Cosmorama | Redemption: Un album diretto che racconta più “esperienze”

Redemption, secondo lavoro in studio dei Cosmorama, sa raccontare in modo trasversale storie e tematiche che vanno dal sociale al politico, dal personale al culturale.

In questi giorni post apocalittici di ritorno alla vita normale, che non sia spiaggia, sole e gelati, ho avuto modo di approcciarmi ai Cosmorama. Nello specifico al loro secondo lavoro intitolato Redemption, uscito lo scorso 11 Maggio.

Dell’album di esordio, Radioscopio Alieno (2009), ignoro ogni cosa e sono al momento troppo impigrito per fare il professorino e studiarlo prima dell’interrogazione. Oggi è così.

Ci accingiamo dunque alla solita full immersion nelle nove tracce che costituiscono l’opera. Una produzione di facile ascolto, con guizzi rock leggeri ma vivaci. Brani composti per essere canzoni, di conseguenza strizzano l’occhio alla melodia ed accarezzano le orecchie senza urtarle troppo. Un agglomerato eterogeneo di tematiche che spaziano dal sociale al culturale, dal personale al politico. Tutto in lingua inglese, che è cosa buona e giusta.

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Come redimersi in 9 tracce

I Cosmorama aprono con She Said, secondo singolo estratto. Un pezzo immediato, dal ritmo sostenuto. Due cantanti: lui, voce leggermente graffiata tendente al registro acuto; lei, invece, dal timbro più dolce e orientato alla linea melodica. Il tema, attraverso degli ipotetici discorsi di un’entità femminile non meglio definita, tratta le contrapposizioni tra guerre, muri e ideologie razziste rispetto l’accoglienza, il senso di umanità e la forza di lottare contro le ingiustizie.

Le sonorità di chiaro richiamo anni ottanta che caratterizzano buona parte di Your Rag Doll, sferzano con decisione il clima dell’album Redemption (già al secondo brano. Apprezzo tantissimo). Una canzone corale e d’intesa tra i due cantanti. L’impronta di elettronica e i suoni “ambient” fanno il resto. Le dinamiche aprono dalla seconda strofa in poi, nonostante sia un pezzo fortemente orientato sul ritornello. Il tratto introspettivo del testo lascia spazio a svariate interpretazioni e ancora una volta è una figura femminile al centro della scena, seppur in modo molto differente.

Canzone successiva, decennio successivo. I’m Your Enemy mette sul piatto un moto di coscienza che si rivolge direttamente all’io profondo, tradotto in prosopopee. L’osservatore che ci scruta per ciò che siamo, senza veli né artefatti. Qui, in pieno stile The Cardigans, il prodotto delle intime interazioni prende forma e si riversa nel grande bacino delle angosce, paure e dipendenze. Ad ognuno il suo e non si scappa, i Cosmorama lo sanno e ce lo ricordano.

Fool Doesen’t Mean Fragile racchiude nel titolo un eloquente messaggio. Si collega direttamente alla canzone precedente, riprendendone le vicende vissute “dall’altra parte”, raccontando scenari che prima si era costretti ad immaginare. Si delinea via via un contatto reale, inteso quale rapporto sentimentale con tutti i crismi del caso.

Chiave di volta del nuovo disco dei Cosmorama è la title track, nonché primo singolo estratto: Redemption. Con una punta di sound industrial – il che è quasi profetico per chi ascolta – la band edifica un manifesto sociale contro le dinamiche distruttive del consumismo. Ovviamente la critica è diretta a ciò che c’è dietro: le grandi aziende, l’egida vampiresca del profitto che riesce a manovrare finti Stati democratici. Messa così è chiaramente una banale semplificazione. L’idea è ricordare che esiste, approfondire dovrebbe essere cura di chi sente dentro la scintilla della redenzione, appunto. Per tantissimi è solo un fuoco fatuo, per pochi altri invece è un incendio indomabile.

Segue l’eterea Pure. Senza infamia e senza lode, nonostante il tentativo (timido) di darle un tono inserendo un fugace assolo di chitarra che non ricorderemo. Tuttavia da “etereo” ad “eterogeneo” è un attimo, da premiare l’approccio diversificato che la band ha sin qui dimostrato.

Sicuramente più interessante è Scars Will Remian. La canzone riprende le tematiche impegnate, in questo caso con una spinta ritmica più evidente, e la strofa alla Dolores O’Riordan sembra adattarsi egregiamente al testo (si ricordi le celebre Zombie, ad esempio) che narra il dolore della guerra moderna. Conflitti freddi e impersonali dove droni e bombe falciano via vite inerti. La negazione della libertà attraverso l’imposizione violenta e sanguinaria. Il sangue si lava via ma le ferite resteranno.

I Cosmorama hanno strutturato il loro disco a strati alternati. Con A Fatal Sting ritornano le sensazioni già vissute in Pure. È Un brano composto per la voce, al fine di darle uno spazio per esprimersi, senza gli impedimenti tipici di chi vuole sfoggiare grandi tecnicismi. Mi è piaciuto il parziale ossimoro che si crea nella strofa tra musica e testo. L’armonia non restituisce il clima malinconico e triste che invece domina la lirica. Tutto migliora nella seconda parte del pezzo e c’è, guarda caso, spazio per l’assolo numero due dell’intero Redemption.

Chiude i giochi Breaking With The Past che snocciola brevemente le condizioni e le conseguenze causate dal fuoco dell’ira. Piccola nota simpatica: non so perché ma ha attratto la mia attenzione il leggero panning, ovvero lo spostare il segnale audio in modo stereofonico da destra a sinistra e viceversa, sulle code delle note di synth. Sono i piccoli dettagli che rapiscono.

Cosmorama

Titoli di Coda e Reminiscenze dal passato

Sarò breve. Gli artisti che affrontano il tema sociale sono pochi. Ne sono tanti meno quelli che si espongono anche politicamente (anche se non in modo diretto). I Cosmorama si affacciano a tali argomentazioni senza troppe sovrastrutture di sorta. Il passo è deciso, solido, ma la strada da fare è lunga in tal senso.

Redemption è sicuramente un disco che offre più “esperienze”, caratteristica da non sottovalutare. Certamente le migliori soddisfazioni vengono fuori dai brani impegnati, anche se fortunatamente restano “canzoni” e non “inni”. Leggendo la loro biografia, raggiungibile dalla Pagina Facebook della band, ho notato subito due cose: la prima è che nel 2009 hanno vinto “Musicalmente Policastro”, una rubrica che ho visto praticamente nascere in quanto, all’epoca, ci collaboravano alcuni amici. Un appuntamento che per alcuni anni ho seguito con gioia. Bravi; la seconda è che, durante la rassegna ambientalista World clean up day, hanno condiviso il palco col buon Maurizio Capone & Bungt Bangt, un’istituzione nel panorama del “riuso”, che è già di per sé una battaglia estremamente ardua.

Salam aleikum.

Mario Aiello

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