri con la mente sgombra dai pregiudizi, per conoscere e per conoscersi. Non ha alcuna importanza la meta da raggiungere, ciò che conta è essere un viaggiatore consapevole, aperto all’imprevisto e alla scoperta.

È questo il messaggio che emerge tra le righe di In Patagonia: il viaggio è nella testa e deve essere visto oltre che come esperienza dell’altro, anche e soprattutto come formazione interiore.

Viaggiare? Per viaggiare basta esistere. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è cio che vediamo, ma ciò che siamo” [Il libro dell’inquietudine – Fernando Pessoa].

Milena Del Prete

Ciao, abbiamo rilevato che stai utilizzando una estensione per bloccare gli annunci. I banner pubblicitari ci consentono di fornirti notizie in maniera gratuita.

Supportaci e continua a leggere disabilitando il blocco e inserendo il nostro portale nella whitelist