Leda: Memorie Dal Futuro è il loro esordio anacronistico

I Leda nascono poco meno di due anni fa per puro connubio artistico. Auto confinati in sala di registrazione a cavallo tra il 2017 ed il 2018, la collaborazione tra Enrico Vitali, Serena Abrami, Fabrizio Baioni, e Mirko Fermani genera l’album Memorie Dal Futuro. Esordio di undici tracce, con testi di Francesco Ferracuti, disponibile già dallo scorso Aprile.

Leda Memorie dal Futuro

Leda – Memorie dal Futuro (copertina)

Memorie Dal Futuro è un album che vale davvero la pena approfondire. Purtroppo su internet gira una melma informe di copia/incolla ignobili che non contribuiscono a nulla. A parte qualche reale approfondimento già redatto, cercherò nel mio piccolo di restituire un apporto razionale, figlio di un’attenzione effettiva, e mi si perdonerà la digressione.

Due destini che si uniscono.

La curiosità per i Leda nasce già dal pre ascolto che chiunque fa quando si trova davanti una band che non conosce. L’attrazione verso il dualismo dato dalla crudezza ruvida della musica in rapporto alla voce dal timbro accomodante e flebile è pressoché immediata. La descrizione fornita dagli stessi artisti è calzante. Per i curiosi, la trovate copia/incollata un po’ ovunque. Cercherò di approfondire, appunto, lasciando tuttavia un velo sulle tematiche e sui testi. Il perché lo spiegheremo più avanti.

Memorie Dal Futuro: cosa e perché.

Come detto, i Leda hanno messo insieme ben undici canzoni per il loro esordio, mantenendosi su una media leggermente più alta rispetto ai canoni odierni. Potrebbe nascere una diatriba attributiva per quanto riguarda i generi, ma me ne esco pulito con un ‘indie-alt-wave-rock’ con una punta impercettibile di elettronica e il piglio pop (inteso nelle sfumature più positive) sulla voce.

L’LP va giù che è un piacere e si presta a molteplici situazioni: lo metti su in macchina mentre viaggi, ed ha un suo perché; lo metti in cuffia mentre sei in solitaria apprezzando un panorama, ed ha un suo perché; lo metti su ad una rimpatriata tra amici, come sottofondo, ed ha un suo perché. Vive di vita propria, indipendentemente dal contesto in cui suona, elastico come pochi e se vi pare superfluo c’è qualcosa che non va in voi, meschini e abietti.

Senza scomodare, solo per stavolta, paragoni di genere e/o nomi di spicco a cui riferire possibili somiglianze musicali, vi invito alla consueta “analisi a sentimento” delle canzoni.

Memorie Dal Futuro: le tracce.

Ho Continuato induce, fin dalle prime battute, una sensazione di sospensione. Il profilo appena accennato di un’adulazione a distanza, corrisposta da travisate enfasi emotive. Il messaggio è diretto, non lascia scappatoie.

Distanze. Tappeti sonori e chitarre in riff arpeggiati sono gli elementi chiamati a dare tono. Il synth appena udibile e la batteria “reale”, percepita come tale, sono le basi su cui costruire il ritornello andante, cucito sulla voce.

Pulviscolo. I titoli delle canzoni dei Leda, quasi tutti composti da un’unica parola, sono antitesi ideale di ciò che invece accade nei testi, nelle immagini che essi suggeriscono. Tornando al brano, sono un convito antagonista di scelte che in fase di missaggio penalizzano la voce. Il cantante, sempre secondo me, deve essere in ogni momento riconoscibile e definito “oltre” gli altri strumenti. A questo giro mi trovo spiazzato e con la lingua morsicata (direbbero dalle mie parti): trattenere verso il basso la voce quel tanto che basta è stata una strategia vincente in termini di resa musicale. Il brano (ma ci si può riferire all’intero disco) è solido e strutturato nel suo impatto sonoro, aiutato dalle chitarre e dalle linee liriche “ampie” e “ariose”.

