Fucina 28: L’Armonia Degli Opposti col plauso di Eraclito

L’Armonia Degli Opposti è il terzo lavoro dei Fucina 28. Dopo ‘È Arrivato il tempo’ (2012) e ‘La Pace Dei Sensi – Il Nulla’ (2015), il nuovo album è in uscita il 14 Ottobre. Nove inediti più una cover, tutte a firma Pietro Giamattei. L’autore, coadiuvato da un nutrito ensamble di musicisti, è al contempo padre e madre di questa creatura artistica. Molto gira attorno alla sua figura e sarà più evidente durante l’ascolto.

Il disco è permeato da un’anima “indiependente”, con sonorità variegate ma ben bilanciate. Coesistono sapientemente in armonia molti strumenti: ukulele, synth, violino. Giusto per citarne alcuni, oltre i classici chitarra, basso e batteria. D’altronde Fucina 28, cifra compresa, è sinonimo di aggregazione musicale. Lo suggerisce il termine, lo sottolinea la prova del collettivo.

Fucina 28

L’ARMONIA DEGLI OPPOSTI, TRACCIA PER TRACCIA

Apre le danze Mutria. Singolo estratto a scopo promozionale, disponibile dallo scorso Luglio anche in versione video raggiungibile qui. All’orecchio risaltano subito tre fattori, ovvero le percussioni, il motivo melodico e l’arrangiamento dovizioso di particolari. L’esperienza di un gruppo maturo e navigato si percepisce in ogni nota. Al ‘concetto d’insieme’ si aggiunge la declinazione caratteristica dei Fucina 28. La canzone parla, letteralmente, di una donna. Ricordi di ipotetici primi incontri e notti in tenda sotto la luna e le stelle. I soggetti astronomici saranno presenti a tratti in tutto l’album. Mi ha ricordato vagamente l’astrazione concepita da Eddie Vedder nel suo capolavoro Into The Wild. Evocativo.

Radio Aut manifesta un certa incisività, come fosse più suonato. Ovviamente è una suggestione. Anche le pause sono suonate alla perfezione ne L’Armonia Degli Opposti, proprio come esige qualsiasi maestro di musica: “suonare le pause”. La canzone è un rendiconto personale, pur mostrando le fattezze di un paradossale confronto in soliloquio.

Chi come me ha avuto il piacere/dispiacere di studiare filosofia alle superiori ricorderà (forse) un certo Eraclito. Se non lui, sicuramente il suo più famoso merchandise, cioè, Panta Rei (tutto scorre). Nel caso specifico non ci interessa molto, anche perché il tema è L’Armonia Degli Opposti, lo step successivo, però aiuta ad inquadrare l’argomento. Il brano, omonimo al disco, ha un ritornello lungo con dinamiche sostenute. Gli ‘arrotondamenti’ linguistici, che virano fortemente sul dialetto toscano, sono escamotage metrici che non hanno la velleità di celare veri e propri francesismi, diciamo così. Non si può dire che il buon Giamattei non sia un tipo diretto. In breve, come da titolo, la canzone sottolinea un conflitto descritto proprio dalle sue fasi contrapposte.

Segue Nero Infinito. Un approccio amorfo alla pena figlia di un generico senso di infelicità. Generico per modo di dire. Una ferita che forse brucia maggiormente a chi la la racconta, mentre chi la vive sembra averne un’esperienza diversa. L’altalena di sensazioni è meglio descritta dal comparto sonoro rispetto al testo. Le note, in pochi istanti, insinuano e sviluppano ogni intuizione.

Il ricorrente riferimento alla figura femminile perdura anche in Piccoli Supermarket. I Fucina 28 riprendono lo status quo del pezzo precedente, proponendo un motivo musicale eloquente a fronte di una lirica più modesta e breve. Nonostante ciò, non ci sono grandi stravolgimenti e la struttura ha comunque un connotato lineare. Dal punto di vista della prosa, potremmo essere di fronte ad un parallelismo minimarket/individuo. Inteso come qualcuno che si astrae (e sottrae) offrendo ‘dettaglio’ invece di ‘genericità’ o ‘qualunquismo’. La quadratura del cerchio ha una chiave strettamente personale.

