Le Ereditiere, in lingua originale Las Herederas, è un film scritto e diretto da Marcelo Martinessi. Per la prima volta, il regista e sceneggiatore paraguaiano si è cimentato in un lungometraggio. Quest’ultimo ha riscosso un buon successo all’Internationale Filmfestspiele Berlin, con la premiazione ad Ana Brun (attrice protagonista della pellicola) come miglior attrice. Il film uscirà nelle sale italiane il 18 ottobre.
LA TRAMA
La storia si svolge ad Asuncion, capitale del Paraguay, in un tempo non definito. Le protagoniste di Le Ereditiere sono Chela (Ana Brun) e Chiquita ( Margarita Irùn), donne di mezza età. Entrambe condividono la stessa sorte. Discendono da famiglie agiate, ma, a causa di un crollo finanziario, sono costrette a rinunciare a tutto ciò che hanno ereditato.
Nel momento in cui Chiquita, incolpata di frode, è costretta a passare un determinato tempo in prigione, la vita di Chela cambierà totalmente. Comincerà a sentire un forte desiderio di libertà, soprattutto legato all’arrivo di Angy (Ana Ivanova) e al suo nuovo “lavoro”, ossia una sottospecie di taxi per signore anziane.
UNA PARTICOLARE ATTENZIONE AI DETTAGLI
Seppure la trama della pellicola sia da considerare interessante, non è questo l’aspetto che ci tiene attaccati allo schermo. Piuttosto, ad attrarre lo spettatore è la sua particolare attenzione per i dettagli. Ne è da esempio il vassoio, che rappresenta quasi il simbolo de Le Ereditiere.
Ovviamente le donne mostrate nel lungometraggio sono abituate ad una vita nel pieno benessere. Per cui è comprensibile che nessuna delle due si dedichi alla casa, affidandola alle mani di una domestica. Nonostante i problemi economici, e nonostante l’unica via d’uscita sia vendere la maggior parte degli immobili, Chela non si priva della presenza di una donna di servizio, seppure poco esperta.
La prima cosa che le insegna è legata alla sua ossessione: per l’appunto il vassoio. Come una sorta di rito mattutino, la protagonista lo richiede alla sua domestica con su acqua frizzante senza ghiaccio, bibita gassata (probabilmente Coca Cola – non citata) con ghiaccio, caffè, un fazzoletto e delle medicine.
È impossibile che uno studio così dettagliato passi in secondo piano o venga dimenticato. Il tutto, tra l’altro, ha un nesso con il mondo reale. Infatti, lo stesso regista afferma di essersi ispirato a sua zia.
UNO STUDIO APPROFONDITO SULLE DONNE
Non solo le minuzie non passano inosservate, ma c’è da fare anche una peculiare constatazione. Il film è totalmente, al 100 %, in rosa. Alcun uomo è presente ne Le Ereditiere. L’unica a parlare di figure maschili è Angy, quasi come se alle altre donne, di un’età differente dalla sua, non fosse concesso.
C’è un gradevole confronto tra le donne anziane, di mezza età e più giovani nel film. Ed è proprio da questo connubio che riusciamo a comprendere anche la cultura di un popolo, quello paraguaiano, che personalmente non conoscevo affatto.
Le donne, seppur agiate, sono come ristrette ad alcuni stabiliti confini. Quasi non notiamo differenza tra Chela che è in “libertà” e Chiquita in carcere. Una ragazza come Angy, non solo servirà alla protagonista per ritrovare una felicità quasi perduta, ma è utile anche a noi per comprendere e sperare che una società si sta evolvendo.
Peculiare è come questo interessamento per le donne provenga da un regista uomo.
LE EREDITIERE | IL COMMENTO
Devo ammettere che inizialmente, per almeno i primi venti minuti, Le Ereditiere mi aveva dato l’impressione di essere un film noioso. Non riuscivo bene a comprendere cosa volesse comunicarmi o quale fosse l’obiettivo di Marcelo Martinessi.
Con l’exploit raggiunto con la comparsa della giovane Angy mi è sembrato tutto più chiaro. Mi è piaciuto molto il raffronto tra le varie generazioni di donne. Su quello schermo c’erano rappresentate figure femminili a cui era impedito di essere ciò che sono, sebbene disponessero di una vita agiata. Ho visto un mondo che ignoravo e che mi è stato presentato con la giusta semplicità.
Le Ereditiere è un film che fornisce vari spunti di riflessione. Non pensateci due volte ad andare al cinema.
Assunta Urbano