L’Altro Capo è il titolo del nuovo EP prodotto dai salernitani Levia. La selezione, già disponibile da inizio Aprile per l’etichetta I Make Records, è composta da cinque brani che riprendono i dogmi compositivi tipici della band: cantautorato, matrice indie dei testi, vena ‘pop’ per le melodie e quel senso di acustico che fa atmosfera (anche se ci sono innesti qui e là di chitarre elettriche e ‘suoni’ non meglio definibili).

Terza opera, sui generis, per i Levia, ormai orfani della desinenza “gravia” nel nome del collettivo. Dopo i due deca-traccia Il Contributo e Nel Tempo Che Avanza, rispettivamente del 2008 e 2015, l’EP L’Altro Capo spinge sulla formula ridotta. Forse per concentrarsi maggiormente sui contenuti? Lo scopriremo.
Levia – L’altro capo: Ascoltiamo da vicino le cinque canzoni.
Il Vento In Faccia è musicalmente ricca, pur non vantando numerosi strumenti a supporto. I particolari che impreziosiscono l’ascolto derivano dalle nuance: il suono delle dita che strofinano le corde, la distribuzione ‘spaziale’ di alcuni suoni e la voce accomodante. Note nate come accompagnamento di specifiche azioni. Dal punto di vista dei testi e del loro significato intrinseco, molto dipende dalla componente personale di chi presta attenzione all’opera dei Levia.
Contrariamente richiama vagamente sonorità country e questo basta a smuore un po’ le cose dal punto di vista armonico e melodico. Anche la chitarra slide conferisce quel quid in più e l’ascolto è particolarmente piacevole. La frizione più grande è data dal testo, proprio l’uso delle parole. Si comprende la volontà di sfruttare il mezzo linguistico per esprimere concetti e sfumature non banali, ricercati o soltanto velati. Ad ogni modo, la volontà non basta. Bisogna prestare le dovute attenzioni. Seguire (forzatamente?) la forma “De Andrè” o “De Gregori” spesso porta alla collisione col muro dell’incomunicabilità che solo i grandi hanno saputo frantumare. Non è affare da poco.
Con Sarebbe Facile i Levia introducono un elemento fino a qui silente: il piano. La canzone è modellata sul timbro di questo magnifico strumento totalizzante. Non a caso il tema del brano, come suggerisce il titolo, si riferisce a quelle sensazioni illusorie figlie di un dinamismo ormai arrugginito, dove si tende al conforto delle ‘cose semplici’, quando, comunque, attorno a noi cresce una realtà diversa e avvolgente. Le figure narrative raccontate nella breve storia, sono comparse utili al fine metaforico, dettagli, briciole lasciate sul pavimento per non dimenticare come si è giunti a certi dubbi.
Amore Mio stringe il ventaglio delle possibilità quel tanto che basta per definire un rapporto di coppia. Senza fornire tante spiegazioni, la proiezione intima di un affetto che diventa via via sempre più rarefatto. Emblema di un’attesa fine a sé stessa che pare non prevedere ulteriori sviluppi. Molto interessante, per il solo gusto evocativo, l’interpretazione “alla Morricone” delle fasi iniziali del pezzo.
Il meglio de L’Altro Capo i Levia lo lasciano alla fine. L’elicottero e il silenzio è sicuramente la composizione più riuscita ed equilibrata della selezione. Stavolta il concetto è sì allegoricamente rappresentato, ma chiaro e figurativo il giusto. Le potenzialità espressive prepotenti, dettate dal tema affrontato, fanno da contorno per una cronaca che purtroppo conosciamo bene. Chi parla è probabilmente il pilota di un elicottero in perlustrazione sul mediterraneo, teatro di morte e drammi umani. Un’ignominia che non dovrebbe mai far smettere di riflettere, con la speranza che, prima o poi, si faccia qualcosa di concreto per provi fine.
Considerazioni a margine.
L’Altro Capo dei Levia è un EP che potrebbe portare ad analisi contrastanti. Se da una parte il fattore musica è enormemente coinvolgente e improntato sulle sensazioni che solo un ascolto acustico può restituire, dall’altra la comprensione dei testi è compromessa da “sovrastrutture lessicali” che non sempre riescono a chiudere il cerchio. Questo fattore, ripeto, potrebbe minarne la comprensione relegando la voce a ruolo di puro strumento (senza avere però lo spessore dei colleghi in legno e corde) ed un ascolto parzialmente interessato. Non si discute la qualità, ma come essa venga modellata.
Mario Aiello