UnTimore è il progetto musicale di Numitore Fiordiponti, cantautore pugliese che vive e lavora in Toscana.
Appassionato di tecnologie e musica fin da bambino, suona le tastiere, il basso e la chitarra. Negli anni, ha costruito uno studio di registrazione nella cascina di campagna in cui abita sulle colline toscane, dove ha tra l’altro prodotto il suo disco d’esordio, “Il falò dell’umanità” (T.A. Rock Records Italia/Artlovers Promotion).

Numitore, in arte UnTimore. Il tuo nome di battesimo ti ha, come si suol dire, prestato il fianco per ideare un nome d’arte particolare. Quando e come ti è venuta l’idea di giocare con questo anagramma?
Ciao e bentrovati. L’idea è nata quando mi sono reso conto che nel mio nome era contenuta la chiave politica di comunicazione di questi anni, tutta basata sulla paura.
Il tuo esordio, “Il Falò dell’Umanità”, giunge dopo che la tua vita, personale e di artista, ha raccolto già numerose esperienze. Qual è stato il percorso umano e musicale che ti ha condotto alla realizzazione di questo tuo primo album?
Ho sempre avuto la passione per la musica e per la sua produzione, negli anni si erano accumulate diverse idee che a un certo punto è stato necessario concretizzare in un disco.
Molti giovani cominciano a fare musica ed incidono i dischi con la speranza di poterne fare il proprio lavoro o comunque di poter arrotondare con la carriera musicale gli stipendi, spesso precari. Tu sei un uomo maturo e quindi immaginiamo che quello che ti aspetti da questo disco e dalla tua carriera musicale non segua necessariamente le solite logiche di pensiero degli artisti giovani e alle prime armi. Cosa si aspetta quindi UnTimore da “Il Falò dell’Umanità”?
Mi auguro che venga scoperto un po’ alla volta e apprezzato per quello che è: un disco sincero che racconta dell’essere umano.
Il disco è stato anticipato da un singolo, “Illusi Reclusi”, accompagnato da un videoclip molto particolare, e c’è stato poi un secondo singolo, “Un Rumore”, questa volta senza videoclip. Vuoi parlarci di questi due brani e di come è ricaduta proprio su di loro la scelta di elevarsi al rango di “singoli” dell’album?
Sono due brani molto diversi dal punto di vista del testo. Il primo ha un carattere pubblico e racconta dei luoghi comuni a cui molti si aggrappano. Il secondo ha un carattere più privato perché racconta dell’importanza di avere una persona accanto.
La scelta è stata concordata con Beppe di T.A. Rock Records.
Di “Illusi Reclusi”, come si diceva, hai realizzato tu stesso anche il videoclip, un video molto particolare, minimale, giocato principalmente sulla grafica e sulla funzione simbolica di alcune immagini. Qual è il concept dietro la sua realizzazione e quali sono state le tecniche e gli strumenti con cui l’hai realizzato?
Ha un carattere volutamente grottesco, rappresenta graficamente l’idea del brano che mette in fila un elenco di luoghi comuni che ormai sembrano essere filosofia di pensiero. Ho girato il primo piano del volto su un blue screen, ho disegnato le grafiche con uno stile molto minimale e poi le ho montate sul primo piano.
Nella tua biografia è sottolineato il fatto che preferisci un approccio “reale” con la musica, lontano dall’eccessiva influenza della tecnologia e dei campionamenti. Quali sono gli strumenti con cui componi e che hai inserito in questo disco?
Principalmente uso chitarra e voce per una prima stesura, a volte un giro di basso può essere il punto di partenza, a volte un giro armonico al pianoforte. Comincio a registrare delle cellule musicali e pian piano l’idea prende forma.
Nel disco si ascoltano principalmente strumenti canonici: chitarra, basso, batteria, pianoforte, organo Hammond e Wurlitzer. Più qualche sintetizzatore qua e là.
Com’è stato il processo di registrazione dell’album? I brani sono venuti fuori così com’erano stati pensati oppure in sala di registrazione hai deciso di apportare qualche modifica?
Ci sono state diverse stesure dei brani, questa è la comodità di poter lavorare all’interno del proprio studio. Il rovescio della medaglia è il rischio di dilungarsi troppo e di perdersi in diverse soluzioni. Ad esempio “Il Divano” era nato con un arrangiamento per tutti gli strumenti e lo abbiamo anche registrato così, ma poi ci siamo resi conto che la versione piano e voce era più adatta alla dimensione intima del racconto della fine di una storia.
L’estate molti locali chiudono ma si apre la stagione dei festival. Quali sono i festival italiani che ti piacciono di più e in quali ti piacerebbe suonare?
Il Mi Ami sarebbe una bella occasione.
Sogni per il futuro?
Una vita serena! Grazie per l’intervista.
Giandomenico Piccolo