Nuovi Simboli. Ahimè questo commento si fa via via meno oggettivo, l’incontro di gusto, puramente personale, annebbia la critica e magari ne esalta le doti. Approfitto del ritmo cadenzato di questa canzone per ribadire la volontà di non eviscerare il lato poetico dei testi. Tuttavia, ci tengo a sottolineare quanto questi siano aderenti alla forma musicale, o viceversa. Non si percepisce la determinazione di far entrare per forza alcune parole dove la metrica lo impedisce. Tutto è fluido e con scelte anche divertenti, in certe frangenti. Tematiche altrettanto stuzzicanti, per menti pensanti.

Nembutal. Difatti il titolo della canzone numero cinque è tutto un programma, chiaro riferimento a temi che spesso si accostano all’autolesionismo estremo, con condizioni psicologiche non proprio comprensibili a tutti. I Leda coniugano queste sensazioni in note e tempi. Principio morbido e crescita coerente, dissonanze in arpeggio (e non solo) che enfatizzano il clima di stasi inquieta. La metà finale del pezzo è una coda strumentale.

Leda

Tu Esisti. Lasciate momentaneamente le sfumature psichedeliche e psicologiche, riprende la verve rockeggiante, anche se qui siamo ai limiti della ‘canzuncella’. Ad ogni modo, in questo momento di Memorie Dal Futuro, ci sta tutta.

Assedio. Qualche spostamento ritmico di batteria (che apprezzo, pur essendo nulla di trascendentale) controbilancia il ritornello apertissimo, costruito proprio sulle note che melodicamente possono ficcarsi in testa senza uscire più. Chitarre fac-totum, ricche di dovizia di particolari e soprattutto piene di merito.

Deriva. Pezzo quasi fuori programma. Archi e sfumature che tendono più al richiamo di sonorità unplugged. Sarebbe il momento giusto per menzionare la classe operaia più bistrattata del sistema musica: i bassisti. Non a caso qui c’è un po’ di spazio nella sinusoide per riuscire a percepire più facilmente lo strumento che si muove in chiave di FA. Anche se, detto tra noi, non è il brano che lo valorizza maggiormente.

Altra storia in Icaro. Qui il rigo di basso impera la strofa. Siamo della fase intima e personale che i Leda hanno costruito all’interno del loro album. La frenesia trova un attimo per placarsi. Potrebbe essere il trampolino di lancio per un finale particolarmente aggressivo? Icaro perì per la troppa tenacia e mal riposta fiducia nei mezzi che non poteva comprendere a fondo. Staremo a vedere.

Solchi. Schitarrate a profusione sul principio, ma non posso urlare “come volevasi dimostrare”. La flessione forse fin troppo marcata sulla strofa, smorza completamente la verve acquisita nell’intro. Tuttavia la linea melodica della canzone, in quanto tale, trova così il contesto adatto per esprimersi al meglio.

Il Sentiero conclude la lunga esperienza con Memorie Dal Futuro. I Leda introducono anche una voce maschile a corredo, e in questa ambient anni novanta risuonano sonorità evocative, quasi oniriche, volendo estremizzare. Avrei preferito una chiusura violenta e non basta il crescendo di dinamiche verso il finire. Unico neo? Probabilmente sì.

Conclusioni a bocce ferme.

L’esperimento, per piacere e per piacersi, che ha dato il la al collettivo Leda è tra i pochi riusciti di cui ho memoria, nel panorama emergente italiano, si intende. Memorie Dal Futuro è un esordio forte, sia in musica che in prosa. Il piglio ruvido dell’impronta rock-qualcosa su cui hanno edificato il concept è di facile ascolto ma non semplice o banale, anzi. La voce si fonde agli strumenti in modo razionale e, non so come (dato che odio tutto ciò), il risultato è avvincente. Complice qualche rigo melodico furbescamente composto. Qualcosa in più si trova nei testi e l’elemento non suonante che ha contribuito alla stesura, ha sicuramente corrisposto un valore aggiunto in questo viaggio introspettivo nel mondo delle inespressioni emotive e dell’incomprensione radicata.

Altre informazioni sulla band sono reperibili sulla loro Pagina Ufficiale.

Mario Aiello

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