L’ARMONIA DEGLI OPPOSTI, IL LATO B

Uno dei temi ricorrenti delle produzioni contemporanee è la critica, più o meno feroce, al mondo virtuale. Faccio Il Poeta Anch’io ne è un esempio, ma l’appunto è solo un veicolo. Dunque, l’uso dei social network e delle piattaforme web hanno evidentemente tolto concretezza al confronto. Per i Fucina 28 anche la materia ha un suo peso specifico. Carta e penna posseggono un valore che non può essere espresso se non toccandole. È il rapporto con una lei il vero protagonista, contrapposto alla peculiarità di lui di sfruttare mezzi ormai ‘obsoleti’ per scambiare o annotare informazioni. Un urto caratteriale innaffiato da qualche goccia di alcol. L’etanolo aiuta l’astrazione ma, dopo poco, lascia dei piccoli segni, perturbando ulteriormente una coscienza già lesa. In tutta onestà non ho gradito le linee melodiche del canto. Qualcosa andava corretta. Parere personale.

Aida è una cover, ripresa pressoché identica all’originale, del compianto Rino Gaetano. Non servono ulteriori inutili parole.

L’attitudine rock de L’Armonia Degli Opposti sta tutta racchiusa nel brano Non Puoi Fingere. Un coerente ossimoro: la storia di qualcuno che vive parola per parola un copione scritto per lui dalle circostanze e dalle difficoltà. Un teatro dove “non puoi fingere”, in equilibrio tra materiali aspirazioni e il desiderio di estinguere ogni pendenza.

Parafrasando Il Sabato Del Villaggio di Giacomo Leopardi, i Fucina 28 sono riusciti ad economizzare su un paio di versi per la canzone Lezioni d’Amore. Trattasi del complesso sistema di interazioni trasversali e tangenti che dominano l’individuo innamorato – o comunque legato sentimentalmente – a qualcun altro. La ricerca spesso indesiderata, ma in fondo piacevole, di spunti che forgino la consapevolezza verso una ‘crociata’ persa in partenza. Una campagna che vede alcuni immolarsi nel sollevamento degli altrui fardelli. Affetto? Senso del dovere? Chi lo sa, eppure non è tanto raro.

Chiude il sipario Io Ti Ho Vista Già. La descrivo banalmente come un tributo d’amore. Il brano col messaggio meno complesso della produzione è forse il più immediato. Un’ottima scelta per dare l’arrivederci al pubblico.

QUEL CHE RESTA DELL’INDIE

L’album L’Armonia Degli Opposti è sicuramente tra i non molti esemplari di concezione interamente indipendente che si possono reperire in giro adesso. Il termine ‘indie’ è ormai inflazionato, spesso travisato, piegato malamente ai voleri dell’odiato fratellastro maggiore, il mainstream. Con questo disco i Fucina 28 riordinano un po’ le cose. Partendo dalla produzione in studio, passando per la forma, arrivando alla sostanza. Inoltre, la scelta di accostare molte tipologie di strumenti, la struttura delle canzoni e il modo in cui maturano, eludendo (fortunatamente) il concetto elementare di strofa-ritornello-strofa-ritornello-ritornello.

Musicalmente non si possono muovere critiche di sostanza, nulla da eccepire. Forse solo il desiderio di tenere il violino un pizzichino alto, penso al fine di ritagliargli uno spazio consono, non ha ripagato sul lungo periodo. Sono inezie. Meno convincente la voce, non per timbro, non per estensione, proprio non ho compreso alcune disattenzioni che potevano essere corrette. Magari, una licenza poetica?

P.S.

L’ukulele rockeggia che è un piacere, molto (ma molto) più di quanto non facciano le centellinate chitarre distorte. A questo punto, più ukulele e meno chitarra. Sarà per la prossima fucina.

Mario  Aiello

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